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Lugano 2015/16: le valutazioni di fine stagione di HSHS

LUGANO – La stagione del Lugano si è conclusa al termine di una cavalcata che ha visto i bianconeri passare dall’ultimo posto in classifica alla finalissima dei playoff e, nonostante la sconfitta contro il Berna, gli uomini di Shedden si sono resi protagonisti di un grande campionato.

Di seguito vi proponiamo la nostra valutazione di tutti i giocatori bianconeri per quanto riguarda la stagione appena conclusasi, con un breve commento dedicato ad ogni elemento della rosa.

PORTIERI

Elvis Merzlikins (61 partite, 92,94%): Una stagione a dir poco straordinaria per efficacia e regolarità di rendimento. Una lieve flessione nei playoff non gli ha impedito di trascinare il Lugano fino alla finale con il Berna, dove si è dimostrato ancora superlativo, spettacolare e di grande maturità. La sua forte personalità si è finalmente mescolata con il talento, che ne hanno fatto il miglior portiere del campionato di LNA appena chiuso. Quasi imbattibile dentro i pali se sfrutta la sua agilità, l’istinto e la tecnica, è altrettanto difficile da battere dalla distanza grazie alla stazza e alla posizione ferma, qualità che ne fanno un portiere moderno in tutto e per tutto. Tutto questo a nemmeno 22 anni, il suo futuro è la NHL.

Daniel Manzato (9 partite, 88,77%): A livello di squadra le soddisfazioni ci sono state, ma sul piano personale non si può certo dire che la sua stagione sia stata fortunata. Prima l’infortunio di fine ottobre alla Resega, poi il secondo (in fotocopia) quando era stato prestato al Berna che gli ha impedito di tornare in condizione. Impossibile valutare la sua stagione sul piano tecnico, anche perché chiuso dalle prestazioni di Merzlikins, ma rimane un portiere di buona affidabilità.

Viktor Östlund (1 partita, 87,5%): La vera vittoria l’ha conquistata tornando uno sportivo professionista. La terribile malattia che lo ha colpito più di un anno fa è per fortuna un ricordo, e il suo esordio all’ultimo derby della Valascia deve essere un nuovo punto di partenza per un ragazzo che non ha mai smesso di crederci.

DIFENSORI

Alessandro Chiesa (59 partite, 3 gol, 16 assist, +10): Sin da subito ha mostrato una grande intesa con il neo arrivato Philippe Furrer, formando una coppia completa in tutto e per tutto. Sempre più leader della squadra, il difensore biaschese ha messo sul ghiaccio un’impressionante regolarità di rendimento, praticamente senza incertezze. Il suo gioco fisico è venuto preziosissimo nei playoff, e il suo contributo in fatto di punti, pur se non sia ciò che gli viene chiesto, è sempre discreto di stagione in stagione. Una roccia, affidabilità allo stato puro.

Stefan Ulmer (56 partite, 6 gol, 20 assist, -4): Un inizio di stagione disastroso come per gran parte della squadra, una risalita a livello di prestazioni soprattutto difensive tra novembre e gennaio che lo ha fatto tornare a ottimi livelli, ma è nei playoff che si è rivisto il vero Ulmer. Solidità e intelligenza nelle retrovie, sontuose ripartenze col disco sul bastone, idee di gioco e assist. Quello della serie di finale contro il Berna è stato l’Ulmer migliore di sempre e l’errore (non tutto suo) che ha spianato la strada a Roy non può macchiare quelle prestazioni. Ci si augura che la crescita non si interrompa, soprattutto per regolarità di rendimento e fiducia in se stesso.

Steve Hirschi (60 partite, 2 gol, 8 assist, 0): Una stagione con così tante partite senza infortuni per il capitano non la si vedeva da anni, e questo è già un fatto positivo. Non sempre però il numero 8 è stato esente da errori, dettati da una lucidità che a volte comincia a far difetto, e le prestazioni sono state un po’ altalenanti anche a causa di una certa lentezza di pattinaggio e di pensiero in un contesto di gioco sempre più veloce. Non si discute la sua leadership e l’esempio per i più giovani, ma aldilà di alcuni buoni periodi non si può dire che sia stata la sua miglior stagione, anche se con compiti più limitati rispetto al passato può essere ancora utile.

