RIGA – Il Mondiale ci ha riservato una nuova amara eliminazione ai quarti di finale, ed in questa occasione più che mai c’è la sensazione di aver perso una grande occasione. A giocarsi una medaglia – ed una delle due otterrà perlomeno il bronzo – a Tampere ci saranno Germania e Lettonia, due rappresentative che sulla carta erano solamente nella “fascia di mezzo” di questo torneo, ma che hanno ricordato alla Svizzera l’atteggiamento con cui si dovrebbero affrontare le partite che contano davvero.
Sui tedeschi d’altronde non si avevano molti dubbi, da anni è una selezione che ha il giusto mix di convinzione dei propri mezzi, lavoro fisico ed un briciolo di spavalderia, elementi che si sono rafforzati con l’argento olimpico nel 2018 creando una solida base. Ma anche la Lettonia ha portato in pista delle caratteristiche che tanto servirebbero alla più attrezzata Svizzera, che alla squadra di Vitolinsh deve invidiare un gioco martellante e mai domo.
Ai rossocrociati non si può rinfacciare di essere mancati in termini di impegno, ma tutte le intenzioni di fare bene sono state vanificate da un blocco psicologico che giovedì pomeriggio è apparso evidente, dai giocatori in pista allo staff in panchina. Patrick Fischer si è mostrato visibilmente insicuro e ha trasmesso – anche a chi osservava la partita da fuori – tanto nervosismo e paura di fallire l’obiettivo. Ed i motivi sono presto detti, perché sostanzialmente il discorso non si discosta molto da quello fatto un anno fa.
Andando infatti a rileggere quanto scrivevamo dopo la sconfitta con gli Stati Uniti (qui ritrovate l’articolo) è infatti impressionante constatare come siano ancora d’attualità gli stessi concetti. Anche stavolta la Svizzera nella partita più importante non è sostanzialmente scesa in pista, balbettando hockey ed uscendo nettamente battuta dal punto di vista caratteriale, tanto che al secondo vantaggio tedesco si percepiva già come la sfida fosse segnata.
Quel blocco figlio dello shock subito a Kosice – quando il Canada pareggiò ad un nulla dalla fine per poi vincere all’overtime – non è ancora stato superato, e nemmeno con una delle rose migliori degli ultimi anni si è riusciti a vedere una squadra con una vera personalità.
Fischer ha cercato di compiere una scelta coraggiosa schierando Mayer al posto di Genoni– rivelatasi subito un boomerang al primo gol avversario – ma con il senno di poi questa sembra una mossa disperata per cercare di dare un forzato tocco di personalità ad un quarto di finale di cui si temeva l’esito. Si è inoltre provato ad imparare da passato lasciando a riposo alcuni giocatori nell’ininfluente match con la Lettonia, così da aver più energie rispetto all’ultimo quarto contro gli USA (affrontato, si è poi scoperto di recente, con un gruppo malaticcio), ma non si sono visti particolari benefici.
Tempo dunque di voltare pagina ed iniziare un nuovo capitolo senza Patrick Fischer? Questo starà ai piani alti valutarlo, sempre ricordando che l’ex allenatore del Lugano ha ridato una direzione precisa ed un valore ad una Nazionale la cui convocazione per alcuni anni veniva quasi considerata una scocciatura da alcuni giocatori.
Oggi la maglia rossocrociata è un obiettivo, un’ambizione oppure un sogno per tutti, e partecipare al Mondiale è di nuovo visto come un motivo d’orgoglio per cui vale la pena lottare sino agli ultimi tagli della rosa. Negli anni si sono inoltre sviluppati tanti giocatori che militano in NHL, e non lo fanno da comparse ma sono elementi di punta delle loro franchigie, e due di loro portano addirittura la “C” sul petto. Tutto questo non si è però ancora tradotto in una squadra nazionale dalla mentalità vincente.
L’obiettivo nel medio-corto termine è quello di andare sino in fondo, ma ad oggi siamo ancora fermi ad un ostacolo dei quarti di finale che viene visto come insormontabile. Figuriamoci avere le forze per vincere ulteriori due partite. La strada è forse più lunga di quanto si voglia credere.
Mettere in discussione Patrick Fischer è dunque inevitabile – questo non significa che lo si debba automaticamente congedare, ma delle riflessioni andranno fatte – perché questa è un’eliminazione che fa male, e che ha esposto tutte le fragilità della sua Nazionale. Ed è un peccato, perché tutto il resto del lavoro portato avanti è di grande valore.
Ma se davvero si vorrà vincere, ci vorrà più coraggio.