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Lugano

È sempre più scura la notte del Lugano, a Bienne un’altra sconfitta

BIENNE – LUGANO

3-1

(1-0, 1-0, 1-1)

Reti: 18’04 Schmutz 1-0, 30’41 Neuenschwander (Lundin, Jecker) 2-0, 44’28 Hofmann (Bürgler, Brunner) 2-1, 59’02 Rossi (Neuenschwander, Pedretti) 3-1

Note: Tissot Arena, 5’130 spettatori. Arbitri Eichmann, Piechaczek; Progin, Wüst
Penalità: Bienne 4×2′, Lugano 5×2′

BIENNE – Il paziente è cosciente ma non reagisce. Nessun segno di ripresa decisa, nessun brio e forza di reagire, il Lugano rimane ancorato al letto invece di alzarsi e camminare. A differenza del suo compagno di stanza Bienne, che con la cura del dottor McNamara ha perlomeno ritrovato la vittoria e la voglia di lottare.

Nessun segno di miglioramento dalle partite precedenti, l’ennesimo rimescolamento delle linee da parte di Shedden (attuato anche in corsa tra il secondo e il terzo tempo) che a questo punto, dopo 3 mesi che non trova il line up ideale soprattutto per il top six offensivo, deve come minimo guardarsi allo specchio e ragionare sulla serenità della propria squadra.

Sì perché passino gli infortuni, ma gli assenti non devono diventare il tappeto sotto il quale infilare la polvere, passi il momentaccio dei Brunner, Bertaggia, Bürgler, Zackrisson, Martensson, ma forse occorre seriamente pensare che certe situazioni siano collegate l’una con l’altra come una serie di pedine del domino.

È vero, su alcuni giocatori lo staff tecnico può far poco, come per uno Zackrisson che dimostra grandi qualità tecniche ma una personalità che al momento ricorda un certo Josh Hennessy, il canadese con la saudage, ma il centro svedese non viene di certo spronato continuando a farlo giocare fuori ruolo e cambiandolo di tre linee in tre partite giocate.

Ma spingere sui singoli in questo momento sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, ben pochi si salvano da questo marasma bianconero, ma alcuni dei loro esempi fanno pensare che ci sia ben più del semplice momento “no”.

Troppi giocatori infatti ancora a Bienne mostrano poca convinzione, fiducia ed errori individuali di una banalità (ma gravi per tanto sono banali) da far paura. Disco che scotta, interventi fallosi inutili e incomprensioni tra compagni di linea a dir poco disarmanti. Tra una gran fetta di squadra c’è l’incapacità di leggere il momento di gioco, di capire la situazione e di prendere la decisione giusta al momento giusto, mancano punti di riferimento e si aprono voragini improvvise in cui Rajala e Micflikier si sono gettati come basejumper in una valle.

Va dato atto a Shedden di provarci, cambiando ancora una volta le linee, ma in nessun caso si è ancora riusciti vedere un’impronta di gioco chiara e nemmeno la capacità caratteriale da parte dello staff di cambiare l’atteggiamento dei giocatori durante la partita. Emblematico il momento verso metà incontro quando il Lugano sembrava in crescita e si stava creando le prime vere occasioni per andare in rete, ma su un errore di piazzamento della difesa Rossi ha infilato il 2-0.

Da quel momento il Lugano invece di cercare una reazione decisa, di rabbia, è sprofondato nello sconforto, qualcosa di incredibile se si pensa che la squadra bianconera era stata costruita puntando molto sulla forza d’animo e la grinta.

Ancora una volta i ragazzi di Shedden hanno mostrato limiti di gioco e mentali, senza alcun progresso in superiorità numerica e continuando a mostrare grande confusione. L’alibi delle assenze o degli ingaggi “sbagliati” non può reggere a lungo, perché anche a ranghi ridotti la trama di gioco dovrebbe essere di facile applicazione, inoltre una squadra che è arrivata nella scorsa finale dei playoff grazie a questo carattere non può permettersi di sciogliersi al primo gol incassato.

La situazione è preoccupante pensando soprattutto al grafico dei miglioramenti che rimane piatto ancora a metà novembre, mentre si punta l’accento sugli assenti e sugli errori individuali.

Nessuno mette in discussione la gravità portata dalle assenze per infortunio, ma questa squadra presenta troppi sintomi da poter essere spiegati in questa maniera. C’è qualcosa di più profondo, qualcosa che non può più essere risolto con semplicemente una vittoria da fiducia o un gol che rilanci qualche giocatore, i segnali ricordano fin troppo un passato che in molti pensavamo fosse definitivamente alle spalle.

Nel frattempo il Lugano con la sconfitta di Bienne – l’ennesima in trasferta – scivola sotto la linea, che detto francamente potrebbe paradossalmente essere l’ultimo dei problemi. Anzi, lo deve essere, sempre che si voglia fare un’analisi chiara di una situazione che non può essere ignorata e sulla quale occorre chinarsi.

Non è ancora troppo tardi per guardarsi in faccia e tirare fuori i rospi, perché con tutte le situazioni delicate all’interno della squadra è impossibile non credere che qualcuno non sia perlomeno perplesso o preoccupato. Il Lugano ora può anche dimenticarsi per un attimo degli obiettivi stagionali e prendersi il tempo (poco) per ritrovare serenità senza paura fare scelte importanti, ma l’immobilismo e l’attesa che qualcosa accada da solo, raramente hanno portato dei frutti.

fattore2MANCANZA DI REAZIONE:  Al contrario di un Bienne che ha reagito al licenziamento di Schläpfer e ai risultati negativi, il Lugano non è riuscito ad alzare la testa dopo le ultime partite sofferte e le sconfitte.

Una mancanza di carattere che ai bianconeri fa difetto da troppo tempo, a livello individuale e di squadra, tranne che per una minima parte, quella degli indomiti Walker, Lapierre, Hofmann, Morini e Riva, con quest’ultimo che ha mostrato una personalità incredibile.

Senza gioco una squadra può anche sopravvivere, ma senza carattere è impossibile, quindi sarà meglio che i bianconeri lo ritrovino al più presto. Magari per il derby di lunedì.

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