
KLOTEN – Essere compagno di Nazionale di Andres Ambühl in occasione del suo storico ultimo match sul suolo elvetico è qualcosa che il biancoblù Dario Wüthrich si ricorderà per tutta la vita, un traguardo nella sua carriera.
“È stata un’esperienza gigantesca, un grande evento. È semplicemente un onore poter essere qui presente, ne parlavamo anche nello spogliatoio con gli altri ragazzi. Ho avuto la pelle d’oca nel vivere questo momento e questa serata sul ghiaccio”.
Queste ultime settimane in Nazionale per te sono state, presumo, geniali. A inizio stagione probabilmente non ti saresti aspettato di vivere qualcosa di simile…
“Assolutamente no, la chiamata di Fischer è arrivata dal nulla, non me l’aspettavo. Ancora maggiore quindi è stata la mia gioia di poter avere la possibilità di mostrare il mio valore. Vedremo ora dove porterà questo viaggio. Io dò il massimo, vado a tutto gas. Indipendentemente da come finisca, sono state settimane bellissime all’interno di un magnifico gruppo, veramente molto cool”.
E chissà quanto hai imparato…
“Eh sì, ci sono così tanti bravi giocatori. In questo mese ho potuto approfittare molto della loro presenza, ho cercato di carpire il più possibile, non solamente sul ghiaccio, anche al di fuori. Pure lo staff tecnico è ottimo. Si può insomma solo vincere quando si viene convocati in Nazionale e credo di aver fatto ancora dei progressi in questo periodo”.
A proposito di progressi, sei sorpreso di quelli che hai fatto negli ultimi 12 mesi?
“Sorpreso? (Wüthrich ride, ndr). Sì, si può dire così, sono molto felice di essere riuscito a progredire e avere fatto i passi giusti. Non ho mai smesso di crederci, ho sempre cercato di migliorarmi, credo che dietro a questi progressi ci sia il duro lavoro”.
Scommetteresti qualche soldino su una tua presenza al Mondiale?
“Boahhhh. È molto difficile, sono arrivati altri fortissimi giocatori, magari arriva anche qualche elemento dalla NHL. Di sicuro non scommetterei dei soldi, ma sarei ovviamente felicissimo. Però come ti dicevo prima, già senza una partecipazione sono contento di quanto vissuto. Io non penso comunque troppo in avanti, prendo giornata dopo giornata”.
Hai avuto contatti con Paolo Duca e Luca Cereda in queste ultime settimane?
“No, non particolarmente, ma è normale, il mio focus attualmente è qui con la Nazionale. Al termine dell’avventura avremo sicuramente il tempo per parlare e discutere”.
Parli di focus. Dopo la tragedia che ti ha colpito a livello familiare con il decesso della tua compagna lo scorso dicembre, come hai fatto a mantenerlo sull’hockey?
“(Dario sospira, ndr). Specialmente all’inizio è stato estremamente difficile. Non so nemmeno spiegarti come sia riuscito a fornire le mie prestazioni sul ghiaccio. L’hockey mi ha dato così tanto, l’Ambrì e la sua intera organizzazione mi ha praticamente sorretto. La convocazione di Fischer poi è stata la cosa migliore che sarebbe potuto accadermi, mi ha permesso di rimanere occupato, respirare allegria e avere attorno brava gente. È stata una battaglia, una grande sfida. Oltre all’hockey ovviamente anche la famiglia e tutte le persone a me care e vicine mi hanno supportato. Senza questa gente non ce l’avrei mai fatta”.
Quanto hai vissuto relativizza il risultato di una partita di hockey? Mi spiego, se prima perdere un match era magari “la fine del mondo”, ora la sconfitta fa meno male?
“Direi che hai formulato più o meno bene la cosa. Alla fine c’è sempre la passione e l’ambizione dello sportivo, nessuno perde volentieri. Credo però che ora mi riprendo, ad esempio, molto più velocemente dagli errori che commetto sul ghiaccio, lo stesso vale per le sconfitte. La vita è troppo corta per arrabbiarsi tanto o per essere tristi. È importante affrontare la vita con felicità, godersi il momento, la buona salute, non sai mai quando tutto finisce. Questo è quello che ho imparato in questi mesi, quindi sì, un evento simile relativizza diverse cose”.


