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Interviste

Marghitola: “Tante soddisfazioni a Martigny, ma per una carriera da allenatore resto cauto”

L’ex difensore biancoblù ha portato la squadra in Swiss League da head coach: “Alleno solo da due anni ed ora sarò l’assistente di Olsson, siamo sulla stessa linea. In questo business bisogna restare con i piedi per terra”

(HCV Martigny)

MARTIGNY – In Ticino si fa un gran parlare di allenatori nostrani. Cereda e Gianinazzi nell’hockey, oltre a Croci-Torti nel calcio, sono sulla bocca di tutti grazie al loro lavoro e ai loro successi. Un po’ lontano dal nostro trambusto quotidiano c’è però un altro giovane coach ticinese che ha ottenuto un grande trionfo, ovvero Daniele Marghitola. Il 35enne ex difensore dell’Ambrì Piotta ha in effetti raggiunto qualche mese fa la promozione in Swiss League con il suo Martigny.

“È stato molto bello. In gennaio eravamo già riusciti a raggiungere il primo obiettivo, ovvero vincere la Coppa Svizzera. Anche se non c’erano squadre di Swiss League, ci tenevamo a portare a casa il trofeo”, ci ha raccontato il 35enne. “Poi è arrivata la promozione, siamo riusciti ad ottenerla ancora prima della finale. Il nostro obiettivo era però quello di vincere i playoff, siamo riusciti a restare concentrati e l’abbiamo raggiunto sconfiggendo il Thun alla quinta partita. Non è stato facile imporsi. La nostra forza? Diversi elementi giocavano insieme da anni e alcuni sapevano già che sarebbe stata la loro ultima stagione. Questo ci ha aiutato. È stata una bella esperienza, non capita spesso di vincere su più fronti nell’arco di una stagione”.

E anche per te personalmente sicuramente un enorme soddisfazione…
“Come giovane allenatore non mi aspettavo subito la possibilità di poter avere questi successi, ma ero appunto convinto che la squadra avesse le capacità di vincere. Avevo giocato con diversi elementi, conoscevo le loro qualità. Ora con un po’ di distanza, mi rendo conto che effettivamente arrivare così lontano pure per il sottoscritto è un bel successo”.

Nella prossima stagione sarai “solamente” l’assistente. È una tua scelta legata al tuo lavoro di fisioterapista?
“No, io mi ero messo a disposizione per continuare a fare l’allenatore, è piuttosto una decisione del club. La dirigenza, per la prima stagione in Swiss League, voleva puntare su un altro coach, uno che ha un po’ più di esperienza di me e ha dunque scelto lo svedese Anders Olsson. Questo anche perché dietro c’è un progetto un po’ più grande con alla base alcuni investitori svedesi”.

Certo che la dinamica è strana, l’head coach che diventa assistente…
“Sì in effetti lo può apparire, ma se calcoliamo che comunque io alleno solamente da due anni ci può stare. Dal momento in cui accetto il ruolo e le parti sono ben definite la cosa deve funzionare. L’importante è avere una buona relazione. Nel frattempo ho conosciuto Olsson, siamo sulla stessa linea d’onda, lui ha un approccio molto integrativo e possiamo discutere. Insomma è un lavoro di squadra, d’altronde nell’hockey moderno funzionano così gli staff. Sono finiti i tempi in cui c’era la dittatura per i giocatori o per il resto dello staff. Con le nuove generazioni questo tipo di lavoro di squadra funziona decisamente meglio”.

Questa tua tappa da coach ti ha fatto venir voglia di intraprendere definitivamente questa via professionale?
“Siccome l’anno prossimo, oltre a essere assistente allenatore, farò parte con il nuovo coach anche di una sorta di commissione tecnica che si occupa della direzione sportiva, abbasserò di parecchio il mio pensum in seno allo studio di fisioterapia. Il grosso sarà dunque nell’hockey, ma poi vedremo. So com’è il business, sono stato giocatore, bisogna sempre tenere i piedi per terra, bisogna sempre fare attenzione. Si può pensare a una carriera di allenatore, ma quando hai qualcosa di fisso da un’altra parte è sempre meglio tenerlo, evitando di rischiare troppo. Io oltretutto sono proprietario dello studio di fisioterapia unitamente a due miei colleghi, è abbastanza grande e in totale ci lavorano 10 fisioterapisti, quindi non voglio mollare”.

(HCV Martigny)

Obiettivi per la nuova stagione?
“È un po’ prematuro per parlarne, mancano ancora due o tre cosette a livello di contingente, poi ci siederemo tutti insieme e vedremo. Dato che non c’è la relegazione, la salvezza non può essere un obiettivo, quindi di base l’unico intento è cercare di raggiungere i playoff. Ovviamente con il passare delle partite in base a come andrà il corso si potranno ridefinire gli obiettivi, ma sicuramente non ci aspettiamo di terminare nella top 3, sarebbe un’utopia, pure a livello di budget”.

Da ormai 12 anni vivi in Vallese, quando vedremo finalmente una squadra vallesana nella massima lega? Il Visp ha un ottimo impianto e ambizioni, ora pure il Sierre con McSorley ha grandi progetti…
“Nei prossimi 2 o 3 anni sicuramente no. Un conto è risalire quando si è retrocessi mantenendo un budget alto, ma cercare la promozione costruendo dal basso è davvero dura. Basta vedere l’Olten, che ci sta provando da tanti anni. Il progetto Sierre è più a lungo termine, non so esattamente a che punto siano con la nuova pista. Ma appunto non basta avere un nuovo stadio, la promozione sportiva è difficile da raggiungere, anche il Losanna ci ha impiegato un po’ di tempo. Ammettendo che tutti gli annunci fatti vengano davvero realizzati, magari tra 5-8 anni accadrà”.

La retrocessione del Sion dalla Super League calcistica potrà essere magari un vantaggio per le squadre hockeyistiche? Qualche sponsor e qualche spettatore in più?
“Sì, penso che un po’ influirà. Forse quest’anno solo parzialmente, poi dipenderà per quanto tempo il Sion resterà in Challenge League. Se risalirà subito forse no, ma se non fosse il caso potrebbe esserci un cambiamento a livello cantonale. Dipenderà molto dagli investimenti di Christian Constantin, se deciderà di restare alla testa del club oppure no”.

Quando si pensa al vallese hockeyistico si pensa subito a Nico Hischier. Grazie a lui c’è stato un effetto boom tipo quello di Federer nel tennis? Ovvero più bambini vallesani che per imitare le gesta del nativo di Naters si danno all’hockey?
“Non molto a dire il vero. Io credo che l’immagine di Nico sia troppo poco utilizzata da questo punto di vista. I tre club vallesani di Swiss League hanno inoltre il problema dei settori giovanili. Non ci sono le categorie U20 e U17 Elite. Fino a che non ci sarà una squadra nel massimo campionato sarà impossibile fare il salto di categoria, la Lega non lo permette. Così a un certo punto, attorno ai 15 o 16 anni, i migliori elementi partono per andare magari a Friborgo o a Losanna. D’altronde anche Nico è partito prestissimo dal Vallese. Insomma ciò penalizza tutto il movimento”.

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