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Lugano

Nel 2015 è da ritrovare il Lugano d’inizio autunno

LUGANO – Tutto sommato, pur con diverse cose da correggere e un pochino di sfortuna in meno, a Lugano ci si può ritenere soddisfatti. Iniziare l’anno nuovo – o terminare quello vecchio, fate voi – a giocarsi il quarto posto con lo Zugo, ma vedere anche il terzo non impossibile da raggiungere, è un ottimo risultato, calcolando che rispetto alla scorsa stagione, proprio lo stesso Zugo e il Berna sono tornate dall’inferno dei play out a giocarsi i posti che contano.

Un grande settembre, un ottobre meno performante, ma chiuso comunque in positivo con momenti di grande hockey soprattutto alla Resega, a conferma di come l’intento di rendere di nuovo la propria pista un fortino sia stato mantenuto, almeno in parte.

Sì, perché a partire da novembre qualche problemino lo si è avvertito, con un attacco troppo dipendente dagli stranieri – non che nessuno lo sapesse, ma almeno finché gente come Walsky segnava con regolarità si avevano altre speranze – e un power play fattosi prevedibile e con l’aggiunta di qualche infortunio pesante, la caduta in un piccolo vortice di sconfitte ha fatto temere il peggio.

Quando si pensava che sarebbe bastato togliere dallo scacchiere un Klasen “qualsiasi” per far saltare i piani di Fischer, si è scoperto che assenze come quelle di Steinmann, Vauclair e Hirschi sono altrettanto pesanti, perché vanno a intaccare un sistema di gioco in cui i difensori – e i giocatori difensivi – sono imprescindibili.

Soprattutto Vauclair e Hirschi, tra i migliori all rounder del campionato, sono stati il perno di un sistema che si sviluppa nel proprio terzo difensivo, dalla gestione del disco alla transizione veloce che porta il gioco dalla parte più fantasiosa degli attaccanti, con la sovrapposizione di chi ha imbastito l’azione. Giocatori come Ulmer, Kienzle e Andersson hanno sì queste caratteristiche, ma hanno anche dimostrato di non essere ancora pronti, almeno al momento, per prendere in mano un ruolo del genere con regolarità senza aver a fianco uno dei mostri sacri precedentemente citati.

Anche il power play ha risentito dell’assenza di ragionatori intelligenti sulla linea blu, e una volta annullati Pettersson e Andersson, troppo spesso i bianconeri si sono incanalati in soluzioni personali spesso controproducenti. A preoccupare del power play è soprattutto il rendimento fuori casa, passato al decimo posto con un misero 11%, mentre in casa mantiene comunque un invidiabile riuscita del 21%, secondo dietro a quello del Davos, con però un calo del 6% rispetto al periodo settembre-ottobre, numeri da associare anche con il calo di forma di gente come Brett e l’assenza di Steinmann.

Da correggere c’è anche il box play, esercizio in cui ad inizio stagione il Lugano era quasi maestro, ma se fuori casa l’efficacia è sopra la media, il dato su cui riflettere è quello casalingo, dove l’inferiorità numerica bianconera ha una riuscita dell’80%, che equivale grosso modo a una rete subita ogni 3,5 penalità, peggior dato dopo quello del Ginevra.

Tra questi dati d’insieme mettiamoci anche quelli dei singoli, a partire dalla straordinaria media realizzativa di Pettersson, che ha dimostrato di essere un grande scorer come ai tempi del Frolünda, e non solo un lavoratore e un leader incredibile.

Certo, con un fenomeno come Klasen al fianco è più facile trovare la rete, ma i meriti del topscorer sono indubbi, e finalmente i tifosi bianconeri possono riammirare una coppia di stranieri tanto spettacolari quanto decisivi come non si era visto da anni, forse decenni. Basti pensare che gli ultimi a raggiungere quota 28 reti in regular season sono stati Ville Peltonen (28) e Mike Maneluk (30) nella stagione 2003/04.

Ovvio il calo di rendimento accusato da entrambi, per Klasen complice anche l’infortunio al viso, ma almeno loro rimangono una sicurezza. Diverso il discorso per Filppula: un inizio un po’ in sordina, un mese e mezzo ad altissimi livelli finché Walsky non si è spento, e complici anche i cambiamenti delle ali al suo fianco, il finnico ha faticato a ritrovare l’intesa giusta con i compagni, anche se prima della pausa è sembrato in crescita, grazie anche all’innesto che fa sognare un po’ tutti i tifosi, ossia quello di Damien Brunner.

Al neo bianconero va dato il giusto tempo di qualche partita e allenamento con i compagni per cominciare a rendere al massimo, e se rispetterà le attese, il fuoriclasse ex Devils potrà dare una grossa mano a correggere tutte quelle cifre che abbiamo riportato poco fa, e costituire un secondo blocco che potenzialmente varrebbe come un primo in ogni squadra elvetica.

Note liete dal reparto portieri, con un connubio di indubbio valore tra Merzlikins e Manzato. Se dal lettone è lecito attendersi una più alta regolarità di rendimento legata alla concentrazione, a stupire – non molto per la verità – e a mettere in difficoltà Fischer ci ha pensato un Manzato terribilmente concentrato e continuo. Le prestazioni del portiere friborghese non fanno altro che confermare la bontà della scelta di avere due portieri di alto livello nella rosa, e sicuramente il ruolo di Leo Luongo è stato e sarà fondamentale nella crescita dei due cerberi.

Di carne al fuoco ce ne sarebbe ancora molta, dal rendimento di Fazzini, che lo si attende rigenerato al ritorno dai Mondiali U20, alla grande crescita di Sartori, il ritorno di un Chiesa straordinario per rendimento e leadership, fino al dilemma se operare o meno in sede di mercato straniero per puntellare una difesa fragile fisicamente e orfana di grandi personalità, ma questi sono discorsi da riprendere con l’anno che verrà.

Dove può arrivare questo Lugano? Lontano, molto lontano, a patto che – avversari permettendo – nel 2015 ci si ritrovi una squadra più matura, regolare e completa, grazie all’inserimento di Brunner e al recupero di pedine fondamentali, ma anche uno staff tecnico più razionale e meno cervellotico in alcune sue scelte e che sappia correggere e dare alternative alle situazioni speciali, per non ritrovarsi senza idee nei momenti che contano.

Nello sport occorre tempo per costruire qualcosa, ma questo tempo scorre in fretta, quindi l’augurio è di tornare a riammirare il Lugano settembrino il più presto possibile.

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