Julien Vauclair (54 partite, 3 gol, 9 assist, +3): L’aria del postseason più prolungato rispetto al solito gli ha fatto bene. Non è stato perfetto ma nonostante l’età che avanza ha detto la sua nei playoff risultando il miglior giocatore a livello di +/- dietro al solo Brunner con un bel +6 e sotto rete ha dimostrato di saperci fare ancora nei momenti che contano. Ciò però non cancella del tutto una regular season altalenante e a volte sottotono correlata da diversi errori banali, che ne hanno intaccato spesso la sua affidabilità. Anche per lui come per Hirschi, occorre trovare la giusta dimensione e utilità.

Lorenz Kienzle (60 partite, 3 gol, 8 assist, -10): Fino a gennaio la sua prossima partenza verso Friborgo non ha di certo fatto strappare i capelli ai tifosi, ma dalla Spengler via, precisamente forse da quella sfuriata con Di Domenico, Kienzle ha fatto un salto di qualità soprattutto caratteriale. Fino a pochi mesi faticava a tirare fuori intensità e attributi con continuità, ma poi dall’inizio dell’anno ha cominciato a farsi sentire di più sul ghiaccio. A livello di prestazioni è sì migliorato, ma certe grosse amnesie difensive lo hanno caratterizzato per gran parte del campionato, peccato, perché avrebbe potuto avere un ruolo più importante con una maggior costanza di rendimento.

Philippe Furrer (50 partite, 3 gol, 15 assist, +12): Da quanto il Lugano non aveva a disposizione un difensore svizzero del suo livello? Probabilmente dai tempi di Olivier Keller o del miglior Julien Vauclair, quello di 10 anni fa, e questo basterebbe per descrivere un gran colpo di mercato di Habisreutinger. Già nelle amichevoli di agosto si intravvedeva una classe superiore, e l’ex bernese è stato il vero punto di riferimento per tutta la difesa in regular season. L’infortunio nel derby di gennaio ha fatto tremare le gambe a tutti ma nei playoff è tornato più forte di prima. Minutaggio altissimo ma lucidità sempre presente, uscite sontuose dagli angoli, precisione e puntualità, livello praticamente da straniero, mostruoso. E il rigore che ha eliminato il Ginevra? Quello è da ricordare a vita.

Clarence Kparghai (64 partite, 2 gol, 5 assist, +9): Se si limita ai suoi compiti operai e non si cimenta in improbabili uscite alla “Nummelin” limiterebbe a zero i suoi rischi. Sì perché se da un lato, quello offensivo, è spesso improponibile, su quello prettamente difensivo, fatto di lotte negli angoli e corse in back checking, è tra i primi della classe. Muscoli, velocità e potenza al servizio dei compagni, è diventato pure più ordinato nel tempo, uno di quei gregari sottovalutati ma sempre preziosi.

Riccardo Sartori (53 partite, 0 gol, 1 assist +2): Spesso iscritto sul foglio partita ma non molto impiegato sia da Fischer che da Shedden, il giovane ticinese ha fatto fatica a ritagliarsi spazio. Nei momenti delicati in autunno alcuni suoi errori lo hanno messo un po’ in ombra e forse sfiduciato, ma il futuro è tutto suo, le capacità nei momenti più sereni le ha dimostrate a tutti.

Colin Fontana (5 partite, 0 gol, 0 assist, -1): Qualche apparizione nei momenti di difficoltà di formazione, ma per ora non sembra adatto al livello della LNA, soprattutto dal lato del pattinaggio e della velocità. La prossima stagione nei Ticino Rockets sarà utilissima per lui se vuole crescere.

