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Chiamale, se vuoi, emozioni… Quelle che mancano ora al Lugano

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LUGANO – Chiunque abbia assistito alla prova fornita dai bianconeri martedì alla Swiss Arena sarà rimasto deluso, ma soprattutto allibito dalla metamorfosi di una squadra capace di segnare tre reti al Kloten in trasferta, per poi sciogliersi come la neve all’arrivo del primo sole di Marzo.

Il gol di Santala dopo pochi secondi dall’inizio del periodo centrale, ormai un must della stagione bianconera, ha di fatto distrutto tutte le poche certezze su cui il Lugano aveva costruito il vantaggio iniziale. Da lì la truppa di Shedden, col suo condottiero in primis, non ci ha più capito nulla.

La disfatta di Kloten ha messo in mostra tutto quello che i bianconeri hanno portato in pista in queste prime 27 partite della stagione: bel gioco, sofferenza, poca concentrazione, resa totale. Un mix che porta i bianconeri nuovamente sotto la linea, ma a preoccupare è soprattutto la mancanza di reazione da parte di una squadra che si trova nella medesima situazione dello scorso campionato, ma a trend invertito.

Sì, perché nello stesso periodo dello scorso anno i bianconeri veleggiavano intorno alla linea con 34 punti in 25 partite. La cura Shedden stava facendo effetto e avrebbe portato da lì a poco ad un mese di dicembre entusiasmante, con solo la sconfitta di Zurigo ad intaccare le statistiche.

Quest’anno i bianconeri arrivano da un mese di novembre disastroso, ma soprattutto con il morale sotto i tacchi dopo la scoppola ricevuta da Hollenstein e compagni.

Cercare di trovare il responsabile rischia di trasformarsi nella ricerca del classico ago nel pagliaio, visto che in questa stagione travagliata tutte le parti in causa nel club bianconero hanno commesso degli errori. È forse più utile capire dove questi sbagli sono stati commessi e cosa si possa fare per recuperare.

Partiamo da colui che più di tutti è stato messo alla gogna dalla pubblica piazza. Shedden nelle ultime settimane è sembrato spaesato, impassibile in panchina e continuamente attaccato alla questione infortuni.

È chiaro come nessun allenatore bianconero nel recente passato abbia dovuto fare i conti con la sfortuna capitata quest’anno al canadese, ma l’alibi delle assenze inizia a vacillare. L’utilizzo di vari giocatori nel ruolo che loro non compete (Zackrisson, Lapierre, Sannitz oppure Hofmann, per fare qualche nome) porta gli stessi a non rendere al meglio, oltre che mettere in difficoltà l’intera squadra.

L’esperimento di Sannitz in difesa (non ce ne voglia il buon Raffaele, che ci mette sempre il massimo impegno) è da concludere al più presto. Il numero 38 bianconero ha tolto il posto ad un Sartori che sì, spesso fa fatica e alterna cambi discreti a veri e propri disastri, ma che ogni volta che sbaglia viene relegato in panchina.

Usare il bastone può portare a dei benefici, ma se non viene mai data la carota alla lunga si rischia l’effetto contrario. Il giovane bianconero in questa situazione può solo crescere (prendendo magari esempio da Elia Riva) e Sannitz potrà tornare a dare man forte nel reparto avanzato.

Un capitolo a parte lo meriterebbe anche Zackrisson, spesso vituperato ma, quando messo nella condizione di rendere al meglio – al centro – ha dimostrato perché è uno dei migliori giocatori in circolazione.

Inoltre al coach bianconero si rimarca una certa passività in panchina, con i timeout mai chiamati nei momenti topici, oltre che una certa confusione visti i continui rimescolamenti del lineup a partita in corso. Idee poco chiare, esattamente come il gioco proposto dalla squadra, confuso e affidato ai guizzi dei singoli.

