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National League

Il singolo non basta, l’amara solitudine di Pierre-Marc Bouchard

ZUGO – Chiunque abbia visto Gara 3 tra Zugo-Lugano andata in scena martedì sera alla Bossard Arena si sarà accorto che qualcosa non andava. La formazione zugana, autrice di una stagione regolare esaltante – a tratti con il miglior gioco dell’intero campionato, unitamente a Davos e Zurigo – è inspiegabilmente crollata. Non tanto fisicamente, visto che gli uomini di Kreis hanno dimostrato di poter pattinare alla pari con i bianconeri e riuscire anche a colpire in modo duro (talvolta palesemente scorretto) i propri avversari, ma chiaramente dal punto di vista mentale.

I tori hanno completamente perso la bussola, frutto sì di un lavoro encomiabile da parte di Doug Shedden e della sua squadra, ma anche della poca convinzione messa sul ghiaccio da Martschini e compagni.

Alla formazione d’oltre Gottardo manca la cosiddetta “garra”, quella voglia di lottare che nei playoff dovrebbe essere praticamente automatica. Invece, il linguaggio del corpo da parte di quasi tutti i giocatori in maglia blu non lasciava spazio ad un esito di partita differente da quello che poi si è verificato.

Il simbolo di questo difficile momento dello Zugo è racchiuso nella persona e nella maglia gialla del topscorer, Pierre-Marc Bouchard. Il canadese è stato l’unico giocatore di casa che ha provato a girare l’andamento dell’incontro (per non dire dell’intera serie), cercando di trascinare i propri compagni tentando giocate di classe, passaggi illuminanti e, soprattutto, pattinando come un forsennato per recuperare quei dischi che i bianconeri sembrano non voler proprio perdere. Encomiabile l’apporto del casco giallo, privato dei suoi due luogotenenti più fidati.

Sì, perchè se a Bouchard i tifosi dello Zugo non possono rimproverare nulla, tutt’altro discorso è da fare per Martschini e Immonen. Il finlandese ha dimostrato nel corso della stagione quanto bene possa fare, facendo vedere a tutti le sue qualità sia di finalizzatore che di playmaker, unitamente al suo compagno di linea canadese. Eppure in questi playoff Immonen è letteralmente sparito dal ghiaccio, lasciando un vuoto non indifferente nella formazione di Kreis.

I suoi gol stanno mancando come il pane ai tori, così come il loro scorer principe, quel Lino Martschini incubo di tutte le difese della NLA. Il giovane numero 46 ci sta provando, ma non riesce ad emulare ciò che è riuscito a fare per tutta la regular season, ossia gonfiare la rete. Ed allora si intestardisce in azioni solitarie o in tiri ripetuti dalla linea blu, che sovente cozzano contro le balaustre o contro i parastinchi dei bianconeri, sapientemente posizionati davanti a lui per coprire i buchi (chiedere a Walker per conferma).

Bouchard è così costretto a vagare per la pista alla ricerca del lampo di genio che possa cambiare l’inerzia della serie (da vedere e rivedere la deviazione in powerplay che ha freddato Merzlikins, simbolo di velocità di pensiero e classe da vendere). Ma da solo il canadese sa che non può farcela e, vedendo come i compagni non riescano a seguire il suo esempio, si è lasciato andare ad uno dei più classici gesti di frustrazione dopo aver rimediato una penalità, chiaro sintomo di come il “vorrei ma non posso” del casco giallo lo faccia arrabbiare.

E senza il suo faro, lo Zugo non è riuscito a portare nessun pericolo dalle parti di un monumentale Elvis Merzlikins, anzi ha subito altre tre reti, capitolando definitivamente ed andando sotto per 3-0 nella serie. Una serie che l’allenatore dello Zugo, Harold Kreis, sta perdendo su tutta la linea contro la sua nemesi Doug Shedden. L’allenatore tedesco/canadese non sta riuscendo a venire a capo del rompicapo Lugano, compatto, solido e cinico nello sfruttare le occasioni.

Palese è il panico venutosi a creare alla Bossard Arena, con la mossa della disperazione del gettare nella mischia il povero William Rapuzzi, appena arrivato dalla NLB e decisamente non pronto a giocare un playoff di Lega Nazionale A, al posto di Sondell, il capocannoniere tra i difensori in regular season e playmaker di tutta la squadra.

Senza di lui, i tori si sono dovuti affidare al solo Bouchard, unico vero playmaker rimasto in squadra, per provare a dare ritmo ad un’azione spesso compassata e costretta a girare al largo della porta del Lugano. Da qui nasce la frustrazione dei vari Holden, Suri, Alatalo, Blaser e Grossmann, autori tutti di falli e colpi proibiti (non visti dalla quaterna arbitrale…) perchè non capaci di venire capo di un Lugano sinora fantastico.

Giovedì alla Resega andrà in scena il quarto atto di questa serie, che rappresenterà l’ultima occasione per la truppa di Kreis di iniziare a proporre quell’hockey mostrato durante la stagione regolare. Siamo sicuri di una cosa però, sul ghiaccio della Resega ci sarà un giocatore col casco giallo che proverà in tutti i modi a scardinare la difesa bianconera, anche da solo contro tutti.

Perchè questo è Pierre-Marc Bouchard.

Studente di comunicazione all'USI di Lugano, Diego si occupa delle interviste post-partita dalla Resega.

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