LUGANO – L’ultima volta in cui Lugano e ZSC Lions si sono incontrati nei playoff fu nelle semifinali del campionato 2003/04, quando i bianconeri seppero eliminare per la seconda volta consecutiva i tigurini prima di essere battuti in una finale tiratissima, spettacolare ed emozionante dal Berna.
Solo pochi anni prima, i Lions divennero il vero incubo dei bianconeri, dal recupero in finale al famoso “tiro alla borraccia” di Morgan Samuelsson, poi non ci furono più incroci fra questi due acerrimi rivali degli anni 2000. Entrambi dovettero passare da una fase di ricostruzione, il Lugano dopo il titolo del 2006, i Lions invece proprio durante quella stagione disputarono i playout, prima di ritornare ad essere una delle squadre faro della Svizzera.
La ricostruzione, infatti, andò decisamente meglio agli zurighesi, che dopo quell’anno terminato con la salvezza nel “purgatorio” tornarono al successo, disputando quattro finali e vincendone tre.
Il Lugano dal canto suo passò (sta per lasciare?) il decennio più tribolato della sua storia dall’introduzione dei playoff, arrivando due volte a giocarsi la faccia nei playout e superando una sola volta lo scoglio dei quarti di finale, proprio l’anno scorso perdendo dal Berna nell’atto conclusivo.
Anche questa sfida dei quarti di finale rispecchia un po’ quelle che sono due epoche diverse per le due compagini e, nonostante la sconfitta bruciante nel primo turno di un anno fa, lo ZSC rimane ogni anno tra i principali favoriti, arrivando a questi giochi per il titolo più in forma che mai.
Il Lugano ai playoff ci è arrivato di nuovo arrancando, dovendo subire l’ennesimo ribaltone in panchina e la cronistoria di questa stagione, almeno stando ai numeri, parla a favore della squadra di Walsson.
Inutile star qui a esporre cifre che tutti hanno sotto gli occhi e che negli ultimi giorni sono state analizzate, rivoltate e ricalcolate: i Lions partono da grandi favoriti, anche se non in tutti i reparti, e basterebbe riguardarsi le partite giocate fino a sabato sera per rendersi conto della differenza che c’era tra la squadra di Walsson e quella di Ireland.
Ma è giusto affibbiarla ad Ireland nella sua totalità questa squadra? No di certo, e non solo per una questione ovvia del cambio in panchina, ma proprio perché quel Lugano, che solo in Champions Hockey League era andato vicino ad eliminare gli zurighesi mentre in campionato si era fatto spesso e volentieri asfaltare non tanto nel risultato ma nel gioco, non è più lo stesso Lugano.
È proprio qui che crescono le speranze di chi parte sì sfavorito ma non spacciato, per quella crescita che da un mese a questa parte ha trasformato una squadra straordinariamente disordinata in difesa, confusionaria in attacco e debolissima mentalmente in un gruppo unito, più forte, diligente e lottatore, tornato a giocare ad hockey.
Questo ha fatto Ireland, ha unito le cose semplici con le responsabilità maggiormente distribuite, e i bianconeri hanno risposto con un rendimento che nelle ultime 10 partite è da primi della classe. Difesa rimessa a punto, attacco svizzero letale (in attesa di Brunner), alcuni giocatori trasformati (Vauclair, Lapierre, Ulmer) e un Merzlikins formato… Merzlikins.
Ciò che deve anche rinfrancare i tifosi bianconeri è che i Lions un paio di punti deboli li hanno, e vanno in contrapposizione ai punti forti dei bianconeri, ossia le situazioni speciali. Wick e compagni nel power play sono infatti solo al 9º posto della lega e il box play del Lugano è secondo solo a quello del Berna. Stessa situazione a parti invertite, anche se con meno divario, dato che il power play di Klasen e banda è esattamente a metà classifica e giocherà contro un box play piazzato al 7º posto.
È vero, non si doveva parlare di dati e cifre, ma questa era un’aggiunta necessaria per spiegare dove il Lugano dovrà colmare il “gap” con i propri avversari e allora, per dirla tutta, c’è da lavorare a livello individuale. La flessione di Klasen dell’ultimo periodo va sommata alla stagione sotto tono di altri interpreti, quindi Ireland deve sperare che, oltre al topscorer, i vari Zackrisson, Martensson, Brunner e mettiamoci pure Furrer tornino (o arrivino) ai livelli sperati perché, senza i tenori, nei playoff “solo” la squadra spesso non basta.
Un punto, questo, interpretato dai pessimisti come una partenza da due scalini sotto, dagli ottimisti come un margine di miglioramento per potrà equilibrare ulteriormente i giochi.
Tra tutte queste considerazioni, speranze e teorie, solo un paio di cose sono certe: i Lions non vorranno più farsi sorprendere al primo turno, ma il Lugano non è più quello triste e fragile visto in autunno e può rendere la vita molto dura anche a Nilsson e compagni. Questo a patto che i bianconeri lo vogliano fino in fondo e continuino sui progressi fatti ed auspicati, altrimenti sì che non ci sarà storia.