Tornato recentemente in patria per motivi personali ed ora in pista con la maglia del Djurgarden, l’ex bianconero Linus Klasen si è espresso sul suo periodo in Svizzera in un’intervista al portale hockeysverige.se, usando parole piuttosto dure.
“In Svizzera è stato bellissimo e ci siamo divertiti, la qualità di vita è buona, ma ogni cosa ha il suo tempo. Era arrivato il momento di tornare a casa”, ha spiegato il 36enne.
Del periodo a Lugano lo svedese ricorda particolarmente quegli anni in cui ha potuto giocare con Fredrik Pettersson, “ma da quando è partito le cose si sono fatte più dure. Se devo essere onesto ho dovuto giocare con giocatori peggiori, e che non avevano la stessa velocità di pensiero. La Svizzera? Per me significa molto, sono stato molto bene, ma ora sono a casa e non mi manca nemmeno un po’. Con quel paese ho chiuso”.
Klasen ricorda in particolare quella prima finale giocata con il Lugano: “È stato un periodo con tanta pressione, il pubblico è molto esigente, specialmente a Lugano. Quando le cose non vanno bene, lo si sente molto. Nelle serate in cui si giocava male succedevano delle brutte cose, come sassi lanciati al bus e fuochi d’artificio dopo delle partite perse. Ne ho viste parecchie. Gli attacchi però non sono mai stati personali, dai fans ho sempre ricevuto tanto supporto”.
Sulla mentalità che ha vissuto in Svizzera ha invece affermato che “è molto diversa, e si possono creare situazioni in cui non tutti vanno nella stessa direzione. In squadra si creano tanti gruppi, perché tutti vengono da parti diverse del paese, che ha quattro lingue. Chi parla tedesco resta per conto suo, così come chi parla italiano, francese e naturalmente gli stranieri. Personalmente andavo comunque d’accordo con tutti”.
Parole poco gentili le ha inoltre spese per la sua avventura con il Visp: “Visp non faceva per me. Ero semplicemente troppo bravo per giocare lì, è stato noioso. Avevo bisogno di un cambiamento, perché stavo perdendo motivazione”.