KOSICE – Con il gol di Mark Stone all’overtime, al capolinea non è arrivato solamente il Mondiale della Svizzera, ma anche l’avventura al servizio dei colori rossocrociati di Raeto Raffainer, che chiuderà un capitolo per aprirne uno nuovo come DS del Davos.
“Credo che possiamo essere molto fieri del programma che abbiamo portato avanti”, ha commentato il 37enne. “Nel quarto di finale con il Canada abbiamo giocato contro una squadra composta da una ventina di giocatori NHL ed eravamo a un nulla dal batterli. Abbiamo giocato molto forte con il disco, una cosa che già quattro anni fa abbiamo detto che volevamo migliorare per avere una chance contro le grandi nazioni”.
Siete stati battuti, ma l’unione del gruppo è stata nuovamente evidente…
“Sì, ora siamo arrivati ad un punto del nostro processo in cui i migliori giocatori svizzeri vogliono andare in Nazionale, scendere sul ghiaccio per Patrick Fischer e difendere i nostri colori. Questo è un ingrediente che spero possa continuare ad esserci”.
Sono stati fatti tanti passi avanti dal tuo arrivo, sia a livello sportivo che dal tuo punto di vista personale…
“Al momento del mio arrivo ho dovuto imparare mentre facevo le cose. Nei primi mesi in carica ho parlato con tantissima gente con più esperienza di me, tra cui vari giocatori, ed è stato subito chiaro che era necessario creare una specifica atmosfera in squadra e con il coaching staff. È importante che i giocatori vogliano rappresentare la Svizzera e il nostro hockey, e questo al momento ha creato un’atmosfera formidabile. Ci sono giocatori NHL che 24 ore dopo l’eliminazione dai playoff si mettono in viaggio, altri senza contratto che non esitano ad aggiungersi alla squadra… Dobbiamo continuare a creare questa atmosfera, è un processo che penso abbiamo portato avanti in maniera positiva e di cui vado fiero”.
Sei dunque soddisfatto del lavoro che hai svolto nel tuo periodo in carica?
“Durante questi anni ho davvero provato a fare tutto il possibile. Avevo la responsabilità di nove squadre ed il lavoro era veramente tanto, ho sempre cercato di dare il massimo a partire dai più giovani e dalle squadre femminili. Il mio obiettivo era di rappresentare l’hockey svizzero in maniera positiva, ed in questo senso è importante che tutte le nostre squadre siano nelle top division, un piccolo paese come il nostro può esserne fiero”.
Tra gli elementi che sono migliorati c’è sicuramente anche il rapporto tra la Nazionale ed i vari club…
“C’è stato bisogno di un lavoro di comunicazione e di fiducia reciproca con i club. La collaborazione al momento però è fantastica, e per raggiungere risultati importanti a livello internazionale c’è bisogno sia dei club che della Lega. Le squadre a loro volta hanno bisogno di una Nazionale forte, perché in questo modo si crea un’atmosfera in cui i genitori a casa vedono che l’hockey può essere una bella attività per i loro figli… Vogliamo che i bambini in Svizzera giochino al nostro sport e non ad altri”.
Con che emozioni chiudi questo importante tuo capitolo?
“A questo non so bene come rispondere. Ero convinto che avremmo vinto, dunque non ero preparato per questo momento. Ci sono tante emozioni, ma sono triste”.