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Ambrì Piotta

L’Ambrì è uscito da una stagione difficile con delle basi più solide, ora sa di poter costruire

Gli innesti svizzeri hanno dato delle ottime risposte, e rappresentano uno step avanti importante. Gli stranieri hanno deluso ma con il solo Chlapik sotto contratto c’è spazio di manovra per costruire una rosa più completa

L’intenso e convincente finale di stagione ha rappresentato un punto esclamativo di cui l’Ambrì Piotta aveva bisogno. Centrando l’obiettivo stagionale dei pre-playoff con una rimonta clamorosa, e poi affrontando con coraggio e compattezza la serie contro un Losanna sulla carta molto più attrezzato, la squadra di Cereda ha ribadito che i valori su cui è impostato il lavoro sono quelli giusti.

Ritrovatisi in una situazione disperata i biancoblù si sono compattati e con la forza del collettivo hanno finalmente raccolto quei risultati rimasti per mesi in “stand-by”, con l’innesto di Juvonen che ha rappresentato la scintilla fondamentale per ritrovare la fiducia nei propri mezzi. Tutta la squadra è tornata a crederci un po’ di più e, tra una parata e l’altra del finlandese, si è visto un Ambrì capace di esprimersi con intensità e sacrificio, giocando così il suo miglior hockey proprio nel momento di maggiore difficoltà anche a livello di assenze.

La stagione è stata sicuramente di quelle particolari, con il trasferimento nella Gottardo Arena che è stato un pieno successo – oltre 6’000 spettatori di media, cifra che di fatto rappresenta un risultato storico – nonostante i risultati abbiano subìto una brusca frenata dopo un inizio decisamente promettente.

Dopo 20 partite disputate l’Ambrì era infatti sulla strada giusta, con 1.45 punti ottenuti ad incontro ed una posizione di metà classifica che aveva permesso di arrivare alla prima pausa con un certo ottimismo. Gli innesti di Pestoni, Bürgler e Heim si sono rivelati subito azzeccati e già a fine ottobre erano i trascinatori ed i migliori marcatori della squadra (19 reti complessive, oltre un terzo di quelle totali), ma d’altro canto i dubbi sugli stranieri sono diventati sempre più concreti. McMillan è stato coerente con il suo profilo ed ha assicurato tanta energia e qualche punto qua e là, ma l’impatto di Regin, Hietanen e Kozun ha iniziato sempre più a preoccupare.

La situazione sostanzialmente non è mai cambiata, ed alla fine l’Ambrì dai suoi stranieri ha ricevuto appena 28 gol, il che li rende i peggiori della lega con solamente il 21% sul totale delle reti e un distacco di 16 segnature su quelli di Ajoie e Bienne. L’intento evidenziato al termine della passata stagione di avere una mano in più dai giocatori d’importazione non è insomma riuscito, con nessun nome biancoblù nelle prime 40 posizioni nella lista dei marcatori stranieri. Per gli svizzeri la situazione è ben diversa, con due nella top dieci di lega (Pestoni e Bürgler), e quattro nei primi 25 (si aggiungono Heim e Zwerger).

Queste sono naturalmente delle considerazioni fatte a priori, perché sulla carta il mercato operato da Paolo Duca era promettente, con soprattutto Kozun che aveva tutte le caratteristiche per avere un buon impatto. Da Regin e Hietanen non ci si attendevano valanghe di punti ma gli argomenti di voler aggiungere esperienza e leadership al gruppo erano sensati, ma alla fine nessuno dei tre ha avuto l’impatto sperato. McMillan ha invece rappresentato un valore aggiunto nonostante fosse arrivato in extremis, mentre da D’Agostini non ci si poteva aspettare più dell’impegno e del cuore che il canadese ha messo nel suo improbabile tentativo di rientro da un grave infortunio.

Normale quindi che con il passare delle partite le lacune del roster presentassero il loro conto, e nel momento in cui i principali attori svizzeri hanno avuto un comprensibile calo di forma, all’Ambrì non sono rimasti più molti argomenti sul fronte offensivo. I leventinesi hanno pagato caro i mesi di novembre e dicembre, quando sono arrivati solamente 10 punti in 13 partite (0.77 ad incontro), ed anche i segnali di ripresa visti in gennaio (10 punti in 9 incontri) non hanno rappresentato un vero nuovo slancio.

Bisogna però anche avere l’onestà di astrarre i risultati dal gioco visto sul ghiaccio, e ricordare che ben raramente l’Ambrì ha perso contatto con gli avversari. Salvo rarissime eccezioni i biancoblù hanno infatti sempre fornito delle buone prestazioni collettive, giocando partite equilibrate e spesso perse per una rete, ritrovandosi con il rammarico di non aver sfruttato questa piuttosto che quell’altra occasione. Nelle 55 partite disputate la squadra ha passato il 70% del tempo in vantaggio o sul punteggio di parità, e questo rappresenta il miglior dato dall’arrivo di Cereda pareggiando quello ottenuto nella stagione segnata da Kubalik.

