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Lugano

Il Lugano ritrova energia e power play, Servette battuto 3-0

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LUGANO – GINEVRA

3-0

(1-0, 1-0, 1-0)

ginevra
Reti: 18’34 Ulmer (Pettersson, Vauclair) 1-0, 27’11 Sannitz (Rüfenacht, Pettersson) 2-0, 50’34 Schlumpf (Irmen, Lehtonen) 3-0

Note: Resega, 5’066 spettatori. Arbitri: Reiber, Wiegand; Kaderli, Wüst

Penalità: Lugano 8×2′ + 1×10′ (Rüfenacht), Ginevra 17×2′ + 1×5′ (Bezina) + 1×10′ (Picard)

LUGANO – Finalmente qualcosa è cambiato. Non che non ce lo si aspettasse o che non fosse doveroso dopo la scialba prestazione di gara-1, ma che succedesse così repentinamente e con un impatto del genere sulla partita – e, si spera, pure sulla serie – in pochi se lo sarebbero aspettato.

Va dato merito a Fischer di aver azzeccato, o perlomeno di non aver sbagliato, il turn over degli stranieri e dei quintetti di power play, ma a fare un cambiamento sostanziale sul piano dell’intensità, della convinzione, o come l’ha definita Brett Mclean, della “passione”, sono stati i giocatori, tutti.

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Sin dalle prime battute di un incontro impressionante per intensità e ingaggio fisico, il Ginevra è apparso sorpreso da tanta energia e determinazione ed era palese che fossero già a corto di argomenti per contrastare la forza d’urto bianconera. Il primo periodo è stato giocato per tre quarti in power play dal Lugano che ne ha approfittato non solo per aprire le danze con Ulmer – finalmente tornano le reti dei difensori – ma per schiacciare un Servette sempre più confuso e nervoso dietro la propria linea blu.

Il ritmo forsennato e l’impostazione tattica voluta da Fischer hanno fatto il resto, con gli armadi Sannitz, Lehtonen e Walker a portare scompiglio e attirare difensori ospiti nello slot, in modo da far spazio dentro il terzo offensivo alle incursioni dei vari Ulmer, Vauclair e Schlumpf, e da spingere sempre di più la pressione su Stephan.

I numerosi tiri effettuati nel primo tempo – addirittura 20 e al 60’ erano 49…- correlati da una sola segnatura hanno lasciato spazio a qualche perplessità sull’efficacia offensiva dei bianconeri, ma ogni dubbio è stato fugato anche nei periodi successivi, proprio perché il Lugano non ha mai smesso di spingere, perché i difensori hanno giocato in maniera dura ma semplice, perché il power play con le linee rivoluzionate ha ricominciato a girare perlomeno decentemente e perché davanti c’era pure un Signor Pettersson a macinare hockey da manuale e spettacolo per tutta la partita.

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La rete di Sannitz, lasciato solissimo davanti a Stephan ha tolto quegli ultimi dubbi ai bianconeri, da lì in poi persino sfacciati nel tenere a bada un Ginevra Servette in balia degli eventi, nervoso, scorretto e nullo in fase offensiva (solo 11 i tiri in 60’) dove gli spauracchi Daugavins e Lombardi sono stati ingabbiati alla perfezione e ha fatto specie vedere il Lugano sopraffare i granata persino nei contrasti, alle assi o “open ice”, mestiere in cui gli uomini di McSorley sono maestri.

Nel terzo periodo, sigillato dalla rete di Schlumpf ancora in power play – e ancora un difensore, guarda un po’- ha prevalso di nuovo il nervosismo di Picard e banda, capaci negli ultimi 6’ dell’incontro di farsi affibbiare tre penalità minori e una da 10’. La bravura del Lugano in un contesto del genere è stata proprio quella di sostituirsi al Ginevra abituale, ossia di praticare un gioco aggressivo, fatto di muscoli e velocità, ma soprattutto di far saltare i nervi all’avversario mantenendo saldi i propri e di conseguenza approfittarne in power play.

Il famoso “click” dell’interruttore playoff c’è finalmente stato da parte di tutti, ma occorre menzionare le prove di chi si è particolarmente sacrificato a prendere – e distribuire – botte al servizio del team, come Sannitz, Walker, Rüfenacht e Mclean, ovvero quei giocatori che sanno esaltarsi in questi contesti. Il pacchetto stranieri, inedito, si è ben comportato stavolta, guidato da un indiavolato Pettersson, vero e proprio fuoriclasse che non si toglie dal lavoro di back checking e che nonostante la stazza minuta propone check alle assi alquanto efficaci.

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L’esordiente Danny Irmen ha raccolto buoni consensi, dopo aver giocato una partita onesta e intelligente in cui ha mostrato pulizia, un’inaspettata personalità in power play e coraggio nei contrasti (a parere personale non sarebbe uno scandalo rivederlo in pista nei prossimi match).

Un po’ meglio Lehtonen, anche se vi è da dire che Fischer lo ha utilizzato in maniera differente dal solito, piazzandolo come leva nello slot per creare spazi e attirare difensori, e stavolta il colosso finnico, a parte un paio di errori col disco sul bastone, ha fatto comunque il suo, mostrando anche qualche progresso nell’assimilazione degli schemi.

Parlando di stranieri occorre citare chi ha licenza svizzera ma passaporto austriaco, ovvero Stefan Ulmer. Il 23enne è a conti fatti sul ghiaccio il vero “straniero” di difesa, capace di impressionare tutti per classe e visione di gioco. Infine, che Manzato abbia subito pochi tiri non significa che abbia avuto una serata facile, non fosse altro che mantenere la concentrazione in una partita del genere è sicuramente difficile, e lo shut out è sicuramente meritato per lui quanto per i difensori.

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Era lecito aspettarsi una reazione, ma pensare che potesse avvenire in maniera così eclatante era assai difficile. La forza, la continuità, la determinazione di squadra, di gruppo vero e forte hanno mostrato il miglior Lugano del 2014, finalmente veloce e aggressivo come in autunno, capace di affossare un Servette reduce da 7 vittorie consecutive, addirittura lasciandolo a secco di reti dopo 11 partite in cui avevano sempre segnato.

Se è vero che ogni partita è a se stante – e le prime due lo hanno confermato – è altresì credibile che certe prestazioni possono anche dare un’altra direzione all’intera serie, se solo verranno confermate di partita in partita, di tempo in tempo e di cambio in cambio.

Ecco com’è fatto l’hockey, dopo 48 ore il Ginevra non fa più paura.

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