DAVOS – Per il portiere Connor Hughes quella vissuta sin qui con il Friborgo era già una stagione eccezionale, con l’ex giocatore dei Ticino Rockets che ha sfruttato al massimo l’infortunio di Reto Berra per mostrare tutte le sue potenzialità.
Le ottime prestazioni sul ghiaccio gli sono valse un contratto a Losanna e la recente convocazione in Nazionale svizzera, ma per il 26enne dell’Ontario le sorprese continuano ad arrivare. Martedì era infatti tra i pali della porta del Team Canada, situazione resa possibile dalla natura amichevole della Coppa Spengler (il torneo non è riconosciuto dall’IIHF) e dall’equipaggiamento arrivato in ritardo del portiere Michael Hutchinson.
“La mia è stata davvero una situazione eccezionale, non succede a molti di poter giocare in due Nazionali diverse nel giro di una decina di giorni. Sono state delle settimane pazze ed un’esperienza bellissima, e sono molto grato a tutte le organizzazioni coinvolte per aver reso possibile la mia presenza alla Coppa Spengler”, ci ha raccontato un entusiasta Connor Hughes.
“Un grazie particolare va a Fischer e Weibel, che non hanno avuto problemi con l’idea che vestissi la maglia del Team Canada. Si tratta di una situazione praticamente unica, anche perché le due selezioni portano sul ghiaccio degli stili di gioco molto diversi”.
Nell’inizio di partita hai subito due gol sui primi tiri, ma poi le cose sono andate meglio…
“Sì, l’inizio è stato impegnativo. Su entrambi i gol incassati ero convinto che il portatore del puck tentasse il tiro, invece si sono inventati due grandi giocate su cui ho potuto fare poco. Dopo quei primi due minuti ho comunque ripreso fiato e le cose sono andate meglio, in generale abbiamo giocato una buona partita ma naturalmente se vorremo evitare l’eliminazione bisognerà fare meglio”.
Sei stato chiamato all’ultimo, come sono andate le cose?
“Inizialmente pensavo di venire a Davos e svolgere solamente qualche allenamento, ed infatti mi ero portato solamente un paio di vestiti (ride ndr). Adesso vedremo, naturalmente sono a disposizione della squadra se avranno ancora bisogno di me, ma ora che Michael Hutchinson ha ricevuto il suo materiale l’emergenza è rientrata. Non so bene cosa succederà, il primo allenamento con il Friborgo è previsto solamente il 29 dicembre dunque è possibile che per quella data sarò già rientrato. Naturalmente anche per il mio club la situazione è particolare perché a disposizione c’è solamente un altro portiere”.
In pochi giorni hai difeso due bandiere diverse, come ci si sente?
“Il mio focus è sempre sulla Nazionale svizzera, ovviamente voglio continuare a giocare per i colori rossocrociati ed ottenere la possibilità di disputare un Mondiale. Sarà difficile, ma se guardo al futuro mi considero totalmente un giocatore svizzero. Questa era una situazione davvero particolare, ma la parentesi canadese naturalmente è destinata a rimanere tale”.
Per te questa è stata una stagione incredibile, che nessuno poteva immaginare…
“Ho sempre creduto in me stesso, avevo solo bisogno di un’occasione. Se devo essere onesto ero consapevole che questa sarebbe stata la mia unica chance di mostrare a tutti le mie opportunità, dunque ho cercato di coglierla e sinora le cose sono andate bene”.
Hai avuto un percorso difficile, non hai mai perso la fiducia?
“A dire il vero sì, non posso mentire, ci sono stati momenti in cui avevo perso fiducia. La scorsa stagione per me è stata molto difficile, mentalmente non ero pronto ed è stato praticamente tutto da dimenticare. Durante l’estate ho però riordinato le idee, ho cambiato molte cose nel modo in cui mi alleno ed anche nella mentalità con cui mi approccio all’hockey, e questo ha fatto una grande differenza”.
A cosa è dovuta in particolare questa improvvisa progressione?
“Ho discusso molto con David Aebischer. Un elemento importante era per me avere una condizione fisica migliore, mi sono concentrato di più sulla potenza ed ho poi corso tantissimo. Ci è voluto davvero tanto lavoro, allenamenti molto duri, ma questo sta pagando. Certo, se giochi poche partite come ho fatto in passato non fa molta differenza, ma ora che ho già disputato 22 incontri la preparazione è stata fondamentale. Lavoro inoltre con un mental coach, Paul Henry, su cui posso fare sempre affidamento”.
Un’altra persona che ha creduto in te è Michael Lawrence, hai ancora contatti con lui?
“Sì, ho parlato con lui di recente ed anche durante l’estate ci siamo allenati assieme per alcuni giorni. Con la sua conoscenza può darmi delle indicazioni importanti sul mio gioco, e per questo comunico con lui regolarmente. Per me è stata una figura molto importante”.
Quando si è infortunato Reto Berra il Friborgo avrebbe potuto tornare sul mercato, ma Dubé ha subito sottolineato la fiducia in te. È stato quello il punto di svolta?
“Indubbiamente. Ha preso la decisione di lasciarmi giocare qualche partita in un momento delicato per il club, e sapevo che l’unica mia scelta era fare bene in quelle occasioni. A Friborgo ci sono tante ambizioni e non si accettano le sconfitte, dunque il rumor del possibile arrivo di uno straniero è sempre stato presente, ma ho preso il giusto ritmo e continuato a ragionare partita per partita. Ho dovuto giocare bene, per me non c’era altra scelta”.