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Interviste

Albert Malgin si racconta: “Denis era un leader già da bambino, ma pure Dimitri aveva talento”

Arrivato in Svizzera a inizio anni Novanta, ha firmato oltre 800 punti in NLB ed oggi allena il Seewen: “Dal profilo umano sto imparando tanto. Il ritorno in NHL di Denis? Toronto è un club interessante, spero riceva fiducia”

© Casper Thiriet

SEEWEN – Albert Malgin, classe 1966, è stato il classico straniero fromboliere della nostra lega cadetta. In 13 stagioni, dal 1993 al 2006, ha disputato 519 partite totalizzando 824 punti (362 reti) con le maglie di Olten, Coira, Bienne, Ajoie e Langenthal. Nella stagione 2003 fu pure il capocannoniere. Chiuse la carriera disputando un ultimo match nella stagione 2007-2008 a Bienne, quando già fungeva da assistente allenatore. Padre del famoso Denis e di Dimitri, il 55enne allena oggi il Seewen in MyHockey League.

Signor Malgin, ha avuto una grande carriera alle nostre latitudini, che ricordi ha?
“Non penso francamente di averla avuta, non è stata incredibile… È stata buona diciamo, una carriera normale. Ho sicuramente raccolto un po’ di punti, quello sì, ma nulla di fuori dal comune”.

Le è mancato forse un titolo per poterla definire tale?
“Vinsi il campionato sloveno l’anno prima di trasferirmi qui, fu l’unico successo della mia carriera, in Svizzera purtroppo non conquistai mai nulla da giocatore. Non ho sempre avuto la fortuna necessaria. Giocare nella massima divisione? Ebbi anche qualche contatto con Davos e Kloten, ma gli affari non andarono in porto, anche a causa del mio agente”.

Twitter | @Persbestli

Al termine della sua carriera ha praticamente fatto di tutto, prevalentemente in Swiss League e in MySports League (ora MyHockey League): assistente allenatore, coach, direttore sportivo…
“In questo ambito qualche trofeo l’ho conquistato. In qualità di assistente raggiunsi la promozione in NL con il Bienne e con il Martigny la promozione in NLB. Io preferisco fare l’allenatore, mi piace come mansione. Nella categoria inferiore non tutti i club possono permettersi di avere sia un coach che un direttore sportivo, quindi a volte si affida un doppio ruolo. In fin dei conti le due posizioni però non è che si discostino poi chissà quanto, entrambi sono legati l’uno con l’altro. Un allenatore e un direttore sportivo devono assolutamente lavorare a stretto contatto, decidersi come muoversi sul mercato e allestire le strategie insieme”.

A Seewen in MyHockey League non allena dei professionisti, è tutto più complicato?
“Non direi. Certo, bisogna essere estremamente flessibili. I giocatori frequentano scuole, lavorano al 100%, sono a volte evidentemente stanchi. Quando alleni dei professionisti in Swiss League ad esempio è tutta un’altra cosa, ma è veramente interessante svolgere questo lavoro con ragazzi che sfruttano il loro tempo libero. In qualità di allenatore da questo punto di vista e dal profilo umano sto imparando tante cose. Ho avuto qualche possibilità di eventualmente tornare ad allenare in una categoria più alta però non se n’è fatto nulla. Fa niente, a me piace allenare il Seewen, questo club mi aggrada molto”.

Com’era come padre? Scuola e formazione avevano la precedenza rispetto all’hockey?
“In famiglia abbiamo sempre provato a forgiare entrambe le attività, anche perché i nostri figli avevano talento con i pattini ai piedi. Non è sempre stato semplice conciliare le due cose. Diciamo che mia moglie si occupava maggiormente dell’aspetto educativo, io di quello hockeistico”.

© Red Ice Martigny

Ha allenato suo figlio Dimitri a Martigny in LNB, una costellazione particolare…
“Dimitri aveva molta più pressione rispetto al resto dei suoi compagni. È sempre così, da tuo figlio pretendi di più che dagli altri. Nel complesso andò bene, non ci furono difficoltà particolari, Dimitri era un buon giocatore e si applicava sempre”

Dimitri ha disputato oltre 400 partite in NLB, una carriera di sicuro rispetto, ma niente se paragonata a quella che sta costruendo il figlio minore Denis. Quando si è accorto del talento fuori dalla norma di quest’ultimo?
“Dapprima una premessa, anche Dimitri era talentuoso, purtroppo ha avuto due gravi infortuni quando ancora militava nelle giovanili. Credo che ciò lo abbia frenato, per questo motivo non è riuscito ad arrivare più in alto. Riguardo a Denis, beh, già da piccolino si vedevano le sue capacità, era più forte di tutti gli altri. In qualsiasi categoria giocava sempre con i ragazzi più vecchi di lui. Accadeva a Bienne, a Olten e pure a Zurigo”.

Che bambino era Denis?
“Normalissimo, come tanti altri. Era spesso fuori a giocare, era molto aperto con i suoi amici e il suo entourage, ma non con tutti. Con chi non conosceva era logicamente più chiuso”.

Denis ha 9 anni in meno rispetto a Dimitri, giocavano insieme nel tempo libero o la differenza di età era semplicemente troppo grande?
“Sul ghiaccio in una squadra evidentemente non hanno mai giocato insieme, ma nei campi e sulla strada sì. Dimitri portava spesso con sé il fratellino, a volte Denis veniva messo in porta. Credo che abbia imparato parecchio da suo fratello maggiore”.

Dà dei consigli a Denis inerenti all’hockey, oppure adesso fa “solo” il padre e non si occupa più dell’aspetto agonistico? A tavola in famiglia l’hockey è l’argomento numero 1?
“No, ci sono altri temi, il disco su ghiaccio non viene al primo posto, anche se è parte integrante della nostra famiglia. Discutiamo ancora delle partite e in generale di tutto ciò legato alla sua professione. Naturalmente ha i suoi allenatori, il suo agente, ecc. ma a volte vuole sentire anche la mia opinione. Poi ovviamente alla fine è lui a decidere cosa sia la cosa giusta”.

Denis riproverà l’avventura in NHL, è fiducioso?
“Sono contento che ritenti, Toronto è una franchigia molto interessante e con una mentalità canadese. Trovo che già durante la sua prima parentesi nordamericana non aveva fatto male, giocò bene, ma a Florida non c’era molta stabilità all’interno della società, c’erano spesso dei cambiamenti a livello di staff. Denis è reduce da due ottime stagioni in Svizzera, ha ricoperto il ruolo di leader, come in passato, già da bambino lo era. Vedremo cosa accadrà, di sicuro non sarà semplice imporsi. Spero che riceverà una vera chance, che gli si dia fiducia e pazienza. Questi due ultimi criteri sono importantissimi, qualsiasi allenatore dovrebbe avere questa caratteristiche nel suo DNA”.

A 25 anni anni Denis è nel pieno della sua carriera, mentre Dimitri a 34 anni è ormai giunto praticamente alla fine del suo cammino agonistico. Attualmente gioca ancora in Prima Lega nei Pikes OberThurgau, diventerà anche lui allenatore?
“Non penso. Lavora al 100% ed è immerso dunque completamente in un altro campo che lo occupa molto. Se si vuole diventare allenatore bisogna investire tanto tempo al fine di ottenere i vari diplomi, non credo dunque che intraprenderà questa strada in futuro”.

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