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Ambrì Piotta

Obiettivi raggiunti con una nota amara: “Si poteva fare di più ed essere la mina vagante”

Il DS Duca: “Avevamo grande voglia di proseguire e restiamo convinti che i playoff erano possibili”. Il coach Cereda: “Nella prima parte siamo stati una squadra con poca identità, ma ogni sera sapevamo di poter vincere”

CASTIONE – A pochi giorni dal termine della stagione, l’Ambrì Piotta in un incontro con i media ha voluto tirare le somme. L’amarezza per non aver raggiunto i playoff era ancora presente, ma il DS Paolo Duca e l’head coach Luca Cereda hanno avuto l’opportunità di discutere ampiamente i vari temi che hanno caratterizzato il campionato.

“Ovviamente prevale ancora la delusione, avevamo grande voglia di proseguire e restiamo convinti che i playoff erano possibili”, ha debuttato Duca. “Vogliamo però anche ricordare gli obiettivi stagionali, che erano il raggiungimento dei play-in e il riuscire a coltivare lo spirito combattivo che contraddistingue il nostro club. Il primo è facile da verificare, mentre per il secondo possiamo partire dalla miriade di overtime giocati”.

La lettura data di queste situazioni è di una tendenza che ha fatto recuperare più punti di quelli persi, questo considerando solo le partite in cui il recupero avversario è avvenuto nei dieci minuti finali del terzo periodo. “Abbiamo avuto solo 17 partite da zero punti, ma anche appena 12 con la posta piena. La sensazione generale è però quella che si poteva vincere ogni sfida, feeling questo confermato anche dai giocatori nei meeting finali. Lo spirito di gruppo e l’energia sono sempre stati positivi. Siamo inoltre fieri della crescita di Landry, Müller, Terraneo e De Luca, mentre Muggli ed Hedlund hanno fatto fatica a trovare spazio”.

L’instabilità vissuta nella prima parte di stagione è stata spiegata anche dalle partenze di elementi chiave come Conz, Fohrler e Kneubuehler, “che sapevamo sarebbero stati difficili da sostituire. I cambiamenti hanno portato a dinamiche forti, con pure l’ingaggio di Kubalik che ha causato instabilità, infatti fino a quando aveva la speranza di andare in Nordamerica era un giocatore diverso. Ma era giusto prendersi il rischio. Anche lo scambio Lilja-DiDomenico ha richiesto un assestamento, ma ha dato i suoi frutti”.

Le sensazioni sono state condivise da Luca Cereda: “Abbiamo centrato gli obiettivi e il trend da Natale è stato buono, ma potevamo fare qualcosa di più e diventare magari la mina vagante dei playoff. Nella prima parte siamo però stati una squadra con poca identità di gioco, non avevamo costanza. Ogni partita era un po’ come tirare una moneta, non si sapeva cosa avremmo ottenuto. Siamo stati una buona squadra da trasferta, ma pessima in casa, ed inoltre il penalty killing è stato insufficiente e non abbiamo mai trovato delle soluzioni. Anche il powerplay ha fatto fatica, ma da novembre è andata meglio. A livello tecnico e tattico siamo inoltre sembrati più solidi, come indica la diminuzione del dato dei gol incassati attesi”.

Il club si è inoltre detto soddisfatto di Gilles Senn, una scommessa considerata vinta con il giocatore che ha dimostrato di poter essere un buon numero uno, “anche se lui era il primo a non essere contento della partita di Kloten. Nella prima parte ci è però mancato l’apporto di Juvonen, cresciuto da gennaio e capace di darci tanto nel finale”.

Duca ha inoltre sottolineato le difficoltà a trovare un primo centro, problema poi risolto dalla crescita di Maillet. “Per tutta la stagione ci è inoltre mancata una seconda linea che potesse portare quantità e qualità. Nemmeno alla fine abbiamo trovato una soluzione. Inoltre non ha funzionato il ritorno dalle pause nazionali. Abbiamo sempre perso. Analizzeremo questo a fondo, perché non vogliamo diventi un trend”.

Paolo Duca ha poi descritto quanto vissuto con la situazione di Dario Wüthrich: “La notizia era arrivata durante il terzo tempo del derby. Sul mio telefono avevo visto tantissime chiamate, e ad un certo punto mi sono deciso a rispondere nonostante la partita fosse in corso. Il suo agente mi ha informato, spiegandomi che il desiderio del papà di Sophie era quello che Dario non sapesse nulla sino al termine del match. È stato un momento bruttissimo. Abbiamo cercato di stargli vicino il più possibile, e gli abbiamo lasciato il tempo di capire come voleva affrontare la cosa. C’è stato grande sostegno. Inoltre Sophie faceva parte della Nazionale di sci, che ha messo in campo un sostegno professionale di cui Dario beneficia ancora ora. È una ferita aperta, e penso lo sarà per sempre”.

