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Lugano

Lugano, è tutta questione di pazienza ed equilibrio

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Alzi la mano chi si aspettava che Patrick Fischer potesse prendere in mano il suo Lugano, portarlo da subito ai vertici e fargli strappare applausi a destra e a manca. Qualcuno sicuro lo avrà creduto, o perlomeno sperato, ma diciamocelo, sarebbe stata una possibilità non remota, ma sicuramente meno probabile delle difficoltà viste in questo inizio di stagione.

Perché in ogni caso, quando c’è da partire da zero, le difficoltà sono dietro l’angolo, ed è nelle difficoltà che si può testare le capacità di un coach esordiente. Forse il fatto che il 37enne ex assistente di Huras, Smith e altri arrivasse da protagonista dalla fantastica campagna mondiale della nazionale Svizzera e che ne volesse trapiantare il credo alla Resega potesse di botto trasformare il bruco Lugano in farfalla. Ma non è così, perché ci sono diversi fattori che rendono difficoltosa l’avventura di Patrick Fischer, e sono quei fattori che in passato hanno costretto altri coach a pagare prezzi carissimi.

Dapprima dobbiamo tenere conto del fatto che Fischer sia un esordiente al posto di guida di una squadra professionistica, e il suo assistente Andersson, nonostante l’esperienza all’Orebrö è via da molto tempo dal campionato svizzero. Aggiungiamo a ciò il fatto che lo stesso coach bianconero abbia rivoluzionato il credo di gioco di una squadra che pratica gli stessi schemi – in parte incompiuti – da sette anni a questa parte. Lui crede in un hockey dinamico, moderno, dispendioso ma che garantisce risultati e spettacolo. Semplice? Tutt’altro. Fischer deve confrontarsi in primis con i tempi naturali di assimilazione da parte dei suoi giocatori, con la sua stessa inesperienza, che significa confrontarsi per la prima con tutti i “guru” del campionato svizzero e le loro squadre collaudate, esami obbligatori per chi vuole imparare e diventare anche lui un coach di successo.

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Secondariamente, ma non per importanza, vi è da far fronte alle difficoltà “impreviste”, quali i numerosi infortuni che hanno colpito la squadra e lo stato di forma precario di alcuni uomini fondamentali. Non è una scusa, ma Fischer deve trovare l’equilibrio tra i blocchi, attendere che le alchimie e le intese si sviluppino tra i giocatori e capire quale compagno di linea è l’ideale per ogni giocatore. E questa ricerca dell’equilibrio tra le linee non è un compito facile e se calcoliamo il fatto che il Lugano ha in infermeria un intero blocco che potrebbe essere composto da Brady Murray, Sannitz, Walsky, Kparghai e Blatter, ecco che i tempi vanno ad allungarsi.

Ora si potrebbe asserire sul fatto che siano giocatori “propensi” all’infortunio facile o altro, ma a ragione oppure a torto, i giocatori sono questi ed è inutile star qui a speculare. Non fosse abbastanza mettiamoci anche lo stato di forma di alcuni “senatori”, su tutti Ilkka Heikkinen, che non è nemmeno l’ombra di se stesso. Le vittorie a Rapperswil e in particolare con il Berna erano state frutto di un power play implacabile, compito nel quale ci si aspettano grandi risultati dal finlandese, ma dopo quelle due vittorie, il éugano mostra grosse difficoltà nella gestione del disco sulla linea blu e in particolare di andare al tiro, pezzo fortissimo del suo repertorio.

Un’altra difficoltà in più è rappresentata dalla difficoltà degli attaccanti di andare a rete e di trovarsi nella posizione buona per andare al tiro, ma questa è un’altra problematica legata alla ricerca dell’equilibrio. Stavolta si parla però di equilibrio nel gioco tra difesa e attacco, compito sul quale sta lavorando Fischer. Nelle partite vittoriose il Lugano ha giocato eccellentemente in difesa, creandosi meno opportunità in attacco – ricordiamo che contro il Berna vennero sfruttati 4 power play – mentre nelle sconfitte, in particolare nel derby e contro Davos e Ginevra, i bianconeri hanno tentato di spingere di più sull’acceleratore, creando molte occasioni da rete, ma lasciando troppo scoperto lo slot difensivo.

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Ma anche qui solo il lavoro e il tempo daranno i frutti, dopo un periodo più o meno lungo di adattamento ai nuovi schemi. Capitolo gestione di squadra: qui si va sul sicuro, Fischer sa usare bastone e carota facendosi capire in entrambi i casi. Ha già dimostrato di farsi ascoltare dai suoi in partita, con time out più o meno tempestivi ma che hanno saputo cambiare il volto della squadra. Anche tra un match e l’altro, con quegli allenamenti più corti ma molto intensi, senza pause e con un dialogo aperto ma diretto ha guadagnato il rispetto dei suoi uomini. Rispetto che si è guadagnato anche verso l’esterno, soprattutto con l’ultima mossa, per certi versi clamorosa, di far esordire Elvis Merzlikins in una partita delicata come quella di Losanna e in un ambiente decisamente caldo come quello della Malley. Il giovane lettone rispecchia alla grande le caratteristiche del suo coach, grazie alla giovane età con cui ricopre il ruolo, al talento, alla sicurezza nei propri mezzi e in quel pizzico di sfacciataggine che è sempre un aiuto in più nel guadagnarsi la stima degli altri.

E se l’ex giocatore dei Phoenix Coyotes ha scoperto le sue carte, sta ai giocatori rilanciare e stare al suo gioco, con l’applicazione che finora hanno dimostrato di poter mettere in allenamento e in partita.

C’è del buono in questo Lugano, eccome, ed è rappresentato dal fatto che i giocatori hanno dimostrato di poter applicare i nuovi schemi, dovranno solo trovare la costanza, e dall’ampissimo margine di miglioramento che si potrà sfruttare con il rientro degli infortunati, con la crescita dei numerosi giovani che al momento sfruttano anche queste assenze – ma è ciò che devono fare – e dalla crescita anche dello stesso Fischer. Un bel margine è rappresentato anche dalla decisione che verrà presa sul destino di Chris Campoli, ultimamente parecchio deludente, e allora le possibilità di mercato dovranno essere sfruttate al meglio e per ciò che più necessita alla squadra.

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Fischer dovrà usare questi primi mesi come “esame di maturità” e chissà che in futuro non ringrazi tutte queste difficoltà. Ora il passo avanti va richiesto anche nei tifosi, difficili e a volte insofferenti, che devono capire che questo è l’ennesimo tentativo di ricostruzione, fallito almeno 5 volte in passato a causa della smania del “tutto e subito” di dirigenti ormai passati. Ci si armi di pazienza, perché stavolta, attendere e soffrire un po’ potrebbe veramente valerne la pena, perché Patrick Fischer è sì una scommessa, ma è anche un patrimonio di conoscenze, capacità, entusiasmo e di potenziale futuro sul quale sarebbe da pazzi rinunciarvi senza averne perlomeno testato le capacità sulla media–lunga distanza.

Il punto è tutto qui, avere finalmente la pazienza di attendere i frutti di un lavoro difficile e che richiederà tempo, nella ricerca di un equilibrio di gioco e di uomini, e che tutti sapevano non sarebbe stato né facile né immediato. Dove potrà arrivare questo Lugano è difficile dirlo, ma solo attendendo i tempi giusti, aiutati anche da vittorie sudate e di maturità come quelle di Losanna, si avrà un’idea del reale potenziale di una squadra in pieno cantiere.

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