
STOCCOLMA – La vittoria della Danimarca sul Canada l’avevamo – e non solo noi – ribattezzata come “il miracolo di Herning”, chissà se alla stregua di quanto successo alla Avicii Arena sabato pomeriggio, la sfida tra USA e Svezia non sarà rinominata “il disastro di Stoccolma”, per non andare a recuperare nomignoli brasiliani derivati da certe imprese nei mondiali di calcio.
Fatto sta che per la Svezia questa eliminazione brucerà parecchio, perché arrivata in casa nel suo mondiale, in una edizione che doveva fare da slancio per i Giochi Olimpici di Milano e Cortina del prossimo febbraio, perché l’era del “mago” Sam Hallam doveva fare dimenticare le delusioni degli ultimi anni in cui è arrivato solo il bronzo di Praga dopo il vergognoso e breve periodo sotto Garpenlöv, e perché una squadra così forte in un mondiale le tre corone non la vedevano da anni e anni.

E ci hanno pensato i sornioni USA a zittire la Avicii Arena colorata di giallo, una squadra quella nordamericana reduce da un girone di Herning buono ma non esaltante nonostante il secondo posto, ma che ha alzato i giri del motore guarda caso proprio nei momenti che contano, facendo già fuori la Finlandia nei quarti e presentandosi nella capitale svedese con grandissima determinazione e lucidità.
Il risultato di 6-2 può sembrare largo, ma se si contano le occasioni da rete pulite, la Svezia ne ha avute – oltre ai due gol ovviamente – forse tre o quattro su tutto l’arco dell’incontro, di cui un paio arrivate sullo slancio di quel rush improvviso nel terzo periodo, ma quanto invece costruito dalla squadra di Warsofsky va sommato sulle dita delle due mani, perché già nel primo tempo Zibanejad e compagni non ci hanno capito nulla.
Semplicità, durezza, concretezza sotto porta e continuità, le semplici ma letali armi che hanno mandato gli USA in finale, di fronte a una Svezia slegata, quasi mai pericolosa o in grado di costruire gioco con azioni studiate, con la maggior parte delle incursioni offensive passate per il bastone di Nylander, ma anche con almeno un paio di reti… E mezza sulla coscienza di Markström, il quale ha perso nettamente la sfida con il sicuro Swayman.

Qualche fischio, qualche “buu” all’uscita della squadra dal ghiaccio, ma l’ambiente della Avicii Arena alla fine della partita è sembrato fin troppo silenzioso, quasi da far pensare che anche i tifosi svedesi si siano rassegnati, tanto che nemmeno il mondiale casalingo “apparecchiato” apposta è riuscito nel far tornare al successo le tre corone.
Gli USA dal canto loro tornano in finale dopo ben 65 anni, e comunque vada avremo un ultimo atto inedito in questo mondiale, con la consapevolezza che stavolta la squadra americana ha smesso di scherzare e si è messa a fare sul serio.
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