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Interviste

Tennyson: “Il dolore è secondario, in certe sfide quello che conta è solo vincere”

Il difensore statunitense già dai derby di play-in è entrato in modalità playoff: “Se vuoi superare certi ostacoli non puoi tirarti indietro. Con questa squadra possiamo battere chiunque, è un grande gruppo”

LUGANO – I playoff sono alle porte, per il Lugano di Luca Gianinazzi le giornate libere da partite dopo i play-in contro l’Ambrì Piotta sono servite a perfezionare gli schemi e a prepararsi mentalmente alla sfida che lo attende di fronte al Gottéron.

Per qualche giocatore questi giorni sono serviti anche a riprendersi dalle fatiche e a mettere un po’ di ghiaccio sui lividi, in particolare a Matt Tennyson: “Tutto questo fa parte del gioco, soprattutto quando devi difenderti – chiosa il 33enne – certo è che in questi giorni ho usato parecchi impacchi ghiacciati un po’ ovunque sul mio corpo! Ma questo non mi ha fermato, sono sempre pronto a queste sfide e a sacrificarmi per la squadra”.

Matt Tennyson, come sta andando questa tua nuova esperienza qui a Lugano?
“Mi sento meglio ogni giorno, sia dal lato della forma fisica, sia sua quello dell’ambientamento. È un’avventura tutta nuova per me non essendo mai stato in Europa e quindi ci sono molte cose da imparare ogni giorno, ma grazie al gruppo che ho trovato mi sto divertendo un sacco e sono molto grato all’opportunità che il Lugano mi ha dato, regalandomi questa fiducia.”

In squadra hai anche trovato conoscenze che ti hanno aiutato ad integrarti velocemente…
“La cosa bella è che in quasi tutto il mondo dell’hockey nello spogliatoio si parla inglese, quindi è molto più semplice ambientarsi, poi ci sono diversi nordamericani e conoscendo già Mirco Müller con cui ho giocato ai Devils ho trovato subito un riferimento. Con lui mi diverto molto, mi fa da “guida” in giro per la città ed è sempre disponibile per ogni cosa”.

Non hai giocato per parecchio tempo, poi dopo l’ambientamento contro il Rapperswil sei stato mandato nella mischia dei play-in… Ti ritieni soddisfatto delle tue prestazioni?
“È vero che non giocavo da parecchio tempo e soprattutto nella prima partita ci ho messo un po’ a riprendere le vecchie sensazioni, ma quella sfida contro il Rapperswil mi ha aiutato ad entrare anche mentalmente nell’ottica di questo campionato, e grazie a questo è stato sicuramente più facile affrontare già delle sfide come i play-in. Il segreto, che ho appreso grazie all’esperienza dato che non sono più un ragazzino, è stato semplicemente pensare a quello che mi ha chiesto Gianinazzi e fare del mio meglio per le mie qualità, senza voler strafare o pensare di forzare le giocate ad ogni costo”.

Hai vissuto due derby ticinesi di grande importanza, hai percepito la tensione di queste due sfide?
“È stato qualcosa di unico giocare quelle due partite. Avevo già notato nelle prime settimane a Lugano quanto il pubblico sia appassionato nonostante le piste siano molto più piccole rispetto al Nord America, con questi canti e le urla di incitamento per tutta la partita, ma quello visto in Gara-2 è qualcosa che non avevo mai vissuto nella mia carriera nonostante abbia giocato anche in uno stadio di football con ottantamila persone (Stadium Series 2015 con San José n.d.r), è stato pazzesco. Aldilà di questo credo che due sfide difficili come quelle contro l’Ambrì Piotta possano essere servite a tutta la squadra per entrare nella vera modalità dei playoff, pensando anche alla rimonta in Gara-1, ma soprattutto sono servite anche a me per entrare appieno nella realtà”.

E soprattutto nel secondo derby abbiamo visto il tuo gioco di sacrificio, l’ultimo tiro bloccato prima del gol di Bürgler (violento one timer di Tim Heed) come dicevamo deve aver fatto parecchio male…
“Sì, credo che qualche ematoma me lo porterò appresso per almeno un paio di settimane, specialmente quello sul ginocchio, salvo che non ne arrivino altri nel frattempo! (ride n.d.r) Oltretutto su quell’ultimo tiro è stato un blocco sfortunato perché poi il disco è arrivato a un avversario che ha potuto segnare, ma in quei momenti pensi solo a fare il tuo dovere. Il dolore è una cosa secondaria quando lotti per un obiettivo importante, e non credo di aver fatto solo io il mio dovere, ma tutta la squadra ha disputato una grande partita per raggiungere i quarti di finale”.

Quali pensi siano le potenzialità del Lugano nei playoff?
“Ovviamente non conosco molto la lega svizzera, ho avuto modo di vedere diverse partite e farmi un’idea soprattutto sulle più forti, ma credo che in generale ci sia un grande equilibrio, tutte le squadre dispongono di giocatori di grande talento. Se devo guardare in casa nostra devo dire che ci sono grandissime qualità, talento e voglia di lottare, diversi grandi leader e sicuramente giocando ogni sera al massimo delle nostre potenzialità possiamo dire la nostra”.

Del Friborgo hai potuto imparare qualcosa? Conosci già qualche giocatore?
“Ho visto all’opera il Friborgo qui alla Cornèr Arena e mi ha impressionato per la sicurezza con la quale tutti i giocatori sanno andare sul ghiaccio, non per nulla sono arrivati secondi in classifica. Certo, conosco bene Marcus Sörensen per averlo avuto come compagno e amico a San José e non sono stupito del successo che sta avendo qui in Svizzera, è un giocatore dal grandissimo talento. Ma essere amici fuori dal ghiaccio o nella stessa squadra è una cosa, essere avversari nei playoff è un’altra questione”.

Ovviamente ora la tua attenzione è tutta per i playoff, ma credi che in futuro l’Europa possa restare un’opzione dopo tanti anni in Nord America?
“Certo, ora la mia mente è rivolta ai playoff con il Lugano, ma quando ho deciso di venire in Svizzera il mio ragionamento non era rivolto solo al corto termine ma rimango aperto a un possibile futuro anche qui in Europa, anche se ancora è tutto da vedere. Ho avuto inizialmente qualche discussione con altre squadre ma solo con il Lugano si è entrati seriamente nel merito, per intanto mi concentro su quello che succederà da sabato sera, poi al futuro spero di doverci pensare il più tardi possibile questa primavera”.

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