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Interviste

Deluca: “Punto a un ruolo chiave nei Rockets, torno in Ticino con le stesse ambizioni”

L’italiano arriverà a Bellinzona dopo un periodo nel suo Fassa: “Ho lavorato per le attività di famiglia ed è stato bello, ma ciò che mi piace è giocare a hockey. Spero di migliorarmi ed arrivare a disputare il Mondiale”

Stephan Deluca è pronto a ripartire. L’ex attaccante dei Ticino Rockets, dopo una parentesi nella sua Val di Fassa (piazza storica per l’hockey italiano dove nei primi anni Novanta a dominare la scena c’erano l’ex bianconero Petr Rosol e il compianto Dusan Pasek, ex Lugano ed Ambrì) è motivato e affamato per aiutare il nuovo corso dei Bellinzona Rockets.

Stephan, possiamo dirti “bentornato a casa”, oppure stiamo esagerando?
“Ti dirò, la Val di Fassa è la mia unica vera casa, ma anche a Biasca rispettivamente in Ticino mi sono trovato benissimo durante il mio primo passaggio. Dopo cinque anni trascorsi a Bienne ero tornato in una regione dove si parlava la mia lingua. Inoltre abitavo a Malvaglia, un piccolo paesino che quindi mi ricordava un po’ le mie radici, un altro mondo rispetto alla grande città bernese”.

Il nostro primo incontro avvenne otto anni fa. A quei tempi avevi 15 anni, dovetti dunque chiedere al tuo babbo Daniele il permesso per intervistarti. Avevi appena lasciato l’Italia per intraprendere la tua avventura elvetica. Cosa è rimasto di quel ragazzino alle prime armi che si recava in bicicletta alla Tissot Arena?
“Sicuramente è restata l’ambizione. Quella c’è ancora, altrimenti non avrei fatto questa scelta di tornare a giocare in Svizzera. Per il resto penso di essere maturato, però mi vedrai ancora pure a Bellinzona arrivare alla pista di ghiaccio in bici, da questo lato non sono cambiato”.

Sei reduce da due anni in Italia, come mai questa scelta di tornare nel tuo paese nativo?
“Dopo la seconda stagione nei Ticino Rockets non avevo più sbocchi in Svizzera. Ho quindi militato un anno a Brunico, a tratti avevo parecchio ghiaccio, ma spesso giocavo poco ed era frustrante. Ho così sentito il bisogno di tornare a casa. Sapevo che qui se mi fossi meritato la chance di giocare molto l’avrei ricevuta e avrei potuto giostrare al fianco dei miei amici di sempre ed essere con la mia famiglia. Insomma una sorta di passo indietro per poi farne due in avanti. Per me giocare nel Fassa rappresentava un rilancio, la mia intenzione era poi appunto quella di tornare in Svizzera”.

E durante questo periodo non ti sei limitato solo al disco su ghiaccio…
“Esatto, ho lavorato nelle attività di famiglia. L’estate l’ho trascorsa prevalentemente presso il ristorante della mamma in qualità di cameriere. Servivo principalmente i pranzi, mentre al pomeriggio mi occupavo del bar. In questo modo mia mamma poteva riposarsi un pochettino. In inverno invece ho lavorato nell’albergo dei nonni, ubicato più vicino alla pista di hockey. Li sono stato praticamente sempre alla reception”.

Sicuramente esperienze utili, ti sono piaciute?
“La parte più bella, oltre a vedere i clienti contenti, è stata nel captare la gioia di mio papà, mia mamma e dei nonni, grati dell’aiuto. Inoltre la Val di Fassa vive di turismo e quindi imparare un po’ la vita da albergatore non fa male, anzi. Ho però capito ulteriormente che la cosa che mi piace fare di più nella vita è giocare all’hockey (Stephan ride ndr)”.

(Fassa Falcons)

I tuoi cari non si sono opposti a questo tuo nuovo trasferimento in Svizzera, vedendosi privati di un valido aiutante?
“No, al contrario, mi hanno supportato. Loro sanno quello che io provo nel praticare l’hockey, capiscono che è la mia strada e pure loro pensano che attualmente sia la via migliore per me”.

Cosa ti aspetti dunque da questa stagione con i Bellinzona Rockets?
“A livello di squadra mi attendo un team che dovrà combattere per ogni punto, questo fatto penso ci porterà a essere un gruppo tenace, combattivo e pieno di carattere. Personalmente al Fassa ho imparato a essere un po’ un leader anche tra gli adulti, mi piace avere responsabilità, voglio portare un po’ della mia esperienza e riuscire a conquistare un posto importante all’interno della squadra”.

Con chi hai parlato per approdare ai Rockets?
“Ho discusso esclusivamente con Diego Scandella, lo avevo incontrato ad aprile al raduno premondiale della Nazionale”.

Già la Nazionale… Hai disputato sei amichevoli la stagione scorsa, nella precedente eri anche stato convocato più volte, ma finora non sei ancora riuscito ad arrivare sino al Mondiale…
“È certamente un obiettivo. Quando la Nazionale italiana mi chiama è sempre un piacere. Già qualche mese fa ero appunto nella rosa allargata, purtroppo è andata com’è andata e non ho superato la scrematura. Spero di riuscire a migliorarmi al fine appunto di poter disputare una rassegna iridata”.

(HC Pustertal)

Settimana scorsa hai disputato con gli azzurri il camp estivo, com’è avere una leggenda come Mike Keenan in qualità di coach?
“Certo che un po’ ci pensi quando te lo vedi lì davanti a te. Sta dicendo queste cose a te, cose che prima ha detto a chissà che star di NHL, stelle quasi innominabili, fa un certo effetto. Ha aiutato a migliorare campionissimi. Lo osservi e speri che faccia un miracolo con te in un certo senso”.

Keenan ha la fama di essere uno durissimo, è ancora così o l’età l’ha ammorbidito?
“Per quanto io abbia visto, quando c’è da ridere o scherzare non ha il pugno d’acciaio, ma quando sei sul ghiaccio e fai una cazzata, lì si che viene fuori il sergente di ferro”.

In generale l’hockey italiano nonostante le difficoltà riesce sempre a sfornare qualche talento, ad esempio il 18enne portiere Damian Clara è stato draftato al secondo round da Anaheim… Non male considerando tutte le difficoltà del movimento?
“Qualche gemma effettivamente sta uscendo. È un bel segnale, ci sono parecchi giovani che emigrano all’estero, non solo in Svizzera ma anche in Austria nel Salisburgo, oppure oltreoceano, come ad esempio Alessandro Segafredo o Tommy Purdeller”.

Un altro tuo connazionale, nonché quasi omonimo, è Tommaso De Luca, il centro dell’Ambrì. In tanti sono curiosi di vederlo all’opera…
“Non lo conosco personalmente, non ci siamo mai incontrati, ma conosco invece abbastanza bene suo papà Paolo. Era stato presente a un camp della Nazionale U16, era una delle mie prime volte con la maglia azzurra e mi aveva lasciato un gran bel ricordo. Spero per Tommaso e per tutti gli altri giovani italiani che riescano a fare strada e diventare fortissimi. C’è bisogno di qualche star per riaccendere un po’ il nostro movimento hockeistico”.

E chissà che ad aiutare a riaccendere l’hockey azzurro non ci sia anche Stephan Deluca in un futuro imminente. Noi glielo auguriamo di cuore.

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