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Interviste

Malgin: “Scambierei un titolo vinto con gli ZSC Lions con l’oro mondiale, sarebbe bellissimo”

L’attaccante si racconta: “Voglio sempre provare qualche finta o dei giochetti, sono questo tipo di giocatore. Il mio hockey è tutto spontaneo. I Lions? Il club ha una precisa mentalità, se vieni a Zurigo devi farlo per vincere”

HERNING – È il “media day” in casa rossocrociata ai Mondiali di Herning, e i giocatori della nostra Nazionale sono a disposizione dei giornalisti. Malgin arriva al nostro tavolo nel bar dell’hotel dove risiedono i rossocrociati con il sorriso sulle labbra.

“Facciamo l’intervista in italiano?”, ci chiede, poi però dice che forse non è una così buona idea e allora viriamo sullo svizzero tedesco. L’attaccante della Nazionale e degli ZSC Lions è disteso e rilassato.

Denis, come ti trovi qui a Herning?
“Mi sento bene, è bello tornare nuovamente in Nazionale, l’ambiente è molto buono, sono felice di essere qui”.

L’ho già chiesto al tuo amico Andrighetto, ma voglio conoscere anche il tuo sentimento. È stato difficile riconcentrarsi dopo il trionfo in campionato?
“Un po’ ti gusti il titolo, ma con la consapevolezza che poi si continua a giocare. Certo, per una settimana non sono più sceso sul ghiaccio, all’inizio ne ho risentito, ma dopo un paio di sessioni di allenamento ero di nuovo prontissimo all’azione”.

Mi ricordo il nostro primo incontro. Era in occasione del Mondiale U18 del 2015 a Zugo, dove ti intervistai nell’albergo dove alloggiavate. Quanto è cambiato il Denis di oggi rispetto al 18enne di allora?
“Wow, 10 anni fa. Mi ricordo quel Mondiale, facemmo un grande torneo e sfiorammo la finale. In questo decennio ho ovviamente vissuto tante avventure in qualità di persona e giocatore. Sono andato da solo in America, a 19 anni ho giocato in NHL, poi sono rientrato, c’è stato il Covid che ha cambiato un po’ il nostro mondo per diversi anni, sono tornato in America, di nuovo tornato in Svizzera, sono diventato padre… Insomma sono successe molte cose”.

Quando ti vedo in azione con i Lions o con la Nazionale ho sempre due pensieri. Sai quali?
“Nessuna idea, dimmeli tu”.

Iniziamo dal primo. Ho sempre l’impressione che tu sia proprio come i ragazzini nel parco delle scuole. Vuoi divertirti, provi le giocate spettacolari e i trucchetti senza riflettere molto…
“Eh sì. Sono così, lo sono sempre stato. Voglio sempre provare qualche finta o dei giochetti, sono questo tipo di giocatore. Non direi che sia fantasia, è difficile da spiegare, ma semplicemente mi piace provare qualcosa. Questa è la mia indole, già da piccolino ero così”.

Il mio secondo pensiero è che il tuo posto non sia in NL, ma in NHL…
“La mia storia la conosci. Lo sai perché sono tornato in Svizzera. A Colorado avevo giocato bene, segnando undici reti in una quarantina di partite. Pensavamo tutti che sarei rimasto lì, ma poi non ricevetti nessuna “qualifying offer”, anche perché probabilmente sarei potuto andare davanti al giudice per il processo di arbitration. In seguito non arrivò nessuna offerta che davvero mi stimolava. Sono stato cinque anni in NHL, ho vissuto tante belle cose, ma poi nella vita arriva il momento in cui devi fare delle scelte. Avevo voglia di divertirmi e quindi di tornare a casa”.

Il capitolo NHL è quindi chiuso definitivamente, o mai dire mai?
“Mai dire mai”.

Parliamo del campionato. L’anno scorso ti infortunasti nei minuti iniziali dell’ultima decisiva sfida che vi consegnò il titolo. Quest’anno invece il titolo lo hai vinto giocando sino alla fine. Questo secondo trionfo ha un altro gusto, uno migliore?
“Entrambi hanno lo stesso sapore. Ovviamente è stato un gran peccato quanto successo 12 mesi fa, ma ero comunque rimasto sulla panchina a spronare i compagni. L’anno scorso ero più nervoso, non potevo più giocare e aiutare la squadra, quest’anno è stato dunque più semplice per me. Entrambi i titoli sono stati bellissimi. Conquistarne due di fila e fra loro vincere pure la Champions Hockey League è stato fantastico”.

