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The Off-ice: Firepuck e FoxTrax, storie parallele di utili fallimenti

Tra gli anni 80 e 90 ci fu l’avvento dello sport sulla tv via cavo, ma nell’hockey la scarsa definizione creava problemi di visuale. Alcuni imprenditori cercarono soluzioni con progetti presto accantonati ma visionari

© Dan Loh

A leggerli così, i nomi “Firepuck” e “FoxTrax” potrebbero essere associati a qualche titolo di una di quelle commedie americane sullo sport, partite soprattutto dal football e dal baseball, molto popolari negli anni 90. Niente di tutto ciò, se non fosse per il periodo in cui si sviluppa la nostra storia, ossia tra la fine degli anni 80 e la seconda metà degli anni 90 del secolo scorso.

Siamo nel periodo in cui si stanno imponendo le prime piattaforme di videogiochi casalinghe a grafica più avanzata, e in particolare alcune case di produzione si concentrano sugli sport più popolari, quali calcio, basket, baseball, football americano, atletica, tennis e hockey su ghiaccio. Prima dell’avvento della EA Sports con la fortunatissima dinastia dei giochi NHL, tra i più acquistati videogame di hockey di quel periodo c’è il titolo “Blades of Steel”, prodotto dalla giapponese Konami.

Ma siamo anche agli inizi di qualcos’altro nell’era dello sport nordamericano – quello vero – ossia nell’epoca primordiale delle tv via cavo o “pay per view” che trasmettono lo sport in diretta casa per casa a prezzi accessibili a chiunque. La qualità delle trasmissioni televisive però è quella che la tecnologia dell’epoca può proporre, ma negli USA sport come football, basket e baseball possono essere seguiti tranquillamente dalla tv di casa senza grossi problemi di visuale, il problema semmai riguarda l’hockey. La velocità del gioco impedisce di avere il disco sempre nella visuale centrale con delle immagini che devono avere uno zoom stretto, e nel campo largo il disco non è sempre di facile avvistamento.

Seduto sul suo divano di casa, mentre legge il giornale, il signor Donald Klassen, piccolo imprenditore sportivo canadese, ha un’idea. Non sappiamo esattamente come gli sia venuta, ma ci piace pensare che abbia preso spunto guardando il figlio giocare a uno di quei videogiochi proprio dal suo divano, magari lo stesso Blades of Steel, dove il disco veniva evidenziato da un cerchio colorato a seconda di quale squadra ne avesse il possesso. Il signor Klassen avrà pensato: “Facciamo risaltare anche il disco vero!”. Bella intuizione, ma come metterla in pratica?

La prima idea è quella di illuminarlo dall’interno, ma i materiali e la complicazione nell’assemblarlo lo avrebbero reso squilibrato e troppo costoso da produrre privatamente. Utilizzare una vernice fluo? Nemmeno, i giocatori di movimento avrebbero avuto molte difficoltà nel vederlo da vicino sul ghiaccio, figuriamoci i portieri.

Ancora una volta ci immaginiamo il signor Klassen nel suo quotidiano, quando vede il figlio saltare in sella alla sua bicicletta, con i catarifrangenti sulle ruote e sui parafanghi illuminati dal lampione davanti casa. Ecco l’idea giusta. La cosa è decisamente più fattibile, una plastica catarifrangente rossa o arancione è facilmente reperibile, ma per farla risaltare sulla superficie di un disco non basterebbe la luce diffusa prodotta dai fari di una pista, quindi Klassen pensa che le telecamere debbano venire dotate di un faro che illumini il puck quando è inquadrato a campo largo.

Nel 1990 il signor Klassen “brevetta” il prodotto, è un disco da hockey normale, scavato sulle superfici per inserire i vetri catarifrangenti di colore arancio o rosso. Si racconta che le prime prove “casalinghe” furono fatte in una piccola pista di periferia canadese, illuminando il disco dagli spalti con una grossa torcia. Certo, il progetto va esaminato su scala più grande e tramite qualche conoscenza Klassen riesce ad arrivare ai vertici della NHL con la sua idea, promuovendo il suo prodotto con il nome di “Firepuck”.

I primi test ufficiali vengono fatti con la collaborazione dei Minnesota North Stars filmando degli allenamenti, e un video di queste prove viene mostrato sugli schermi del Forum di Montréal durante una pausa dell’All Star Game 1993. Nel 1994 i test vengono portati avanti in una partita intera a Fort Wayne per l’All Star Game della IHL e per la prima volta viene trasmesso un incontro dotato di Firepuck in televisione.

