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Ambrì Piotta

Lerg: “La NLA è sempre stata un mio obiettivo, ad Ambrì per essere un esempio da seguire”

Lo statunitense, reduce da due anni in SHL, in Leventina tornerà ad essere un centro a tempo pieno: “Sono un giocatore versatile ed è eccitante poter tornare a rivestire un ruolo in cui mi sento a mio agio sul ghiaccio”

L’Ambrì Piotta è finalmente completo. Dopo le partenze di Cory Emmerton e Jeff Taffe, i biancoblù erano alla ricerca della pedina da posizionare nel fondamentale ruolo di primo centro, compito che per il prossimo campionato verrà affidato al 32enne statunitense Bryan Lerg.

In arrivo dalla formazione svedese del Rögle – con cui ha ottenuto 65 punti sull’arco di 108 partite – Lerg ha messo la firma su un contratto di un anno, che prevede un’opzione a favore del club per un’eventuale seconda stagione.

“Sono sempre stato interessato alla possibilità di giocare nel campionato svizzero, e quando decisi di lasciare il Nordamerica per tentare l’avventura in Europa mi sono posto tra i miei obiettivi quello di riuscire ad arrivare in NLA”, ci spiega il nuovo attaccante leventinese al telefono. “Dopo due buone stagioni in Svezia avevo la speranza di vedersi aprire alcune porte, ed in questo senso Ambrì mi è subito sembrata una soluzione ideale per me… Ho sentito solo cose molto positive sul club ed in particolare sui suoi fans, che mi dicono essere davvero incredibili. Non vedo l’ora di mettermi al lavoro e giocare per loro”.

© Bildbryan

Bryan Lerg, arrivi ad Ambrì in un momento particolare, nel secondo anno di una fase di ricostruzione sportiva… Hai già discusso il ruolo che ti verrà affidato?
“L’aspetto principale è quello della leadership, arriverò in una squadra con diversi giovani e alla mia età voglio essere un esempio da seguire. Ogni volta che scendo sul ghiaccio lo faccio con tante emozioni, voglio portare alla squadra la mia competitività e fare bene le piccole cose quotidiane. Mi piace poter mostrare ai ragazzi più giovani cosa significa essere un giocatore professionista e metterò loro a disposizione quello che ho imparato nel corso della mia carriera. Non devo però dimenticare di essere uno dei quattro stranieri, dunque tra i miei compiti c’è anche quello di produrre gol, assist ed aiutare la squadra in tutti i modi possibili”.

Solitamente il mondo dell’hockey è molto piccolo… Hai contattato qualche giocatore passato da Ambrì prima di accettare l’offerta del club?
“Sì, ho sentito poco tempo fa Cory Emmerton, ci conosciamo perchè siamo cresciuti nella stessa zona e dunque ne ho approfittato per fargli alcune domande. Ho inoltre una bella amicizia con Adam Hall, abbiamo giocato entrambi per la Michigan State University, anche se lui ha qualche anno in più e dunque non siamo mai scesi in pista assieme… Un paio di giorni fa abbiamo avuto una lunga conversazione e mi hanno colpito le belle parole che ha speso per il club biancoblù”.

Come descriveresti il tuo gioco? Hai dovuto fare dei cambiamenti quando sei passato dallo stile nordamericano a quello europeo?
“Vedo me stesso più come un tiratore e meno come un playmaker, ma in passato ho vissuto anche stagioni in cui ho ottenuto più assist che gol, dunque posso contribuire su entrambi i fronti. Sono un attaccante efficace in powerplay, ed in Svezia ho fatto di questo una delle chiavi del mio gioco ottenendo buoni risultati. Complessivamente sono un attaccante che porta tanta energia in pista, non sono tra i giocatori più grossi fisicamente ma non ho mai avuto paura di nessuno e con il mio stile voglio essere una spina nel fianco degli avversari. In Europa posso inoltre sfruttare le piste più grandi per usare le mie abilità – anche se la SHL si è rivelata una lega più difensiva di quello che mi aspettavo – ed in questo senso credo mi troverò bene in Svizzera, dove è molto importante il gioco in transizione”.