ATTACCANTI

Alessio Bertaggia (60 partite, 16 gol, 17 assist,  +11): Quella appena passata è stata la stagione della definitiva esplosione per l’attaccante figlio d’arte. Incredibile la sua regolarità di rendimento nell’andare a rete, sfruttando la sua bruciante velocità e un polsino terrificante, oltre all’intesa con Gregory Hofmann. Dopo essersi sbloccato a Losanna appena dopo l’approdo di Shedden in panchina non si è più fermato, confermandosi una continua piaga per le difese avversarie. Nei playoff si è spento dopo i quarti di finale, ma la sua stagione fatta di 33 punti totali e di 3 game winning gol (dietro solo a Pettersson e Klasen) è sicuramente da incorniciare.

Damien Brunner (50 partite, 20 gol, 23 assist, +23): La sua stagione regolare è stata buona, ma purtroppo frenata da diversi fastidiosi infortuni e qualche malanno, che ne hanno minato il rendimento in crescita. La sua stagione vera è cominciata nei playoff, dopo quel pericoloso infortunio muscolare, quando ha cominciato a macinare gioco, distribuire assist e segnare reti pesanti. È stato un Brunner diverso da quello che eravamo abituati a vedere, più completo, più disposto al sacrificio e al lavoro collettivo ma sempre devastante, in particolar modo contro il Ginevra ha disputato alcune delle sue migliori partite di sempre per continuità e sostanza. Peccato solo che non fosse in pista per Gara 5 di finale.

Linus Klasen (54 partite, 19 gol, 47 assist, +12): Partito malissimo come tutta la squadra, a ottobre era solo l’ombra di quel fuoriclasse a tutti conosciuto, spesso freddo e imbronciato. Dall’arrivo di Shedden niente più panchine punitive, tanto ghiaccio e responsabilità e il suo contributo ha continuato a crescere fino a raggiungere il picco nei playoff. In Gara 4 e 5 di finale non ne aveva più purtroppo, ma quello che aveva mostrato nelle precedenti partite, soprattutto a partire dalla semifinale, rasentava la perfezione. Un gettito continuo di gioco, imprevedibilità, classe e pure sacrificio, spettacolo allo stato puro. E la memoria va pure a quel recupero e il disturbo su Tom Pyatt a Ginevra in Gara 5 di semifinale, episodio che può aver cambiato la storia.

Gregory Hofmann (59 partite, 21 gol 17 assist, +4): L’attaccante moderno per definizione. Velocità, scatto bruciante, forza fisica e tremendo senso offensivo. Se non innesca Bertaggia o Brunner sa anche fare tutto da solo per segnare reti di bellissima fattura e pesantissime, diventando letale quando il gioco si addormenta per spaccare in due le difese. A 23 anni ha raggiunto maturità personale, intelligenza di gioco e prestanza fisica completa, e i margini di miglioramento sono ancora ampi, pensando soprattutto alla duttilità che gli permette di giostrare anche al centro.

Tony Martensson (57 partite, 19 gol, 30 assist, +17): A ottobre si era tutti sicuri che fosse lo straniero sbagliato. Lui invocava pazienza, come quella che metteva sul ghiaccio, e piano piano ha zittito tutti. Calma, ordine, pulizia, screen sui portieri, intelligenza di gioco superiore, si è preparato ai playoff entrando in grande forma. Ha fatto fuori Zugo e Ginevra con reti e assist da campione, raggiungendo livelli altissimi di gioco a tutta pista, sempre con la sua proverbiale calma e pulizia. Contro il Berna è arrivato a corto di fiato, ma ha finito per segnare più di tutti nei playoff, difficile chiedergli di più nonostante tutto.

Julian Walker (59 partite, 5 gol, 7 assist, -6): La sua linea, con l’arrivo di Lapierre, è diventata la linea “Bang-Bang”, ed è facile capire il perché data la prestanza fisica sua, del canadese e di Sannitz. Nei playoff il suo lavoro e il pattinaggio sono stati utilissimi per mettere in difficoltà gli avversari, specialmente Zugo e Ginevra, uniti a una velocità che gli ha spesso permesso qualche puntata offensiva. Peccato solo che la mira e il killer instinct non siano decisamente il suo forte, altrimenti sarebbe un giocatore quasi perfetto.