Sul fronte stranieri, il pacchetto scandinavo presentato ad inizio stagione, con l’aggiunta a campionato in corso dei due nordamericani Wilson e Lapierre, non sta fornendo l’apporto sperato. Tralasciando un Klasen che sì, spesso esagera e sbaglia tanto, ma che canta e porta la croce per lunghi tratti delle partite, gli altri giocatori d’importazione stanno rendendo ben al di sotto delle aspettative.

Martensson è tornato il giocatore mediocre d’inizio stagione scorsa, senza però le attenuanti dell’adattamento all’hockey giocato in Svizzera che l’avevano bloccato nella prima parte del campionato 2015/2016. Lento, impacciato, spesso fuori posizione, il numero 9 non sta facendo molto per meritarsi il rinnovo.

Discorso diverso per Zackrisson. Il numero 19 ha alternato prestazioni da fantasma a match in cui è risultato essere uno dei migliori in pista. Già detto del suo utilizzo in un ruolo non congeniale, quando messo al centro ha dimostrato che può far male agli avversari, ma ci si aspetta che prenda per mano la squadra e che mostri una personalità che finora è rimasta nascosta nelle parole dette ai giornali svedesi.

Di Sondell ne parleremo più avanti, mentre sui canadesi poco va detto. Wilson è stato preso come “rimpiazzo” per aiutare una difesa falcidiata, e francamente più di quello che ha fornito era difficile chiedere. Lapierre invece ha portato entusiasmo all’inizio, ma anche il quebecois alla lunga si è spento, confondendosi nel marasma generale.

Se oltre a Klasen nessuno riuscirà ad alzare il proprio livello di gioco, difficilmente si potrà pensare di raggiungere le posizioni ambite ad inizio stagione.

Anche dall’alto arrivano i problemi bianconeri. La gestione del caso Sondell ha dell’incredibile. Definito praticamente fuori squadra a causa dei problemi di rosa, è stato di nuovo gettato nella mischia. È vero che il difensore svedese non ha mostrato molto nelle poche partite disputate, ma forse prima di estrometterlo era meglio cercare un acquirente.

Da sottolineare comunque la professionalità dello svedese, il quale non ha mai dato problemi anche quando messo fuori rosa, e si è dimostrato disponibile ad aiutare nel momento del bisogno.

Anche la gestione del preparatore dei portieri è stata quantomeno confusa. Dopo l’addio di Luongo, il cui ruolo è stato forse un po’ sottovalutato, il compito è stato affidato ad Andreasson, il quale però – non essendo sempre presente – non sta riuscendo a fornire lo stesso aiuto, soprattutto mentale, ai due portieri bianconeri.

Pensando alla stretta attualità, il silenzio stampa in cui si è chiusa la società per la giornata di mercoledì rischia di essere un’arma a doppio taglio. L’ambiente sembra aver bisogno di essere tranquillizzato, ribadendo che tutti si sta ancora remando nella stessa direzione. L’assenza di informazioni può risultare assordante.

Di conseguenza in casa bianconera si percepisce confusione, dall’alto sino al ghiaccio, e l’atteggiamento con cui Chiesa e compagni sono scesi in pista nel mese di novembre è difficile da accettare. Molli, arrendevoli e senza emozioni, lo spettacolo per gli spettatori – che finora si sono dimostrati pazienti – è stato tutt’altro che entusiasmante.

Nella scorsa stagione sono state proprio le emozioni a trascinare un gruppo che probabilmente si era spinto oltre le proprie capacità, lanciando il cuore oltre l’ostacolo. Elemento che in queste prime 27 partite è mancato e le lacune, sia difensive che di gioco in generale, si fanno sentire. È necessario ricompattarsi prima che la stagione venga buttata alle ortiche. Il mese di dicembre sarà rivelatore delle reali ambizioni dei bianconeri, come lo è stato la stagione passata.

Studente di comunicazione all'USI di Lugano, Diego si occupa delle interviste post-partita dalla Resega.

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