Ma il signor Klassen non è il solo a pensare a un’idea del genere. La Fox all’inizio degli anni 90 si aggiudica il pacchetto per la trasmissione della NHL e il direttore di Fox Sports David Hill ha lo stesso pensiero del signor Klassen (ovviamente con mezzi e disponibilità infinitamente superiori) e fa progettare dai suoi tecnici un disco illuminato da una serie di led sulla sua circonferenza.

L’idea piace anche al patron della Fox Rupert Murdoch e i primi test vengono fatti in concomitanza con quelli del Firepuck di Klassen, ma con risultati diversi. Il disco della Fox viene ribattezzato “Glow Puck”, ma per l’immagine dell’azienda il sistema integrato verrà chiamato FoxTrax e, a differenza del Firepuck di Klassen non deve essere illuminato da un fascio di luce bensì da un proiettore ad infrarossi a cui va però aggiunto il regolatore di disturbo per assestarsi sulle frequenze di luce dei led, in modo che in TV non si generi l’effetto lampeggiante.

Inizialmente, durante i test negli All-Star Game, il disco sembra guadagnare consensi, i tecnici della Fox possono inserire dei trasponder e utilizzarlo per tracciare traiettorie, costruire grafici e rendere spettacolari i replay, ma i primi problemi emergono presto. A differenza del Firepuck di Klassen il Glow Puck non ha problemi di stabilità e di peso (anche se molti giocatori hanno notato una capacità di rimbalzo inferiore) ma semmai di autonomia, dato che la batteria interna ha una capacità che va dai 12 ai 18 minuti e il costo di produzione si assesta a circa 50 dollari al pezzo.

Più di una volta inoltre il disco della Fox si dimostra fragile, guastandosi durante la partita o addirittura rischiando di perdere pezzi sul ghiaccio. I test del FoxTrax terminano alla fine degli anni 90, con l’ultimo utilizzo in Gara 1 della finale di Stanley Cup del 1998 tra i Detroit Red Wings e i Washington Capitals, con dispiacere della Fox ma con pochissimi rimpianti dall’ambiente della NHL che non ha mai approvato del tutto quell’idea troppo complicata e “snaturata”.

In parallelo il Firepuck del signor Klassen vede il suo primo utilizzo ufficiale per due partite di ECHL e per il suo stesso All-Star Game, con le varie prove continuate a singhiozzo fino al 1997. A ogni test però il disco di Klassen trova riscontri negativi da parte dei giocatori e degli addetti video, l’inserimento dei catarifrangenti lo aveva reso troppo leggero ed in più le leghe nordamericane per via dei diritti d’immagine e per la regolamentazione del puck stesso dovevano imprimere il logo di certificazione su una superficie piatta della struttura di gomma del disco e non sui lati che erano più soggetti all’usura o su parti esterne.

Klassen dovette rivedere la struttura dotandolo di un solo catarifrangente, il che sbilanciava ancora di più il disco rendendolo incontrollabile su ghiaccio usurato e imprimendogli strane traiettorie in volo facendo impazzire i portieri.

Non da ultimo, l’esperimento del fanale sulla videocamera non prometteva bene, non sempre il disco era inquadrato alla perfezione o dal lato giusto e il raggio di luce scorreva sul ghiaccio in ritardo rispetto al gioco, disturbando i giocatori e rendendo la visione in tv decisamente problematica, con l’effetto “videogame” decisamente poco riuscito.

Troppo tempo per perfezionare un prodotto – in questo caso quasi dieci anni – a volte è sinonimo di fallimento e il progetto Firepuck viene definitivamente accantonato nell’estate del 1997, nemmeno un anno prima che venga messo in pensione anche il più tecnologico sistema FoxTrax. Se il progetto del signor Klassen è stato accantonato senza troppi strascichi, il FoxTrax ha unito diversi giornalisti e televisioni nel denigrarlo o deriderlo, descrivendolo come un prodotto per tifosi occasionali o come promozione della serie Power Rangers (guarda caso trasmessa dalla Fox) anche se tra il pubblico ha ricevuto critiche molto divise ed ha comunque tracciato la via per i puck di ultima generazione dotati di microchip.

Oggi pochissimi esemplari di Firepuck o di Glow Puck sono in mano a dei collezionisti (esistono una decina di Firepuck e non molti di più Glow Puck, non tutti andati sul mercato) ed è bastato pazientare qualche altro anno perché la tecnologia venisse incontro ai telespettatori con la televisione in HD che ha messo d’accordo tutti.  Con buona pace dell’intraprendente Signor Donald Klassen e soprattutto della Fox e di Rupert Murdoch.

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