Fredrik Pettersson (60 partite, 28 gol, 31 assist, 0): Dopo la crisi generale anche il numero 71 ha ripreso a macinare reti con grande regolarità. Il suo tiro micidiale e il senso della posizione ne hanno fatto di nuovo un cecchino implacabile in regular season, ma nei playoff si è di nuovo inceppato un po’. I suoi punti li ha fatti pure nel postseason, ma il suo stile di gioco alla “faccio tutto io” in certe situazioni è risultato controproducente, e con la sua testardaggine nell’andare al tiro sempre e comunque ha denotato scarsa pazienza e incapacità di lettura del gioco. Gran cecchino e non si risparmia mai, ma continua a mancare la lucidità nei momenti decisivi.

Raffaele Sannitz  (54 partite, 11 gol, 7 assist, -2): La sua è stata la stagione del record di reti segnate, ma anche per il rendimento fisico e il contributo difensivo è stata una bellissima annata. Nei playoff, complice anche il lavoro prettamente fisico chiesto da Shedden, ha limitato le sue reti a una sola, ma l’ha segnata umiliando in velocità un certo Lino Martschini, e allora può andare bene così. Col tempo si migliora, evidentemente.

Sebastien Reuille (61 partite, 5 gol, 5 assist, -8): Generosità da vendere, esperienza al servizio della squadra e dei giovani in particolare, l’unico punto fisso del quarto blocco è sempre stato lui, e un perché ci sarà. Al suo fianco si sono alternati diversi giocatori, ma solo lui al momento (forse assieme solo a Schlagenhauf) sa interpretare il ruolo del quarto blocco in una squadra di alto livello. Sempre prezioso anche in box play, indistruttibile.

Giacomo Dal Pian (27 partite, 2 gol, 1 assist, -2): La sua permanenza in quel di Olten sembrava ormai definitiva, ma Shedden ha voluto dargli fiducia, riportandolo alla Resega e alternandolo nel quarto blocco a partire da dicembre. È dotato di una buona intelligenza di gioco e mani discrete, ma nelle checker lines il suo fisico minuto risulta un grosso limite e nonostante qualche punto e alcune buone prestazioni resta difficile trovargli una collocazione fissa.

Maxim Lapierre (21 partite, 3 gol, 5 assist, -6): Il giocatore più discusso da anni questa parte, senza dubbio. Portato per aumentare l’impatto fisico e intimidatorio della squadra, il canadese ha fatto il suo mestiere, facendo da cuscinetto nel gap che divideva il Lugano da alcune squadre nei playoff. Ha fatto “sbroccare” più di un avversario (chiedere ai vari Grossmann, Slater e Bezina), anche se a volte si è fatto trascinare un po’ troppo senza però mai andare oltre. In più ha portato sul ghiaccio voglia di lottare, ingaggi vinti e tanto lavoro fisico, anche se è mancato un po’ in fase offensiva. L’opinione è che il suo impatto sia stato positivo sulla squadra, perché le qualità di un giocatore non le si misurano solo con quello che si vede sul ghiaccio, anche se alla fine i tifosi bianconeri (che lo hanno amato incondizionatamente) hanno scoperto che nell’hockey, soprattutto nei playoff, non servono solo i fini fiorettisti, ma anche i rudi guastatori.

Luca Fazzini (55 partite, 4 gol, 8 assist, -3): Da anni si attende la definitiva esplosione, ma questa fatica ad arrivare. Va detto che ritagliarsi uno spazio in questo Lugano con delle caratteristiche offensive simili non è affatto facile, ma ancora una volta il rendimento del giovane attaccante è stato sotto le aspettative. Solo nei playoff, specialmente verso la fine e in Gara 5 di finale ha tirato fuori prestazioni degne del suo talento e finalmente ricche di sostanza. La prossima stagione la concorrenza sarà sempre più alta, e Shedden non avrà voglia di attendere troppo.

