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5 spunti da Lugano: il mago dell’età, amari dolcetti, serve fantasia, vocabolario di ghiaccio

Dopo ogni weekend di campionato HSHS vi proporrà una rubrica “semiseria” dedicata agli ultimi impegni di Ambrì Piotta e Lugano, da cui abbiamo tratto una serie di spunti che vi lasciamo di seguito.

Verranno selezionati cinque episodi o fatti interessanti che hanno caratterizzato i match delle squadre ticinesi, a volte con l’obiettivo di analizzare quando successo sul ghiaccio, altri semplicemente per strapparvi un sorriso!


1. Il mago dell’età

Tornato in Ticino per partecipare ai festeggiamenti per gli 80 anni dell’Hockey Club Lugano, John Slettvoll si è goduto i bei momenti in mezzo ai tifosi, che sono accorsi per un saluto o una foto con il “mago”.

Lo svedese, campione svizzero per quattro volte con i bianconeri non si è sottratto, e ha mostrato una forma invidiabile all’età di 76 anni, distribuendo sorrisi e battute pungenti, proprio come ai vecchi tempi. Un mago anche degli anni che passano.

2. Serve fantasia

In questo periodo al Lugano fanno difetto le idee di gioco. Chi dovrebbe essere la fonte della fantasia di manovra è decisamente sotto tono e mancherebbe qualcuno a dare quello spunto in più.

Contro il Ginevra l’ingaggio iniziale (quello solo simbolico) è stato dato da Mattia Bottani, numero 10 del FC Lugano di Croci-Torti che sta vivendo un ottimo momento, al contrario di quello di Chris McSorley. Qualcuno sulle tribune la battuta l’ha proposta: chissà se il “Botta” sa calzare un paio di pattini, magari un fantasista come lui potrebbe dare una mano anche ai ragazzi sul ghiaccio.

3. Amari dolcetti e brutti scherzetti

La serata pre-Halloween del Lugano non è andata di certo nel migliore dei modi. Contro il Servette i bianconeri hanno proposto una delle peggiori prove stagionali, tenendo conto del tema con diversi orrori visti soprattutto in difesa.

Così i granata, visto l’andazzo festoso ne hanno approfittato per distribuire dolcetti decisamente amari e tirare scherzetti che in fondo sono piaciuti solo a loro. Com’è ovvio che sia.

4. Il segnare non s’insegna

Si può insegnare a giocare, ad attaccare o a difendere, ma non si può insegnare il killer instinct, quello è innato. Lo sta mostrando lo slovacco Libor Hudacek che con 6 reti già all’attivo in altrettante partite ha già segnato più di Arcobello, Boedker e Bertaggia, per fare dei nomi, ed è a due gol dal topscorer Fazzini.

Ma non sono solo i numeri a contraddistinguere le doti del numero 79, ci sono i movimenti, i posizionamenti dove sa che il disco arriverà e quelle chiamate ai compagni che quando sentono la paletta picchiare sul ghiaccio sanno che stanno per servire la persona giusta al posto giusto. Tutto questo non si impara, l’istinto è una cosa naturale.

5. Vocabolario di ghiaccio

L’hockey ticinese – linguisticamente parlando – nel corso degli anni si è costruito un vocabolario tutto suo, tra media, giocatori e allenatori. Si sente sempre di più parlare di “attitudine”, “identità”, “disperazione”, ecc.

Tutti termini usati e a volte abusati, ma che alla fine sono solamente figli di un unico concetto, quello della mentalità vincente. Che uno giochi o alleni lo Zugo, l’Ajoie, l’Ambrì Piotta o il Lugano, tutto passa da lì, senza di essa ogni parola resta semplicemente in balìa del vento.

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