DAVOS – Al termine della premiazione della Coppa Spengler, il coach degli Straubing Tigers Tom Pokel si ferma a lungo negli spogliatoi a parlare con i suoi giocatori, esausti per lo sforzo compiuto in pochi giorni.
Con gli occhi ancora lucidi lo statunitense racconta quale è stata l’esperienza della squadra al torneo: “Per noi essere a Davos è stata un’esperienza incredibile – le parole di un quasi commosso Pokel – per me, per i giocatori ma anche per tutti quelli che ruotano attorno alla squadra e ci hanno accompagnato. Siamo andati vicini a una grande impresa, a un piccolo miracolo, ma penso che più di così non potessimo fare, avrei voluto abbracciare tutti i miei giocatori uno per uno”.
Tom Pokel, cosa ha detto alla squadra dopo la finale?
“Ho detto loro che sono veramente orgoglioso di tutti, che questa sconfitta è comunque un punto di crescita. Sono fiero non solo per il secondo posto ma anche per quanto mostrato nelle scorse partite. Se penso alla sfida contro il Davos credo che il risultato sia stato un po’ bugiardo perché non siamo stati in grado di capitalizzare tante occasioni facendoci sfuggire la contesa nel finale, mentre di fronte alla Dynamo penso sia stata una delle migliori prestazioni per efficacia e qualità, per finire il top lo abbiamo raggiunto con il Team Canada, quando ci siamo ritagliati il nostro “Cinderella Moment”. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo giocato cinque partite in cinque giorni, il che non era mai capitato a nessuno, e ci siamo scontrati con squadre di alto livello rinforzate da grandi giocatori. In tutto questo la mia squadra ha mostrato grandissimo spirito di gruppo e voglia di ben figurare, sono fiero di loro”.
In finale contro il Friborgo, oltre alla stanchezza, cosa è successo nei primi minuti?
“Penso che la squadra sia scesa in pista con troppo timore di sbagliare. Dopo aver subito il primo gol i ragazzi hanno cominciato a voler strafare, a forzare le giocate e in un attimo abbiamo perso la bussola. Sul 2-0 ho chiamato il time out e ho semplicemente cercato di calmarli e di “raffreddargli” la mente, e per un po’ ha funzionato dato che abbiamo trovato il gol del 2-1. In tre minuti sono arrivate tre reti, ma in quel momento siamo rientrati in partita e mi sono detto “ok, ce la giochiamo”, ma il momento decisivo è arrivato poco dopo. Abbiamo avuto un’occasione in quattro contro due, c’erano i presupposti per il pareggio, ma abbiamo giocato male quella transizione e sul ribaltamento di fronte il Friborgo ha fatto il 3-1, un gol che si è rivelato il vero punto di confine della partita per noi. Avevamo esaurito le energie mentali mentre il Friborgo si è lanciato definitivamente”.
Per una società come i Tigers, non una potenza della DEL, e per una piccola città come Straubing questa partecipazione cosa ha rappresentato?
“Dobbiamo mettere assieme quello che abbiamo fatto sia in Champions Hockey League con quello che è stato mostrato alla Coppa Spengler. In Europa abbiamo portato solide prestazioni e qui abbiamo raggiunto poco dopo quelle partite il nostro picco massimo e questo penso ci abbia esposti a una visibilità che per il nostro club e la città è qualcosa di eccezionale. Siamo la società con il budget più basso di tutta la DEL e non possiamo avere spesso queste occasioni, contro il Team Canada in particolare penso che il nome della squadra e quello dei giocatori sia stato pronunciato in Nord America come mai era stato fatto e questo è un motivo di orgoglio. Dal momento in cui siamo stati invitati a questo torneo ci siamo resi conto di quanto potesse essere importante per noi e di avere il dovere di rappresentare al meglio la città, l’hockey tedesco e la Germania, di non dover deludere gli organizzatori che ci hanno dato fiducia e di mostrare a tutti quanto siamo in grado di lottare”.
I vostri tifosi hanno risposto alla grande, sembrava che mezza Straubing si trovasse a Davos…
“Lo credo anch’io! I nostri tifosi sono stati fantastici, ci hanno seguito in giro per l’Europa e ora li ritroviamo qui in questa splendida cornice in davvero un grandissimo numero e non posso fare altro che ringraziarli. Quando li abbiamo salutati a fine partita ho visto facce commosse ma anche entusiaste e questo ci ripaga di ogni cosa. Anche per loro questo torneo si trattava di un “salto di categoria” rispetto al campionato e al loro passato ma ce li siamo ritrovati qui a spingerci per cinque giorni di seguito, penso sia qualcosa che ci legherà ancora di più a tutti loro”.
E coach Tom Pokel dopo aver girovagato per tutta Europa ha mai pensato di allenare in Svizzera?
“Ho allenato in Italia, in Austria e adesso in Germania, diciamo che ci sto girando intorno (ride n.d.r). La Svizzera la adoro, quando abitavo a Feldkirch in Austria ci venivo spesso anche perché mio figlio giocava nel Rheintal e lo seguivo appena potevo. ;i piace seguire l’hockey a seconda di dove mi trovo e spesso in passato sono stato già qui a Davos, a Rapperswil, a Lugano e quindi l’hockey svizzero lo conosco bene e sappiamo essere di altissimo livello. Ad ogni modo la mia concentrazione ora rimane tutta sulla mia squadra, fatta di tanti giocatori giovani e in via di sviluppo, e che deve assestarsi in questa lunga ricostruzione che ho deciso di prendere in mano tanti anni fa. Oggi abbiamo appena terminato una grande esperienza e la voglio portare come motivo di crescita per questo campionato e per tutta la società”.