Giovanni Morini (36 partite, 4 gol, 3 assist, -2): Ogni qual volta sembrava pronto a spiccare il volo, la sfortuna si è accanita sul suo ginocchio. Prima la rottura della rotula, poi quella dei legamenti. In mezzo però si è visto un giovane esordiente di rara intelligenza di gioco, capace di usare il fisico e in grado di adattarsi all’hockey dei grandi in pochissimo tempo. Serio e professionale, ha già imboccato la strada giusta.

Matteo Romanenghi (24 partite, 0 gol, 0 assist, -1): Ha fatto un bel passo avanti sul piano della grinta e dell’attitudine, ma anche in questa stagione non sembrava avere il livello sufficiente per reggere una stagione in LNA. La prossima dovrà essere quella della crescita definitiva, con i Ticino Rockets pronti a dargli spazio importante.

Diego Kostner (60 partite, 2 gol,4 assist, -8): L’impegno non manca mai, con tanta grinta e senza paura di prendere colpi. Forse su di lui però si erano messe troppe aspettative dopo quella stagione a fianco di Brett Mclean, e anche lui si è un po’ perso. Quasi nullo sotto porta e un po’ leggero per un quarto blocco di alto livello, a Lugano non avrebbe più avuto spazio, in Leventina cercherà la sua dimensione.

Tim Stapleton (24 partite, 7 gol, 8 assist, +3): Probabilmente Shedden aveva un’idea di lui ancora ferma a 10 anni fa, quando lo ha allenato allo Jokerit. Lì la sua velocità era ancora devastante, ma passando gli anni il fisico non è più quello di prima, e senza i suoi proverbiali scatti, l’americano non è più in grado di esprimersi a certi livelli. Buone prestazioni in regular season, con reti anche pesanti, nullo e a volte irritante nei playoff.

Ilari Filppula (27 partite, 7 gol, 11 assist, -2): Troppo leggero per il gioco voluto da Shedden, era un di quei giocatori “doppioni” per tipologia in rosa, anche se quando sul ghiaccio ha fatto cose egregie, pur non rasentando nemmeno certi livelli raggiunti la passata stagione. Giocatore forse un po’ debole dal lato caratteriale e a volte fumoso è da ricordare come centro elegantissimo e come professionista esemplare.

Janick Steinmann (14 partite, 1 gol, 3 assist, -5): Forse era lui il centro mancato per quasi tutta la stagione al quarto blocco bianconero. Dotato di ottimo fisico, intelligente e pure bravo col bastone, l’ex Kloten è stato fatto fuori da una commozione cerebrale, e di lui non si è più avuta traccia. La paura è che la sua carriera possa essere a rischio. Solo tanti auguri per lui.

Roman Schlagenhauf (4 partite, 0 gol, 0 assist, 0): Arrivato dalla LNB e buttato nella mischia di una finale di LNA, è stato decisamente un bel salto per l’ex biancoblù. Lui però non si è scomposto e ha tirato fuori anche un paio di buone prestazioni contro il Berna. In futuro potrà essere un utile jolly.

ALLENATORI

Doug Shedden: Il lavoro che ha fatto in pochi mesi è stato straordinario, con la fiducia, la motivazione e dei ruoli precisi per ogni giocatore ha portato la squadra dall’ultimo posto alla finale ricompattando la squadra in un gruppo eccezionale. Peccato solo per una gestione rischiosa nei playoff, che ha portato la squadra ad avere il fiato corto nel finale, ma non è una colpa che può intaccare tutto ciò che ha fatto di buono dal suo arrivo.

Patrick Fischer: Buona parte del merito va anche all’ora allenatore della nazionale, dato che la squadra attuale l’ha costruita al 90% lui. Purtroppo la gestione dello spogliatoio e dei ruoli sul ghiaccio gli è sfuggita di mano, fino allo spiacevole epilogo di ottobre.


Miglior giocatore: Elvis Merzlikins

La delusione: Tim Stapleton

La rivelazione: Alessio Bertaggia

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