Negli ultimi anni hai giocato all’ala… Come vedi la prospettiva di tornare al centro e di farlo in un ruolo fondamentale come quello che ti aspetta ad Ambrì?
“Questo è un argomento di cui ho parlato a lungo con Paolo Duca. La situazione al Rögle nel corso degli ultimi due anni era particolare, avevamo tanti centri nella rosa e dunque sono stato impiegato all’ala per la maggior parte del tempo. Ho però passato la mia intera carriera ad intercalarmi tra le due posizioni, e ci sono stati momenti in cui ho giocato a lungo al centro, ad esempio nei miei periodi a San Jose oppure Cleveland. Mi sono sempre considerato un attaccante versatile, e questo per i coach può essere interessante perché sono pronto a dare una mano in ogni situazione. Pensando ad Ambrì è eccitante sapere di poter rivestire con costanza il ruolo di centro, è una posizione sul ghiaccio in cui mi sento a mio agio”.

In carriera sei stato il capitano di diverse squadre, contribuendo anche in maniera importante alla comunità attorno ai club… Cosa significa per te essere un leader?
“Ho sempre voluto essere un esempio da seguire, sia sul ghiaccio che fuori. Mi piace stare con i ragazzi più giovani, mostrando loro l’importanza di dare quel qualcosa in più che fa la differenza… Credo che questa mia attitudine derivi dal fatto di non essere mai stato il giocatore fisicamente più imponente della squadra, dunque ho dovuto trovare altre risorse per farmi valere e questo mi porta a dare sempre tutto. Quando vedi un tuo compagno comportarsi così, si genera una sorta di spirale e l’intera squadra ne beneficia trovando più energia. Questo tipo di esperienza l’ho vissuta in particolare in quegli anni in cui ero capitano in AHL, in squadre in cui c’erano talmente tanti giovani che a volte mi sembrava di essere un babysitter (ride, ndr). Quando vedi i tuoi compagni crescere ti senti orgoglioso, ed ora alcuni di loro giocano in NHL”.

In Svizzera hai già avuto una breve esperienza a Ginevra anni fa…
“In quell’occasione avevo potuto giocare una decina di partite durante il preseason, mentre una volta iniziato il campionato sono potuto scendere in pista solamente per una sfida in casa del Kloten. Il club aveva poi deciso di prendere una direzione diversa mettendo sotto contratto Richard Park, ma è stata comunque un’esperienza interessante che mi ha fatto immediatamente inserire la lega svizzera nella “wish list” per il futuro… Ero naturalmente molto giovane ed il mio obiettivo era quello di guadagnarmi un posto in NHL, ma sapevo che se questo non fosse successo la NLA sarebbe immediatamente diventata una delle mie principali ambizioni”.

Avevi debuttato in NHL nel 2015 contro gli Edmonton Oilers, la squadra con cui avevi firmato il tuo primo contratto NHL… In quell’occasione eri riuscito a segnare il tuo unico gol nella lega, cosa ricordi?
“Ho giocato quella partita nella quarta linea dei San Jose Sharks in compagnia di John Scott. Mi ricordo che, con soli sei minuti da giocare in una partita con il risultato in parità, ci siamo detti che avremmo fatto meglio ad iniziare a slacciare i pattini, perchè sicuramente non saremmo più stati mandati in pista. Ad un paio di minuti dalla fine coach Todd McLellan ha invece chiamato il mio nome e mi ha spedito sul ghiaccio al fianco di Couture e Marleau, ed un solo cambio con loro mi ha permesso di mettere la firma sul gol che ha deciso la partita. È stato un momento talmente eccitante che per certi versi fatico a ricordarlo con chiarezza, per fortuna ho conservato il video! (ride, ndr). Giocare nella NHL è stato un sogno che si è realizzato, reso speciale dall’aver segnato nella mia prima partita all’età di 29 anni”.



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