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Ti racconto una partita

Ti racconto una partita: la sconfitta del Canada a Nagano, con Gretzky ignorato da Crawford

Alla prima Olimpiade con i giocatori NHL il coach fu protagonista di uno degli episodi più controversi di sempre. Nei rigori della semifinale contro la Cechia non schierò il mitico numero 99, che a 37 anni vide svanire il sogno dell’oro

Era stato soprannominato “Il torneo del secolo”, e non poteva essere altrimenti. Le Olimpiadi di Nagano del 1998 sono state le prime che hanno visto la NHL fermarsi per mandare le proprie superstar ai Giochi, dando vita ad una corsa all’oro senza precedenti.

Se da un lato la trionfale cavalcata della nazionale ceca è un’altra di quelle storie che su queste pagine varrà la pena di raccontare, dall’altra quel mese di febbraio ha segnato indelebilmente la carriera quasi perfetta del più grande di sempre, quel Wayne Gretzky che ha guardato dalla panchina sfuggire dalle sue mani la possibilità di aggiungere al suo palmares la medaglia più ambita di tutte.

Quel pomeriggio del 20 febbraio 1998 è infatti andato agli archivi come uno dei più importanti nella storia dell’hockey, quando Canada e Cechia incrociarono i bastoni in una semifinale vissuta dall’inizio alla fine con il fiato sospeso. Patrick Roy contro Dominik Hasek, Jaromir Jagr contro Theo Fleury, Petr Svoboda contro Ray Bourque. Mostri sacri. E poi Marc Crawford, head coach che assieme al suo numero 99 quella sera si rese protagonista di uno degli eventi che segnò la carriera di entrambi.

La partita fu intensa e tiratissima. Jiri Slegr sblocco il risultato ad una decina di minuti dalla terza sirena con un tiro secco dalla media distanza, a cui rispose Trevor Linden al 58’57. Dieci minuti di overtime non furono sufficienti per fare la differenza nonostante il dominio canadese, e così si arrivò a quell’epilogo ai rigori che entrò nella storia.

Coach Crawford consegnò agli arbitri la lista dei giocatori chiamati all’esecuzione. Fleury, Bourque, Nieuwendyk, Lindros, Shanahan. 74, 77, 25, 88 e 94. Niente 99, niente Wayne Gretzky. Una scelta di cui si parla ancora oggi, perché nessuno dei canadesi riuscì a trovare il gol, mentre alla Cechia – una squadra formata solo per metà da giocatori NHL – bastò il gol di Robert Reichel per volare in finale e vincere poi l’oro contro la Russia.

Il Canada non si è mai nascosto, quella è stata una delle pagine più umilianti della loro storia, una di quelle che fa ancora scuotere adesso la testa sia agli appassionati che ai giocatori che erano scesi sul ghiaccio di Nagano. La squadra aveva sulla carta tutto per poter vincere l’oro “in carrozza”, sin da quando il GM Bob Clark si era ritrovato a dover comporre una rosa pescando da un numero quasi imbarazzante di futuri hall of famers, tanto da lasciare a casa elementi come Scott Niedermayer oppure Mark Messier.

Mancò l’appuntamento anche Mario Lemieux, che nel 1997 aveva deciso di ritirarsi dopo una stagione da 122 punti in 76 partite (!), per poi tornare a giocare nel 2000. Paul Kariya fu invece costretto ad alzare bandiera bianca per una commozione cerebrale, mentre Joe Sakic si infortunò nel quarto di finale.

Uno degli errori commessi fu però quello di sottovalutare l’impatto che avrebbe avuto giocare nelle più ampie piste dal formato internazionale, ed anche la scelta di affidare il ruolo di capitano ad Eric Lindros – visto in quel periodo come prototipo di giocatore moderno, capace di combinare buone mani ad una marcata componente fisica – e non a Gretzky, 37enne che aveva riscritto la storia dell’hockey, sembrò subito scombussolare la normale natura delle cose.

“Durante l’overtime li abbiamo dominati, Hasek li ha salvati. Si è subito capito che stessero solo aspettando i rigori. Non li temevano come noi, o perlomeno la nostra squadra si è trovata meno a suo agio in quell’esercizio. Per la Cechia era invece l’unica possibilità di vittoria”, ha poi commentato Crawford alla CBC.

L’affermazione aveva il suo senso, visto che la NHL avrebbe introdotto i rigori come epilogo per decidere le partite in parità solamente sette anni più tardi, dunque l’esercizio degli shootout non era propriamente uno a cui le superstar canadesi erano abituati. A maggior ragione Ray Bourque, un difensore che in partita non ha molte chance di ritrovarsi a tu-per-tu con il portiere avversario, dunque la scelta di preferire lui a Gretzky fece storcere il naso per una ragione di più.

“Wayne sicuramente avrebbe voluto tirare, ma non mi sono mai risentito per le scelte fatte”, aveva commentato Crawford. “Come allenatore devi prima di tutto essere fedele alle tue decisioni, buone o cattive che siano. Se avessi cambiato idea e poi avessimo perso, mi sarei sentito peggio. Con le informazioni che avevamo al momento, le scelte fatte ci erano sembrate quelle giuste”.

Il Canada non si riprese nemmeno nella finale per il terzo posto, quando ai loro occhi la medaglia di bronzo era semplicemente un simbolo di fallimento. La squadra giocò senza testa e perse per 3-2 contro la Finlandia, con gol decisivo del futuro bianconero Ville Peltonen.

Per la selezione della foglia d’acero fu una lezione, probabilmente imparata visto che la medaglia d’oro arrivò nel 2002, 2010 e 2014.

L’immagine che resta scolpita nella memoria è però quella di Wayne Gretzky, seduto da solo in panchina con lo sguardo nel vuoto. Tutti i suoi compagni scesero sul ghiaccio a consolare Roy, ma non lui. A 37 anni non avrà più un’altra opportunità di rincorrere l’oro olimpico.


 

Oltre alle highlights di seguito, un bellissimo servizio sulla partita è disponibile nel documentario Nagano Tapes (a partire dal minuto 37) che ci può vedere gratuitamente cliccando qui.

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