All’Ambrì non è mai mancato il gioco – come volevano far credere alcuni – tanto che per quanto macinato sul ghiaccio i leventinesi hanno chiuso al sesto posto per punti attesi (1.62 xPTS/GP, contro gli 1.27 effettivamente ottenuti), hanno delle statistiche nella media di lega per tiri fatti e subiti, e sono stati la terza miglior squadra nel costringere gli avversari al fallo (3.71 opportunità di superiorità ad incontro, solo Ginevra e Zugo hanno fatto meglio).

Meno brillanti invece i dati di entrata ed uscita dalla zona, così come quelli relativi al forecheck (per un approfondimento rimandiamo alle statistiche di NLIcedata.com), numeri che hanno subìto anche loro una chiara flessione dopo un buon inizio.

Uno dei grandi temi della stagione è stato chiaramente il powerplay, il peggiore della lega con il 13.47% di riuscita ed anche nettamente il meno efficace degli ultimi cinque anni. Anche in questo caso l’impatto maggiore l’hanno avuto Bürgler, Pestoni e Heim (24 punti primari, 32 complessivi), ma senza l’impatto degli stranieri l’esercizio diventa molto difficile (tolti i 4 punti di McMillan, rimangono appena 6 punti primari tra Kozun, Regin, D’Agostini e Hietanen!). La mancanza di un vero tiratore ha poi reso il powerplay meno pericoloso e molto basato su conclusioni dalla blu e lotta per deviazioni e rebound, ed una differenza la si è già vista in quelle poche partite in cui si è potuto contare su Conacher.

Con un solo straniero ora sotto contratto (Chlapik, che a 24 anni ha chiuso la stagione da top scorer della lega ceca con 31 gol e 70 punti in 53 partite) Duca avrà la possibilità di completare al meglio la squadra, soprattutto considerando il probabile innalzamento a sei stranieri – il che dovrebbe permettere di sopperire anche alla partenza di Fora – e ad un mercato molto più corposo considerando la situazione in KHL.

La strategia promette in questo senso di cambiare, con un Ambrì più orientato a stranieri giovani e con quell’energia indispensabile per attuare il gioco di Cereda. Chi verrà da fuori sarà fondamentale per risolvere alcune criticità che erano già presenti un anno fa, tra cui la scarsa percentuale al tiro (la penultima con l’8.11%), gli ingaggi (peggiori di lega con il 46%) e la capacità di sfruttare con freddezza le occasioni. I biancoblù hanno trovato la loro forza nel gruppo ma mancano sempre di uno o più game changer, quei giocatori che hanno l’abilità di cambiare con una giocata la partita.

Dopo il primo anno nella Gottardo Arena le fondamenta dell’Ambrì Piotta sono però molto più solide, perché se dal punto di vista degli stranieri la squadra ha bisogno di un colpo di spugna – McMillan sembra l’unico a poter entrare nel discorso rinnovo, oltre a Juvonen la cui situazione è però più complicata – la rosa svizzera ha fatto grandi passi avanti e gli innesti sono stati tutti azzeccati.

Pestoni, Heim, Burren e Bürgler hanno tutti giocato un’ottima stagione (per i primi tre addirittura la migliore in carriera), ed assieme al rinnovo di Zwerger – da cui ci si attende però maggiore continuità – rappresentano un ottimo “core” per il futuro. È insomma meglio avere una buona base svizzera e ritrovarsi con il grattacapo degli stranieri, piuttosto che il contrario (vedasi la situazione del Langnau), anche perché fare un netto passo avanti come quello operato dall’Ambrì senza avere il budget per partecipare alle varie aste per accaparrarsi gli svizzeri migliori non è cosa scontata.

Si chiude il cerchio con i portieri, che sono diventati un reparto perlomeno delicato. Conz rimane un titolare nella media ma fisicamente si è confermato un’incognita, tanto che sommando le ultime tre stagioni ha giocato appena 61 partite, 26 in quella appena passata. Ciaccio ha disputato un campionato discreto, ma nel finale ha trasmesso poca sicurezza ed è di fatto stato accantonato, ed i segnali puntano verso una sua partenza.

Con l’aumento degli stranieri, l’ottima esperienza vissuta con Juvonen ed un mercato svizzero che ad oggi non sembra offrire la possibilità di trovare un’alternativa solida a Conz, sicuramente la strada che porta ad un portiere d’importazione può essere interessante, soprattutto nell’ottica di continuare con una gestione del reparto che intercala i portieri con dei ruoli sostanzialmente 1A/1B.

L’Ambrì Piotta ha insomma tanto da lavorare e diversi nodi da sciogliere, ma può farlo con delle basi che sono più solide di un anno fa. La rosa svizzera è di buona fattura, la nuova pista è realtà, la squadra è sempre stata con l’allenatore ed al gioco è spesso mancata solo la scintilla decisiva per fare quello step vicinissimo ma al contempo lontano.

I biancoblù nel comporre il loro puzzle hanno messo sul tavolo i bordi, ora vanno trovati i pezzi centrali.

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