
(KEYSTONE-SDA/Melanie Duchene)
DAVOS – La sorpresa del torneo grigionese è rappresentata sicuramente dagli U.S College Selects, capaci di eliminare lo Sparta Praga in semifinale e di qualificarsi per l’atto conclusivo.
Artefice di questo exploit è anche il coach dei ragazzi statunitensi, quel Guy Gadowsky vero e proprio totem dell’hockey universitario, scelto per condurre questa selezione alla Coppa Spengler:
“Il merito è dei ragazzi che vanno in pista – le parole del 58enne di Edmonton – ho lasciato che loro stessi imparassero quale ruolo ritagliarsi in questo contesto, godendosi al massimo un’esperienza unica”.
Guy Gadowsky, cosa hai detto ai tuoi ragazzi dopo il raggiungimento della finale?
“C’era ovviamente tanto entusiasmo, li ho lasciati festeggiare, poi ho atteso che tutto si raffreddasse e ho detto loro poco in verità. Lascerò che vivano il momento come hanno fatto finora, gli ho consigliato di godersi un’ultima cena fuori in questo posto magnifico a mangiare del buon cibo come si trova qui, e di farsi una bella dormita. La finale sarà tutta da gustare”.
Come avete vissuto in squadra queste partite, per voi qualcosa di decisamente diverso dalla quotidianità dei college…
“I giocatori hanno sicuramente imparato qualcosa di nuovo, come tutti noi dello staff e anche io personalmente. L’hockey per noi è una cosa seria ma bisogna anche sapere godersi quello che c’è attorno, quello che c’è di diverso come l’ambiente in pista e le sfide contro squadre nuove e di professionisti. Ho lasciato che i ragazzi imparassero loro stessi con il loro impegno sul ghiaccio quale fosse il loro ruolo in questo torneo, e con il loro impegno e lo spirito di gruppo hanno fatto sì che ne diventassero dei protagonisti. Sono fiero di loro, comunque andrà la finale”.
Sul piano dell’intera organizzazione universitaria come valutate l’esperienza della Coppa Spengler?
“Poter essere qui a Davos è un’opportunità unica, ne siamo profondamente onorati. Prima di tutto per l’incredibile prestigio che questo torneo si porta anche da noi in Nord America, per la possibilità unica che ha oggi l’hockey universitario di far parlare di se non solo negli USA ma anche qui in Europa. E poi l’occasione di giocare questo sport in un posto del genere, wow! Sembra di essere in una favola, una pista che ti lascia senza fiato, l’ambiente festoso e le montagne svizzere, è fantastico. Spero che in futuro ci sia ancora la possibilità di portare una nostra squadra qui alla Spengler”.
Qui in Europa a volte si fatica a collocare le varie leghe giovanili nel contesto nordamericano. Quali sono il peso e il ruolo della NCAA a favore del professionismo e del supporto alla NHL?
“L’importanza della NCAA e dell’hockey universitario è fondamentale per tutto il movimento professionistico nordamericano, e non solo. Se penso alla fine degli anni 90, inizio 2000, nemmeno il 20% dei giocatori NHL erano passati per i college, oggi siamo circa al 33%, questo aumento ci dice che la NCAA negli ultimi due decenni ha svolto un ruolo fondamentale e un lavoro enorme nella formazione dei giocatori e nel recupero di alcuni “overager” esclusi dal draft. Sono stati fatti molti investimenti nei programmi di sviluppo e nel professionalizzare tutto al massimo, e oggi posso dire che la NCAA è un pilastro fondamentale per il passaggio al professionismo dei giocatori e per le liste dei draft, dove i giocatori dei college sono sempre più presenti e sempre più in alto nelle proiezioni degli scout e nelle scelte delle franchigie”.

(KEYSTONE-SDA/Gian Ehrenzeller)
E quanto è stato difficile comporre questa selezione presente a Davos? Scegliere venti giocatori su più di 60 squadre non sarà stato un compito semplice…
“Non è stata una scelta semplice, proprio perché i giocatori di alto livello sono sempre più numerosi e il bacino della NCAA conta circa 1700 giocatori. Ovvio che dei migliori siamo tutti a conoscenza, ma anche la proporzione dei papabili alla convocazione era molto ampia e la possibilità di poter partecipare a questo torneo non ha solo attirato l’attenzione dei giocatori ma anche quella dei college stessi che volevano portare il loro nome alla ribalta internazionale. Devo dire che nonostante queste difficoltà, che comunque vorremmo sempre avere, c’è stata grande collaborazione da parte del mio staff e dei general manager di tutte le organizzazioni per poter schierare questa selezione”.
Per dei giocatori presenti nella selezione, l’hockey professionistico europeo può essere oggi una nuova opportunità?
“Sicuramente per alcuni giocatori si possono aprire nuove prospettive al di fuori della NHL. Sono sicuro che per diversi di loro c’è la possibilità di giocare in futuro in NHL, ma per altri l’Europa e la Svizzera in particolare potrebbero sicuramente essere un’opzione validissima da tenere in considerazione”.
Per lei invece sono più di venti anni alla guida di una squadra di college… Mai pensato di passare ai giocatori professionisti?
“Ho allenato per qualche anno dei professionisti (nella defunta WCHL, ora integrata nella ECHL, n.d.r) prima di avere l’opportunità di allenare nei college partendo dall’Alaska e poi negli ultimi venti anni tra Princeton e Penn State. Mi piaceva allenare anche i professionisti, ma formare i ragazzi dei college è diventata una vocazione, mi appassiona oggi come il primo giorno, non vorrei smettere mai.”


