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Interviste

Vlasak: “L’anno ad Ambrì è ancora limpido nella mia mente, i derby erano folli da vivere”

L’attaccante restò per un solo anno alla Valascia, ma lasciò un grande segno: “A volte sento Duca al telefono, e lo scorso anno ho incontrato Pauli Jaks. Robert Petrovicky? Essendo lontani è difficile mantenere il rapporto”

A volte basta poco tempo per lasciare una traccia indelebile. È il caso di Tomas Vlasak ad Ambrì. Il ceco, oggi 48enne, disputò una sola stagione con la casacca biancoblù nel lontano campionato 2001/2002: 46 partite, coronate da 21 reti, 25 assist e tanto spettacolo al fianco di Robert Petrovicky. Lo abbiamo raggiunto nella sua Pilsen dove lavora in qualità di direttore sportivo.

Tomas, sono passati più di 20 anni ormai dal tuo passaggio in Leventina, come vola il tempo. I ricordi sono sbiaditi oppure resistono?
“Ci sono eccome, tutto è ancora nella mia mente. Quell’anno in Svizzera ha rappresentato una grande parte della mia vita hockeistica. Negli anni scorsi, quando in Champions Hockey League con il Pilsen abbiamo affrontato il Lugano e il Losanna, mi venivano sempre alla mente i miei trascorsi nelle fila dell’Ambrì Piotta”.

Cosa ti è rimasto particolarmente impresso di questa avventura?
“Davvero tutto. In generale a mio avviso la Svizzera è una delle migliori nazioni al mondo, se non la migliore e Ambrì con tutta la sua regione erano bellissimi con oltretutto la vicinanza all’Italia. La gente era gentile, molto simpatica e i fans semplicemente incredibili. I derby contro il Lugano erano folli, magnifici da vivere, che ambiente fantastico, qualcosa di tanto speciale”.

La “tua” vecchia Valascia non c’è più, presumiamo che non ti sei ancora recato alla nuova Gottardo Arena…
“Malauguratamente no, ma voglio assolutamente vedere la nuova arena e soprattutto viverci un match. Purtroppo non è facile, qui a Pilsen c’è un sacco di lavoro, ma spero di trovare presto il tempo”.

Hai ancora contatti con ex compagni biancoblù, oppure con gente in orbita Ambrì?
“Qualcuno sì, è stato ad esempio simpatico l’anno scorso sfidare l’Ambrì in un torneo amichevole a Bolzano e incontrare Pauli Jaks, mi ha fatto molto piacere. A volte inoltre discuto telefonicamente con Paolo Duca, pure lui direttore sportivo come me. Infine incontravo ogni tanto Marco Bayer, l’ex difensore, spesso impegnato con le Nazionali giovanili del vostro paese”.

Prima di arrivare ad Ambrì disputasti qualche partita in NHL con i Los Angeles Kings. Perché a 27 anni, dopo il tuo passaggio elvetico, non ci riprovasti?
“Semplicemente perché ricevetti una grande offerta dalla Russia. A livello finanziario eravamo sui livelli della NHL e ad Omsk inoltre giocavano tanti miei amici cechi, compagni di Nazionale, come ad esempio Pavel Patera e Martin Prochazka, così decisi di optare per questa soluzione”.

A proposito di Nazionale, il tuo bottino è semplicemente pazzesco. Hai disputato 4 mondiali vincendone 3, veramente follia… È un quarto degli ori conquistati da Cechia e Cecoslovacchia in tutta la storia…
“È stato un gran bel periodo, uno splendido ciclo, avevamo in squadra tanti fortissimi elementi, oltre a quelli già citati prima potrei aggiungere Martin Rucinksy, tanto per fare un nome. Ce ne sarebbero molti altri. Inoltre c’era un’ottima solidarietà all’interno del gruppo, ecco perché siamo riusciti a vincere la rassegna iridata per tre anni consecutivi”.

Nel tuo ultimo anno d’attività, con lo Slavia Praga a ormai 40 anni, hai realizzato 14 reti e fornito 18 assist in 56 partite. Cifre notevoli tenendo conto dell’età. Il tuo segreto?
“È semplice, mi sono sempre allenato duramente, in particolar modo durante l’estate, ma non è mica un segreto. Se vuoi avere successo devi lavorare di brutto, solo così puoi avere soddisfazioni e prolungare la tua carriera sino a un età hockeisticamente parecchio alta. Se non lo fai rischi di appendere presto i pattini al chiodo”.

Da ormai 9 anni sei il direttore sportivo del Pilsen, è il tuo lavoro da sogno ne deduco visto la longevità…
“Certamente, mi piace un sacco. Ho giocato per ben 7 stagioni in questo club, il general manager Martin Straka (ex star NHL con all’attivo quasi 800 punti ndr) è un mio grande amico e lavoriamo bene insieme. Il nostro desiderio è quello di riportare il titolo a Pilsen (manca dal 2013, Vlasak allora militava in qualità di giocatore ndr), ma è veramente difficile, ci sono altri club con una disponibilità finanziaria più elevata della nostra”.

Nella stagione 2011/12 a Pilsen hai giocato qualche partita al fianco di un allora sedicenne, tale Dominik Kubalik…
“Ho subito capito che quel ragazzo aveva un grande talento, ma anche lui ha dovuto lavorare durissimo per arrivare sino a dove è giunto adesso. Emigrò in Canada in OHL per due anni, poi rientrò a Pilsen, dove ebbe una stagione piena di difficoltà e poco produttiva. Si rimboccò le maniche e nel campionato seguente, nel 2015/16, fu il capocannoniere della regular season (con 25 reti, davanti a un certo Roman Cervenka ndr). Da lì via il suo percorso lo si conosce, ad Ambrì ha fatto molto molto bene ed è in seguito riuscito a diventare un giocatore di formato NHL”.

Potremmo continuare la chiacchierata con Vlasak ancora per ore, ma il tempo stringe, un’ultima curiosità ce la vogliamo però togliere…
“Se sento ancora Robert Petrovicky? Ci ho parlato l’ultima volta tre anni or sono, lui ha lavorato molto in qualità di assistente allenatore, ad esempio nella sua Slovacchia e anche in Svizzera a Losanna. Quando si è distanti non è sempre evidente mantenere dei grandi rapporti”.

È proprio così, la distanza non può però scalfire i ricordi delle gesta. E nemmeno il tempo. Tomas Vlasak, con in particolar modo il suo tiro micidiale, è stato senza ombra di dubbio uno degli stranieri più forti di sempre giunti ad Ambrì. Uno che ha appunto lasciato il segno in poco tempo.

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