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Interviste

Ireland: “Eravamo arrivati a un passo dal trionfo, a Lugano ci ho messo il cuore”

L’ex coach bianconero si racconta dopo l’ultima annata passata alla guida del Kunlun: “È stata una grande sfida. L’ho apprezzata ma non ho accettato il rinnovo, sono alla ricerca di qualcosa di diverso e più duraturo”

Greg Ireland è stato decisamente uno degli allenatori più amati del Lugano nel recente passato, ed è quello che ha portato i bianconeri più vicini al titolo. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente in Canada, nella sua Southampton per una simpatica chiacchierata, ripercorrendo il suo ultimo anno in KHL e il suo periodo sottocenerino.

Coach come stai? Cosa stai facendo durante questo periodo estivo?
“Sto alla grande grazie, è un estate molto bella, mi godo la casa, svolgo alcuni lavoretti, come ad esempio curare il giardino. Inoltre vado in spiaggia e sono impegnato con alcune attività inerenti dei corsi per allenatori. La meteo canadese? Il mese di giugno è stato molto caldo, non ha praticamente mai piovuto, luglio invece abbiamo avuto un’ottima temperatura e anche della pioggia, davvero un bel toccasana per l’orto”.

Sei reduce da un’esperienza in KHL alla guida del Kunlun Red Star, com’è andata?
“Esperienza è proprio la parola giusta. Nella mia carriera ho allenato un po’ dappertutto, la KHL mi mancava. È un’ottima lega, è stata una grande sfida per me, davvero difficile. Abbiamo iniziato la preparazione con praticamente un mese di ritardo rispetto alla concorrenza, di conseguenza abbiamo impiegato un po’ a ingranare. Ma sono proprio queste dure sfide a farti progredire. Oltretutto la squadra nelle ultime due stagioni prima del mio approdo aveva concluso all’ultimo posto. In un solo campionato siamo riusciti a vincere più partite dei precedenti due anni sommati. Mi è piaciuto tanto lavorare con i giocatori a disposizione e il resto dello staff, tutti molto professionali. A febbraio mi era stato proposto un rinnovo di contatto per ulteriori due anni, ma non ho accettato. È una situazione difficile, non riuscivo praticamente mai a vedere la famiglia e sono alla ricerca di un progetto più a lunga gittata”.

Hai ricevuto critiche negative in patria per la tua scelta di andare in KHL in questo periodo così delicato?
“Onestamente no. È stata una decisione difficile. Prima di accettare, per essere certo che fosse la scelta giusta, ho parlato con familiari, amici e anche diversi general manager hockeistici di un po’ tutto il mondo. Diversi di quest’ultima cerchia mi hanno detto “Greg non sei un politico, sei un allenatore di hockey, vai a fare il tuo lavoro, la tua è una scelta esclusivamente sportiva”. Sono anche andato a cena a casa dell’ambasciatrice canadese in Russia, pure lei mi ha tranquillizzato e siamo sempre rimasti in contatto”.

Captavi qualcosa della guerra?
“Come in ogni altro posto della terra, quello che si legge nei giornali e si vede alla TV, altrimenti sul posto no, era tutto normale, poco importa se ti trovavi a Mosca o in altre città”.

Hai seguito dalla Russia il nostro campionato e il Lugano?
“Certo, ho ancora così tanti amici in Ticino. Ho sempre buttato un occhio e ho guardato anche delle partite interamente. Ho seguito l’intera lega, ma con ovviamente un focus particolare sul Lugano, è stata una stagione davvero fatta di alti e bassi”.

Qual è stata la tua reazione quando i bianconeri hanno promosso Gianinazzi alla guida tecnica? Sei rimasto sorpreso?
“No, oggi in generale si ha la tendenza a responsabilizzare i giovani, un po’ in tutti i settori. È una splendida opportunità per una grande persona, uno che è di Lugano e ha il club nel cuore, un vero indigeno. È un’ottima scelta a mio avviso quella del club, Giana ha sempre lavorato benissimo nel settore giovanile e si merita questa possibilità”.

Lugano per te è stata una tappa speciale, come mai è diventata tale?
“Per me Lugano è veramente diventata una seconda casa. Amo tutta la realtà e tutta la gente. Il motivo? Credo che il Ticino e le sue persone siano come me, io ci metto il cuore quando lavoro, emozione e passione sono gli ingredienti dominanti, ecco perché è nato questo legame stretto. Inoltre credo che i tifosi abbiano riconosciuto il buon lavoro svolto, avevamo forgiato un gruppo solido e affiatato e siamo arrivati a un passo dal trionfo. Sono stato a Lugano due volte, senza mai venir licenziato, insomma a livello professionale e sportivo è andata bene”.

Hai ancora contatti con Vicky Mantegazza?
“Sì, con lei e con altra gente nel giro del club, pure con ex giocatori. Sono tutte state figure importanti per me e lo sono tuttora. L’amicizia viene prima di tutto. Spesso non si parla nemmeno di hockey, ci si chiede come va, come si sta e altre piccole cose quotidiane. Sono anche rimasto impressionato quando sono tornato alla Cornèr Arena un paio di volte, mentre facevo del lavoro di scouting per la Nazionale italiana. Che bellissima accoglienza da parte di Vicky e dei tifosi, veramente incredibile”.

Qualche rimpianto sul tuo tempo in riva al Ceresio?
“Ogni persona dovrebbe sempre guardare indietro e chiedersi se poteva fare altro. Certo perdere la finale a Gara 7 ha fatto malissimo, ma avevamo dato tutto. Magari l’unica cosa che cambierei è a livello di trattative contrattuali durante il mio ultimo anno di permanenza, ma appunto, non si finisce mai d’imparare nella vita, è un processo continuo”.

A proposito d’imparare, come vanno i tuoi corsi d’italiano?
“Non mi sono mai fermato nell’apprendere la vostra lingua. Avevo iniziato appunto a Lugano, avendo pure a disposizione un maestro. In seguito mi sono aiutato con delle applicazioni e dei corsi online. Ho sempre voluto studiare una nuova lingua. Il mio disappunto e il mio rammarico sono grandi per non averlo fatto prima, quando ero giovane. Mi piace molto imparare, aiuta a mantenere in forma il cervello, inoltre l’italiano può aiutarti anche a comprendere meglio il francese e lo spagnolo ad esempio. È una specie di punto di partenza. Sto migliorando ma non sono ancora dove vorrei essere. Ma ti garantisco, studio quotidianamente almeno 20 minuti al giorno”.

E il tuo futuro? Hai già progetti, desideri?
“Ho ricevuto un paio di offerte negli scorsi mesi e settimane, ma dopo averle attentamente valutate le ho rifiutate. Cerco qualcosa di duraturo, come detto in precedenza, un bel progetto di assestamento con gente che ha la mia stessa visione e i miei stessi valori. Un posto dove si possa lavorare con i giovani, farli sviluppare e nel contempo si possa anche combattere per i piani alti della classifica e i titoli. Lo so non è semplice trovare tutto ciò, ecco perché mi prendo tutto il tempo necessario prima di prendere qualsiasi decisione. Sono aperto, chiaramente ci sono posti che preferirei, su tutti la Svizzera, ma vedremo cosa accadrà”.

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