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Lugano

Il Lugano si rialza, inferto un duro colpo al morale del Bienne

I bianconeri completano una brutale rimonta segnando 4 reti in 13′ e portano la serie sul 2-1. Decisivi gli special team, 3 reti in power play e una in shorthand

Il Lugano si rialza, inferto un duro colpo al morale del Bienne

BIENNE – LUGANO

3-6

(2-0, 1-4, 0-2)

Reti: 4’38 Lüthi (Dufner, Diem) 1-0, 14’13 Pouliot (Neuenschwander, Rajala) 2-0, 25’38 Lüthi 3-0, 26’57 Reuille (Wellinger, Sannitz) 3-1, 35’35 Sanguinetti (Cunti, Lajunen) 3-2, 38’18 Hofmann (Vauclair, Sannitz) 3-3, 39’18 Fazzini (Furrer, Hofmann) 3-4, 58’16 Lapierre (Sanguinetti) 3-5, 59’57 Lajunen 3-6

Note: Tissot Arena, 6’521 spettatori. Arbitri Eichmann, Hebeisen; Obwegeser, Kovacs
Penalità: Bienne 4×2′ + 1×5′ + 1×20′ (Earl), Lugano 7×2′ + 1×10′

BIENNE – Più si sta in alto, più ci si fa male quando si cade. Il Lugano spera di aver inferto molto dolore al Bienne, dopo averlo tirato giù dalla nuvola su cui si era comodamente appollaiato fino al 26′ di Gara 3.

Fino a quel momento nemmeno l’attesissimo ritorno di Lajunen tra le fila bianconere sembrava avere alcun effetto contro dei Seeländer, come al solito sicuri di loro stessi fino all’esasperazione, nemmeno dopo quel buon inizio di partita nel quale il Lugano aveva dimostrato di essere andato alla Tissot Arena a giocarsela con rabbia.

Dalla rabbia alla frustrazione il passo è però breve, e senza nemmeno strafare – facendo semplicemente quello che al Bienne riesce meglio, ossia giocare disciplinato e con enorme grinta – gli ospiti si sono trovati sotto per 2-0 dopo un tempo di gioco. La frustrazione è quella di una squadra che ci prova, che sbatte contro un muro di gomma e che sembra non credere più nei propri mezzi fino in fondo, l’esatto contrario di chi sta sull’altro fronte e che, con una girandola di veloci passaggi tipici solo di chi sa che riuscirà in tutto quello che vuole fare, va a trovare il 3-0 pesante quanto un macigno.

Sembrava non ci fosse nulla da fare, assomigliava troppo al solito copione visto innumerevoli volte sulla pista dei giallorossi e sembrava ci si potesse avviare verso una nuova imbarcata bianconera come in Gara 1. Sembrava, solo questo.

C’è chi non ci stava ad accettare questo, quegli uomini che di battaglie quasi perse ne hanno vinte diverse nella loro carriera e allora il Lugano è stato caricato in spalla da questi uomini, che di nome fanno Raffaele Sannitz e Sebastien Reuille.

Il primo ha tirato fuori tutta la sua calma e la visione di gioco per preparare al meglio l’azione, il secondo è andato a bucare Jonas Hiller in shorthand, rivolgendo la propria rabbiosa esultanza alla panchina, il segnale che qualcuno aspettava.

Da quel momento qualcosa è cambiato nel Lugano, nel Bienne e logicamente nella partita, forse anche nella serie a questo punto. I bianconeri hanno iniziato a macinare ghiaccio, a dare colpi da playoff e a scalfire l’innata fiducia dei Seeländer riuscendo finalmente a vincere i duelli individuali e ad avere dalla propria parte i rimbalzi (la famosa puck-luck) mentre Micflikier e compagni hanno cominciato a spellarsi i nervi arrivati a fior di pelle.

Il fallo di Earl su Wellinger, costato 5′ e penalità di partita all’americano ha fatto il resto, spianando la via del power play bianconero, micidiale e spietato, come non lo era da tempo immemore.

Impressionante da quei momenti vedere la determinazione, la rabbia e la voglia di prendere in mano il match da parte dei ragazzi di Ireland, proporzionali al timore e al nervosismo sempre più latenti tra le maglie di casa. Altre tre reti, infilate con tre botte dai tiratori ritrovati, Sanguinetti, Hofmann e Fazzini, quest’ultimo a pochi secondi dalla seconda sirena. Tre macigni pesantissimi sul morale del Bienne.

Che quelle reti avevano ormai inaugurato un nuovo match lo si è visto nel terzo tempo, con il Bienne più legnoso e non più capace di far male saltando di netto la zona neutra, e il Lugano a gestire il risultato con una ritrovata autorità.

Quell’autorità riportata in pista non a caso anche da Lajunen, indispensabile nello slot, impressionante nella gestione del disco e nell’intensità fisica, ma tutto il Lugano è cambiato in quegli istanti, fino alla sirena finale, abbellita dalle reti a porta vuota di Lapierre e lo stesso Lajunen, contro un Bienne che l’assalto finale non è nemmeno riuscito a provarlo.

Quel quarto d’ora scarso delle prime quattro reti bianconere è stato un “rush” che mai si era visto in questi playoff da parte di Vauclair e compagni, un momento, anche se facilitato dalle penalità (trovate però da un Bienne per la prima volta in crisi nel match) nel quale il Lugano ha preso in mano la contesa sul piano emozionale, tattico e fisico.

Quel momento è stato il primo frangente in cui si è percepita una superiorità a più livelli da parte del Lugano contro il Bienne in questa semifinale. Il Lugano fino a lì non aveva demeritato così tanto, salvo i momenti tra il 3-0 e il 3-1, ma mai era riuscito a essere così determinato, disciplinato e soprattutto efficiente, e soprattutto si è impossessato della vittoria finalmente in quel maledetto secondo periodo.

I playoff sono fatti di episodi, di emozioni e di “momentum” che possono passare da un lato all’altro. Chissà che la Pasquetta non dica che ora si stia spostando sulla riva di un lago diverso.


IL PROTAGONISTA

Raffaele Sannitz: L’esordio in semifinale di Lajunen ha di certo lasciato il segno, ma la partita del numero 38 è stata qualcosa di impressionante per quantità e qualità.

Spesso si sottovaluta il lavoro del centro bianconero, ma la sua intelligenza di gioco e l’esperienza gli permettono di essere tra i migliori interpreti dei playoff, costantemente. Basterebbe rivedere il lavoro preparatorio alla rete di Reuille per capirlo, ma quello sarebbe solo un esempio isolato in una grandissima partita.


HIGHLIGHTS



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