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Mondiale 2025

L’oro rimane intoccabile per la Svizzera, USA campioni

I rossocrociati portano fino all’OT gli States grazie a uno straordinario Genoni, ma l’epilogo amaro sembrava annunciato. Per gli USA è il primo titolo dal 1960

L’oro rimane intoccabile per la Svizzera, USA campioni

SVIZZERA – STATI UNITI

0-1

(0-0, 0-0, 0-0; 0-1)

Rete: 62’02 Thompson (Cooley, Skjei) 0-1

Note: Avicii Arena, 12’530 spettatori
Penalità: Svizzera 2×2, Stati Uniti 2×2

Assenti: Sven JungDario Rohrbach (non iscritti), Nico Hischier (infortunato), Sandro AeschlimannDominik EgliGrégory Hofmann (sovrannumero)

STOCCOLMA – È vero, è una medaglia, è un altro argento, è la seconda finale consecutiva, la terza in sette anni. Tutto questo qualche anno fa era impensabile, un’utopia. Ma oggi è realtà, e proprio per questa realtà andarsene a casa ancora senza l’oro fa male.

La Svizzera di oggi, intesa come epoca, non può più e non deve accontentarsi di giocarle le finali, come in occasione di quelle del 2013 e del 2018, tanto per “vedere come va, ma è già un successo”. No, questo argento fa male perché in questa finale contro gli USA abbiamo visto una delle peggiori Svizzera non solo di questo torneo ma forse delle ultime tre o quattro edizioni, superata (in peggio) ovviamente forse solo da quella sconfitta nei quarti di finale di Riga nel 2023.

Sarà stato che fino a qui il cammino dei rossocrociati era stato troppo facile? Difficile credere che la squadra di Patrick Fischer non fosse pronta ad affrontare un avversario di alto livello a questo punto finale del torneo, oltretutto dopo aver visto all’opera i neo campioni mondiali – non vincevano dal 1960 a Squaw Valley quando i Giochi Olimpici valevano anche come campionato del mondo – contro la corazzata dei padroni di casa della Svezia in semifinale.

Ed è una colpa non aver approfittato di questo cammino “facilitato” dall’uscita prematura di squadroni come Canada e Svezia o non aver affrontato già gli USA o la Finlandia nei quarti, perché oltretutto la Svizzera ha potuto giocare la finale in un ambiente praticamente casalingo, evitando il problema di giocarsela magari davanti a 12’000 svedesi.

Le sensazioni di questa partita sono venute a galla subito, disco pesantissimo, decisioni pessime nella sua gestione, giocatori distanti tra loro e poco coraggio nelle sortite offensive, una partita giocata decisamente in maniera differente rispetto a quella di un anno fa nell’infuocata Praga, dove anche lì il risultato è rimasto stretto fino alla fine, ma a differenza di questa finale gli elvetici se l’erano giocata fino in fondo.

Perché bisogna essere onesti e dire che gli USA questa finale hanno rischiato di perderla in maniera clamorosa dopo averla dominata in lungo e in largo per sessanta minuti, dovendosi scontrare con un Genoni straordinario, addirittura stellare nei momenti che contavano, mostrando una compattezza di squadra e una sicurezza nei propri mezzi da fare invidia.

La squadra di Warsofsky ha mostrato tutto quello che la Svizzera non ha saputo fare nella partita che contava di più, restare sul proprio game-plan senza farsi prendere dalle situazioni e entrare in modalità “overthinking” a ogni disco toccato e in generale la finale ha forse detto che ai rossocrociati è venuto il classico braccino, un problema da risolvere come si è riusciti a risolvere il vecchio dilemma dei quarti di finale.

Tage Thompson, Conor Garland, Frank Nazar, tutti questi e altri giocatori hanno mostrato un carattere e una personalità vincente molto diverso rispetto non solo alle seconde linee elvetiche, ma anche verso chi come Fiala, Niederreiter, Andrighetto e altri non sono riusciti a caricarsi la squadra sulle spalle nemmeno per un momento.

Il commento è molto più critico rispetto a un anno fa, ma lo è proprio perché tutti sono consapevoli che questa squadra era in grado di mostrare ben altro e in un Mondiale partito senza Josi e in cui è venuto a mancare capitan Hischier (domenica la sua assenza è stata ben chiara) il cammino – aldilà dei risultati e guardando anche alla solidità del gruppo – sembrava presagire un finale diverso.

Per l’hockey svizzero questo è comunque un altro risultato da esporre con orgoglio, ma è ben chiaro che stavolta il metallo di mezzo non può più accontentare nessuno, anche se c’è un Andres Ambühl che appende i pattini al chiodo da protagonista con una medaglia al collo, anche se con l’amaro in bocca.

Chi rimarrà avrà invece un solo compito da qui in avanti, rialzare la testa e riprovarci, più forte di prima e meno di domani.


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