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Interviste

Sanguinetti: “Ireland gioca l’hockey che piace a me, non vedo l’ora!”

L’ex difensore del Kloten è pronto alla nuova sfida con la maglia bianconera

LUGANO – Dopo le difficoltà incontrate lo scorso anno con Daniel Sondell ed il contributo modesto che aveva saputo dare Ryan Wilson, il Lugano spera di aver trovato il difensore giusto per completare il proprio reparto arretrato grazie all’ingaggio dell’ex aviatore, Bobby Sanguinetti.

Autore di una prima stagione in Svizzera in cui ha contribuito alla causa del Kloten con 29 punti in 44 partite, Sanguinetti ha messo la firma su un contratto della durata di un anno più opzione. “La trattativa con i bianconeri si è sviluppata velocemente – ci spiega il 29enne statunitense – negli ultimi giorni il mio agente ha sistemato con il Lugano i dettagli, ed ora sono davvero eccitato pensando al futuro con la mia nuova squadra”.

Bobby Sanguinetti, cosa ti piace del tipo di gioco che propone il tuo futuro coach, Greg Ireland?
“Abbiamo avuto occasione di parlare e confrontarci alcune settimane fa, così da conoscerci meglio. Grazie ai percorsi che abbiamo seguito nelle nostre carriere abbiamo alcune conoscenze in comune, e questo ha facilitato il tutto. Mi è subito sembrato una persona molto onesta e che sa esattamente come vuole che i suoi giocatori scendano sul ghiaccio. Sarà eccitante poter giocare nell’ambito di un sistema divertente e che si basa molto sul possesso del disco e sull’abilità della squadra di controllare il gioco. È indubbiamente un modo stimolante di vedere l’hockey”.

La decisione di trasferirti a Lugano è stata importante anche a livello famigliare, tra poco diventerai padre…
“Sicuramente! Si pensa sempre a come poter rendere felice la propria famiglia, anche se di Lugano non conoscevamo molto avendo abitato lo scorso anno a Zurigo. So però di aver fatto la scelta giusta anche soltanto ascoltando quanto mi è stato detto della città, e potermici trasferire proprio dopo la nascita di mio figlio è davvero eccitante… Ho difficoltà a trovare le parole per esprimere la mia felicità, sarà fantastico”.

Hai giocato quasi tutta la tua carriera in Nordamerica… Cosa hai imparato dallo scorso anno a Kloten?
“Indubbiamente la prima cosa che ho imparato è che in Svizzera tutti sanno pattinare molto velocemente, e se non ci si adatta nella giusta maniera con le piste grandi si finisce nei guai. Qui in Nordamerica alcuni giocatori riescono a cavarsela grazie ad una certa furbizia, ma in Europa questo non basta… Dalla mia esperienza a Kloten ho imparato a muovermi in pista, e come difensore offensivo per me è importante capire quali siano le zone giuste per lanciarmi all’offensiva e creare una giocata pericolosa, senza lasciare però troppo scoperta la difesa. Basti pensare alla partite contro una squadra veloce come il Davos, quando si deve cercare di dare il proprio contributo pur sapendo che gli avversari possono ripartire volando sul ghiaccio… Non è semplice, bisogna trovare il giusto equilibrio”.

A Kloten hai inoltre giocato con Luca Cunti, che ritroverai proprio a Lugano…
“Sino a quando non è arrivata l’ufficialità della mia firma non ho voluto dire nulla, ma quando tutto si è sistemato gli ho subito scritto un SMS… Sarà bello poter giocare di nuovo assieme. Durante il nostro periodo agli aviatori abbiamo avuto l’opportunità di conoscerci piuttosto bene, e lui è davvero un buon giocatore… Molto intelligente e che sa muovere bene il disco. Come lui ci sono già tanti altri bravi attaccanti a Lugano ed entrambi non vediamo l’ora di iniziare”.

La scorsa stagione i difensori stranieri arrivati alla Resega hanno faticato ad avere un impatto. Gli occhi ora saranno tutti su di te…
“La pressione non è un problema, perché è stata un fattore in tutta la mia carriera. D’altronde quando vieni draftato al primo turno non può che essere così, già quando militavo nelle leghe giovanili c’erano tante aspettative e molta pressione mediatica. Pensando al presente ho però capito che siamo tutti sulla stessa barca, questo nonostante agli stranieri si chieda giustamente di più… Tutti vogliono giocare al massimo delle proprie possibilità per aiutare la squadra a vincere, ed alla fine la responsabilità ricade su tutti. Personalmente non mi metto troppa pressione, so quali sono le mie qualità e giocherò duramente per dare il mio contributo”.

La tua carriera in NHL non è mai decollata, ma hai avuto la fortuna di essere stato draftato dalla squadra di cui eri tifoso da bambino, i New York Rangers…
“È stato molto bello, sicuramente una grande esperienza. Il Draft era a Vancouver, ma nelle settimane precedenti non avevo avuto molti contatti con loro, dunque quando i rappresentati del club sono saliti sul podio ed hanno deciso di chiamare il mio nome è stata una sorpresa. Sfortunatamente poi le cose con i Rangers non sono andate molto bene… In queste situazioni bisogna avere la fortuna di ritrovarsi nel posto giusto al momento giusto, e non è stato il mio caso. La NHL è una lega a cui è difficile accedere e sfortunatamente le cose non sono andate come speravo”.

Crescendo il tuo eroe era Brian Leetch… Oggi c’è ancora un modello a cui ti ispiri?
“È difficile individuare un solo giocatore, essendo un difensore offensivo cerco di prendere ispirazione un po’ da tutti. In questo periodo non si può però non guardare con ammirazione ad Erik Karlsson… Non pretendo di confrontarmi a lui, ma è interessante guardare le giocate che è in grado di fare e la fiducia con cui scende sul ghiaccio. A livello di pattinaggio penso sia il miglior difensore al mondo, ad Ottawa sono davvero fortunati ad averlo in squadra!”.

Durante la tua carriera ti sei messo in evidenza per tante caratteristiche diverse… Oggi come descriveresti il tuo gioco?
“Anni fa a un All Star Game AHL ho vinto il titolo per il tiro più potente, ma non direi che questa è ancora una mia caratteristica… Direi più che altro che ho un tiro “intelligente”. Nel corso degli anni sono sempre stato apprezzato per il mio pattinaggio, che mi permette di aggiungermi alla fase offensiva e creare situazioni pericolose, così come di ritornare velocemente se si perde il puck. Questa è un’abilità che non ho mai perso e che sicuramente porterò anche al servizio del Lugano”.

Hai mancato molte partite nel corso degli ultimi anni… Consideri la tua salute un problema, oppure sei solo stato sfortunato?
“L’ultima stagione che ho giocato in Nordamerica era stata particolare. L’anno precedente (nel 2014/15, ndr) avevo raggiunto con Utica la finale per la Calder Cup, e mi sono poi trascinato alcuni problemi di cui non sono riuscito a liberarmi per tutto il campionato seguente. A quel punto con la mia squadra di allora ci siamo accordati per lasciarmi a riposo, così che potessi guarire ed evitare un’operazione chirurgica. L’anno passato con il Kloten si parlava di un mio infortunio per una commozione cerebrale, ma in realtà si trattava più che altro di alcuni problemi di vertigini e capogiri, monitorati poi in una clinica di Zurigo… Nel corso della mia carriera non ho avuto molta fortuna per quanto riguarda gli infortuni, ma ad oggi posso dire di sentirmi in forma come non mai, era davvero tanto tempo che non mi sentivo così bene”.

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