Per quanto riguarda invece le difficoltà della rosa svizzera nel dare un contributo concreto – da qui anche l’impossibilità citata di formare una seconda linea efficace – Cereda ha spiegato che “nella nostra rosa si vivono due situazioni opposte, con giovani in forte crescita ed altri elementi invece nella fase finale di carriera. I giovani hanno fatto fatica a prendere in mano alcuni ruoli, mentre chi ha più esperienza ha trovato difficoltà nel rivestire questi ruoli con costanza. I giovani però sono cresciuti. De Luca penso abbia vissuto il suo anno migliore, nonostante la produzione sia calata, ma questa tornerà. Con la partenza di Kneubuehler e Fohrler abbiamo perso due giocatori di questa “fascia media” che ora ci manca, abbiamo provato a rimpiazzarli ma ci vuole tempo”.

Si sa inoltre qualcosa di più sulla situazione di Kodie Curran. “Aveva iniziato bene, ma da novembre ha avuto problemi fisici che si è portato dietro sino alla fine. Era molto limitato e non poteva allenarsi bene. Le sue difficoltà si sono viste. Aveva un problema alla schiena che ha richiesto diversi interventi e terapie. In alcuni momenti ha dovuto fermarsi completamente, aveva sempre dolori. Il calo di prestazioni è stato evidente”.

Poche come di consueto invece le indicazioni sul mercato. “Kubalik, ovviamente c’è la volontà di tenerlo, ma lui non sa ancora cosa vuole fare. Abbiamo avuto delle discussioni, ma si prenderà del tempo per prendere almeno una decisione di base, ovvero se vorrà restare in Svizzera, tentare di nuovo la NHL o altro. Anche per la situazione di Maillet è prematuro esprimersi. Ha avuto un ottimo finale ma un pessimo inizio”.

Sul sistema difensivo Cereda ha invece spiegato che “in certe situazioni possiamo fare meglio, ma c’è anche un’identità del club che va rispettata. Il Langnau ad esempio gioca in maniera molto diversa da noi, sono bravi a difendere in tante situazioni. Nella seconda parte non abbiamo cambiato sistema, ma i passi avanti dei portieri – soprattutto di Juvonen – ci hanno dato una mano. Poi ci sono gli errori individuali, lì il sistema conta poco. In boxplay però sì, possiamo dare una mano ai portieri per influenzare la distanza dei tiri oppure il controllo dei rebound. Ci sono poi i faceoff, che sappiamo essere un problema. Solo Maillet era sopra il 50%, e non è nemmeno un giocatore propriamente da PK”.

In questo senso Virtanen e Heed sono stati chiamati in causa molto, ma non si vede un problema in questo senso. “Idealmente vorremmo farli giocare qualche minuto in meno, ma siamo anche la squadra ad avere avuto più opportunità di powerplay e overtime, e questo incide sui minutaggi. Il Davos è la squadra a usare più regolarmente quattro linee, e Dahlbeck e Fora hanno in media 21 cambi a 5-contro-5, così come Heed e Virtanen”.

Un appunto è stato fatto anche per DiDomenico. “Sul ghiaccio lo conoscevoha spiegato Ceredama sono stato sorpreso da tutta la parte privata. È un personaggio davvero molto tranquillo. Ha una grandissima passione per l’hockey, è il primo ad arrivare in spogliatoio. Alle 8:15 del mattino è già alla pista e prende parte a tutte le sessioni facoltative. Alcune volte abbiamo dovuto richiamarlo all’ordine, ma è stato raro e inoltre reagisce molto bene. È rispettoso delle indicazioni. Quando tende ad esagerare lo fa in buona fede, perché vuole vincere. In questi anni ho avuto diversi giocatori che sono stati più difficili da gestire”.

Una nota in chiusura su Rocco Pezzullo, che in questi giorni è tornato a Visp per concludere i playoff di Swiss League. “Era il suo desiderio. Aveva iniziato bene la stagione, ma è stato poco costante e prima di Natale aveva fatto fatica. Poi si è ammalato, ha perso diversi chili ed ha praticamente perso il posto a inizio anno, dopo una serata difficile a Porrentruy. Vista l’esperienza positiva con Terraneo abbiamo pensato di girarlo al Visp, lui era d’accordo. Il suo richiamo è stato dovuto al fatto che se avesse iniziato i playoff di Swiss League, poi in caso di bisogno non avrebbe potuto tornare da noi. A quel punto però la squadra stava andando bene e non aveva bisogno di cambiamenti. In chiave futura però contiamo su di lui. Le cose nello sport vanno veloci e ci aspettiamo che torni a un buon livello”.

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