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Ambrì Piotta

Al Lugano basta la disciplina, Ambrì risucchiato in un buco nero

AMBRÌ – LUGANO

0-5

(0-3, 0-2, 0-0)

Reti: 06’09 Ulmer (Vauclair, Sannitz) 0-1, 16’33 Fazzini (Lapierre) 0-2, 18’01 Walker (Bertaggia, Ulmer) 0-3, 36’12 Sannitz (Hofmann, Martensson) 0-4, 38’44 Ulmer (Vauclair, Bertaggia) 0-5

Note: Valascia, 5’161 spettatori. Arbitri Mandioni, Vinnerborg; Fluri, Kaderli
Penalità: Ambrì 5×2′, Lugano 5×2′ + 1xrigore (Ronchetti)

AMBRÌ – L’ultimo derby stagionale è una medaglia a due facce, quella bella premia il Lugano, che in un sol colpo trova la vittoria alla Valascia che mancava da tempo immemore, un weekend da sei punti, lo shutout per Merzlikins e, ciò che più conta, la qualificazione matematica ai playoff.

L’altra faccia della medaglia, quella scura, va all’Ambrì Piotta, incapace di reagire alla scoppola del giorno prima a Friborgo, chiudendo un terribile fine settimana con 0 punti, 0 reti fatte e 12 subite, 8 delle quali nel primo periodo di entrambe le sfide.

Numeri preoccupanti, terrificanti vien da dire, per una squadra di cui ci si chiede quale sia stato il lavoro svolto soprattutto a livello mentale nelle due lunghe settimane di pausa. Una squadra che forse è stata ingannata dal primo derby di Dwyer, con quella bella reazione sul Lugano probabilmente amplificata più di ciò che è avvenuto realmente proprio perché di derby si trattava.

Emblematiche le reazioni del coach leventinese alle reti subite dai suoi: incitamento dopo le prime due, urla di rabbia dopo la terza, sgomento e silenzio dopo la quarta e la quinta, sintomo di una situazione probabilmente non sfuggita di mano, ma addirittura mai stata sotto controllo del canadese, a parte l’iniziale e illusoria reazione contro gli stessi bianconeri e il Davos.

Di tutt’altro tenore il clima sulla panchina bianconera, comunicazione tra gli stessi giocatori, fiducia nei propri mezzi ritrovata e una squadra, il Lugano, tornata a fare le cose semplici, lavorando come un gruppo degno di questa definizione e con ruoli ben definiti.

In fondo Chiesa e compagni non hanno fatto un grandissimo sforzo per far loro questo derby, dopo un paio di pericoli corsi nel primo tempo, con un palo di Pesonen piuttosto fortuito e uno più chiaro di Fuchs in powerplay, i bianconeri hanno preso il controllo del gioco.

Gli ospiti hanno fatto bene ciò che andava fatto per fare la differenza, ossia giocare con disciplina, velocità e semplicità, il tutto coniugati dalla ritrovata sicurezza nei movimenti e una concentrazione continua. L’Ambrì in fondo ha vissuto di qualche folata estemporanea, oltretutto ritortasi contro i biancoblù su un paio di turn over clamorosi come quello di Jelovac, che in un inserimento tanto audace quanto scellerato nello slot alto ha dato il via all’azione del 2-0 ospite.

In questo senso il Lugano ha fatto una gara intelligente tatticamente, senza strafare o permettendosi azioni spettacolari (in questo caso l’apatia di Klasen pesa molto) ma semplicemente applicando cambio dopo cambio i dettami dello staff, con forecheck alto, raddoppi nel terzo, uscite veloci e disco il prima possibile verso il portiere attendendo l’errore dei padroni di casa.

Troppa grazia da parte dei leventinesi verso un furbo e smaliziato Lugano, gli errori in sequenza del citato Jelovac, di Monnet nel proprio terzo e pure quelli di uno Zurkirchen aspirato pure lui nel turbine discendente hanno fatto il gioco dei sottocenerini. Ritratto emblematico dell’Ambrì Piotta è stato quel power play in entrata di periodo centrale, con 1’20 in 5 contro 3 senza un tiro, senza un’idea e senza capire cosa fare.

Ma in generale è stata un’altra la differenza tra le due squadre in questa sfida cantonale: il rispetto dei ruoli ben definiti e delle posizioni assegnate. I leventinesi, infatti, raramente hanno proposto azioni lineari con uno schema d’avanzamento che avesse una parvenza di qualcosa di studiato, lasciando scoperte enormi zone a centro ghiaccio nelle quali un Lugano messo in pista con maggior ordine da Ireland ha sfruttato alla perfezione.

Aldilà degli schemi è palese un fatto che deve far riflettere: l’Ambrì Piotta ha giovato dell’effetto del cambio in panchina per una sola partita (e mezza…) con un picco deciso ma estremamente breve, mentre il Lugano non ha avuto quella tipica reazione brutale, guadagnando efficacia gradualmente partita dopo partita.

Questo è andato a favore di una squadra bisognosa di un cambiamento a medio-lungo termine, mentre in Leventina la sensazione di un navigare a vista nella nebbia è diventata una certezza, nonostante la fiammella di una candela scambiata per un faro nel porto.

Se il Lugano può guardare con fiducia al futuro prossimo con i playoff in tasca e approfittare di due match per affinare e preparare il post season (lavorando sul power play), dalle parti della Valascia l’entusiasmo provato dopo l’arrivo di Dwyer si sta trasformando in preoccupazione se non qualcosa di peggio.

Ci sono numeri impietosi a provare questo, ma più delle cifre deve far paura una squadra che è tornata ad accettare la sconfitta, persino certe figuracce sembrano venir vissute con pericolosa “leggerezza”. Questo è il sintomo peggiore pensando a ciò che Duca e compagni dovranno affrontare nelle prossime settimane, quando il carattere farà la differenza più di ogni altra cosa. Da brividi.

fattore2CONVINZIONE E DISCIPLINA: I bianconeri a dire la verità non hanno dovuto spaccarsi la schiena per avere la meglio sull’Ambrì, anche se qualche intervento difficile qua e là Merzlikins ha dovuto sfoderarlo.

Però il Lugano ha semplicemente applicato il suo game plan, dosando le forze in base a ciò che l’Ambrì era disposto a concedere. E in questo caso i padroni di casa hanno concesso troppo a un avversario che non attendeva altro per far valere il maggior tasso tecnico del proprio reparto offensivo, che anche senza l’apporto del primo blocco è risultato fatale.

Le occasioni migliori per l’Ambrì sono cadute più che altro estemporaneamente (vedasi il break di Berthon con conseguente rigore sbagliato e il palo a “flipper” di Pesonen), quelle bianconere non sono state una valanga ma meglio studiate e sfruttate.

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