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I nuovi volti della NLA 2019/20: lo statunitense Aaron Palushaj

Il Davos cerca il rilancio puntando su velocità ed energia, caratteristiche predominanti dall’attaccante statunitense ingaggiato per due stagioni

© Bildbyran

I nuovi volti della NLA 2019/20: lo statunitense Aaron Palushaj

 AARON PALUSHAJ


Età: 29
Posizione: RW/LW
Altezza: 183 cm
Peso: 87kg
Tiro: right

Nazionalità: 🇺🇸

Provenienza: Örebro (SHL)
Draft: 2007, round 2, #44, St. Louis Blues
Contratto: due anni

Il Davos volta pagina con velocità ed energia

Dopo la tribolata passata stagione il Davos di Christian Wohlwend cercherà di ritrovare la retta via già a partire dal prossimo campionato, e lo farà con una nuova coppia di ali straniere che fanno della velocità la loro arma principale, ovvero lo statunitense Aaron Palushaj e lo svedese Mattias Tedenby.

Il 29enne nato a Livonia, cittadina nell’area metropolitana di Detroit, è infatti la tipica ala energica dotata di tanta velocità, una carica che gli permette di essere una “peste” nonostante la statura ridotta, ed una buona visione di gioco che lo rende più un playmaker piuttosto che uno scorer.

Nelle ultime due stagioni passate in SHL è arrivato a far registrare una media vicina al punto a partita, e proprio in Europa sembra aver trovato la sua giusta dimensione dopo diversi anni passati invano a rincorrere il sogno della NHL.

Dinamico in entrambe le zone della pista, Palushaj diventa davvero efficace nel momento in cui trova la giusta alchimia con i compagni di squadra, visto che con il tempo ha la naturale propensione a “trovarsi a memoria” con chi scende assieme a lui sul ghiaccio. Dà inoltre il suo contributo anche in fase di backcheck, pur ammettendo che la sua statura non lo rende il giocatore più efficace nelle battaglie per il puck.

Promettente, ma senza quella marcia in più per la NHL

Il sogno di giocare nel miglior campionato del mondo inizia nell’estate 2007 per Palushaj, quando viene chiamato al secondo turno dai St. Louis Blues, che lo scelgono subito dopo essersi visti “soffiare” PK Subban dai Montreal Canadiens.

Passati altri due anni al college con la maglia dell’University of Michigan – dove divide lo spogliatoio con nomi noti come Max Pacioretty, Carl Hagelin, Chad Kolarik oppure Steven Kampfer – firma il suo primo contatto NHL nell’aprile 2009, ma nemmeno un anno dopo viene ceduto ai Montreal Canadiens in cambio del futuro biancoblù Matt D’Agostini.

Da quel momento la sua carriera si svilupperà prevalentemente in AHL – 266 punti in 385 partite – mentre il debutto in NHL avviene il 17 marzo 2011, quando i suoi Habs superano per 3-2 ai rigori di Tampa Bay Lightning.

La sua stazza fisica unita alle caratteristiche del suo gioco continuano però ad impedirgli di trovare la giusta dimensione nel miglior campionato al mondo, mentre quando viene girato in AHL continua a produrre con costanza ed essere decisivo, tanto che nei playoff 2010 e 2011 ottiene complessivamente 31 punti diventando il giocatore più prolifico nel post season nella storia degli Hamilton Bulldogs.

Esattamente un anno dopo il debutto in NHL, per Palushaj arriva il primo gol sul grande palcoscenico in un match contro i New York Islanders. Le sue prestazioni gli permettono di ottenere il rinnovo contrattuale, ma il suo sviluppo viene fermato dal lockout e si ritrova nuovamente a giocare in AHL, dove rimedia un brutto infortunio alla spalla che lo mette KO per alcuni mesi.

Montreal lo inserisce tra i waivers, dove cattura l’attenzione degli Avalanche, ma nemmeno a Denver riesce ad imporsi. Fa seguito una breve avventura nell’organizzazione dei Carolina Hurricanes – si distingue con 58 punti in 68 partite con i Checkers – prima di decidere di varcare l’oceano per ridare vigore ad una carriera che rischiava di rivelarsi stagnante.

Veloce e tecnicamente dotato ma incapace di elevare la sua produzione in NHL, l’americano si è ritrovato ad essere troppo poco efficace per un ruolo da top six, ma non abbastanza fisico ed un po’ troppo offensivo per essere collocato in terza o quarta linea.

Euro trip, con una parentesi a casa ed un assaggio di Grigioni

La prima tappa dell’avventura ad est dell’oceano porta Palushaj in Croazia per vestire la maglia KHL del Medvescak di Zagabria, dove si unisce ad una rosa infarcita di nordamericani tra cui le nostre “conoscenze” Barry Brust, Mark Owuya, Geoff Kinrade, Pascal Pelletier oppure Dario Kostovic.

Il suo periodo agli ordini di coach Doug Shedden dura però solamente 25 partite (12 punti), visto che Palushaj decide di avvalersi di un’opzione nel suo contratto per accettare a stagione in corso l’offerta dell’Avtomobilist Yekaterinburg, che gli propone un contratto ben più remunerativo.

Dopo una sola stagione torna però in Nordamerica per vestire le maglie di Lehigh Valley Phantoms e Cleveland Monsters, ma già nel corso del torneo 2016/17 varca nuovamente l’oceano per raggiungere la Dinamo Minsk di Craig Woodcroft, in cui militano i vari Fredrik Pettersson, Marc-Andre Gragnani, Matt Ellison e Charles Linglet.

Con la maglia dei bielorussi scende sul ghiaccio della Vaillant Arena nell’ambito della Coppa Spengler 2016, anche se per sole due partite. Da lì il trasferimento in Svezia per le due successive stagioni, dove fa bene con le maglie di Brynäs e Örebro e cattura le attenzioni del Davos.

L’Albania, Steve Yzerman e un inizio difficoltoso

Sebbene di passaporto statunitense, le origini di Palushaj sono albanesi. Il padre Tom si trasferì dall’Europa al Michigan all’età di 13 anni ed inizialmente la passione del figlio Aaron era concentrata sul mondo del calcio.

Le cose cambiarono quando iniziò a frequentare le scuole elementari di Farmington Hills. “La mia maestra aveva poster di Steve Yzerman, dei Red Wings e dei Russian-Five nella nostra classe, mi sono appassionato subito e parlavo di hockey con lei tutto il giorno”, aveva spiegato ad NHL.com.

Da lì l’inizio di una vita dedicata all’hockey, sostenuto dal padre che inizialmente nutriva i suoi dubbi visto che il figlio aveva più difficoltà degli altri bambini nell’imparare a pattinare.

Aaron passava però intere giornate alla pista ed iniziò a sviluppare una certa velocità sul ghiaccio, anche se nei suoi primi anni di attività fermarsi gli risultava ancora difficoltoso. “Sapete perché Aaron segnava così tanti gol? Non sapeva fermarsi, volava con il disco direttamente dentro la porta!”, aveva spiegato un suo coach dei tempi.

Anche da quegli episodi Aaron Palushaj ha sviluppato un’etica al lavoro che lo ha contraddistinto per tutta la carriera, e che il Davos spera rappresenterà una caratteristica importante anche nella sua avventura nei Grigioni.

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