Come si resta affamati quando si vince così tanto? Non deve essere sempre evidente…
“Capisco il tuo pensiero e cosa intendi. Abbiamo un’ottima squadra, prima di tutto. Poi ci sono dei giocatori che danno l’esempio e che dicono esattamente come stanno le cose. L’obiettivo è sempre chiaro, è il titolo. Se giochi nello Zurigo devi arrivare al minimo in semifinale o in finale, altrimenti è una bruttissima stagione (Malgin ride ndr.). È una questione di mentalità. Se sei nella nostra squadra, non basta solo giocare o farne parte, devi vincere. Se vediamo che qualcuno ha delle difficoltà ad applicare questo fatto, noi altri giocatori gliene parliamo. Tu vieni a giocare nello Zurigo per vincere”.

Sei uno che dimentica presto le partite e riesce ad addormentarsi subito?
“Per fortuna io dormo immediatamente. Conosco tanti colleghi che non riescono a prendere sonno dopo i match”.

Alla tua età cerchi ancora nuove finte o idee da implementare o sei arrivato al punto dove hai deciso di non aggiungere nulla al tuo repertorio e cerchi semplicemente di conservarlo?
“(Malgin ride ndr) Ti dirò, io sono più un tipo che basa il suo hockey sulla reazione. Non sono uno che prima di una partita si siede e comincia a pensare a nuovi trucchetti o a come superare il difensore, è tutto spontaneo. Ci sono sempre aspetti in cui posso migliorare, come uscire più velocemente da un angolo, come ottimizzare il movimento delle gambe. Queste sono le cose su cui rifletto e provo a lavorarci, ma non è così semplice da attuare”.

Essendo così dominante, non hai prima del match dei pensieri negativi, come ad esempio un avversario che proverà a stenderti con metodi sporchi?
“Non ho questi pensieri, ma devi sempre essere pronto. Io cerco di esserlo, indipendentemente dalla situazione, altrimenti rischio davvero di farmi male. Per esempio provo io a dare il primo check. Se tu sei pronto diventa difficile fermarti per l’avversario, è così in tutte le leghe del mondo”.

Nella nostra intervista del 2015 mi dicesti del grande influsso di tuo papà Albert. La sua parola oggi ha ancora così tanto valore?
“Lui se ha tempo guarda sempre ogni mia partita e poi mi dà sempre consigli. Certo, magari la situazione è cambiata un po’, ma io lo ascolto sempre. Lui vede le scene da fuori, mi dice il suo pensiero, poi io valuto e analizzo se veramente abbia ragione nella determinata situazione da lui descritta”.

Tuo fratello Dimitri non molla. A 37 anni ha appena disputato il campionato di Prima Lega nei Pikes e ho visto che continuerà a giocare il prossimo campionato con i Pikes promossi in MHL…
“Ah continua a giocare allora?”

Stando ad Eliteprospects sì…
“Okay. Evidentemente adesso lavora, ma anche lui prima è stato un professionista. Credo che non sia mai semplice smettere e perdere il feeling dello spogliatoio. Con lui parlo molto meno di hockey che con il papà, ma abbiamo un ottimo rapporto. Ci chiamiamo spesso, lui abita vicino a San Gallo, quindi non siamo vicinissimi e inoltre entrambi abbiamo famiglia, però riusciamo di tanto in tanto a incontrarci”.

Sei ancora giovane, ma ti sei già fatto dei pensieri sul tuo dopo hockey tra una dozzina di anni? Io onestamente non riesco a immaginarti al di fuori di questo sport…
“Ora come ora ti direi che resterò nel mondo dell’hockey. Io lo vivo, guardo la NHL, la KHL e quasi tutte le altre leghe importanti. Come hai detto bene, vedremo tra 12 anni, magari ci risediamo assieme e ne parleremo. Chissà in che funzione sarò. Tu cosa mi vedresti fare: allenatore, direttore sportivo, skills coach…?”

Beh, lo skills coach caro Denis. Per finire, spiegaci la tua intesa con Andrighetto…
“Abbiamo giocato insieme per la prima volta a Zurigo nella stagione 2020/21. Lì è nata la nostra chimica. In seguito sono ritornato in NHL prima del rientro nello ZSC. Adesso abbiamo disputato il terzo campionato consecutivo insieme. C’è voluto un po’ di tempo, ma allenandoci quotidianamente abbiamo affinato i meccanismi. Parliamo parecchio, non sempre abbiamo la stessa idea o la stessa visione, ma è normale. Cerchiamo di aiutarci a vicenda e con il passare del tempo è davvero così che a volte so esattamente dove sia pur senza vederlo e allora passo il disco lì”.

Ultima domanda, scambieresti un titolo vinto con lo ZSC con un oro mondiale?
“Ho vinto due campionati, quindi uno lo scambierei. Anche tu lo faresti al mio posto no? Sarebbe bellissimo vincere il mondiale, ma prendiamo un gradino alla volta”.

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