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Lugano

Due punti d’oro per un Lugano incomprensibile

Il Lugano parte bene, si ingolfa e viene salvato dal solito Hofmann. Decisivi i rigori di Fazzini e Klasen

Due punti d’oro per un Lugano incomprensibile

LUGANO – GINEVRA

4-3

(1-2, 1-1, 1-0; 1-0)

Reti: 5’40 Sannitz (Hofmann, Haapala) 1-0, 13’25 Berthon (Fransson) 1-1, 14’40 Riat 1-2, 22’07 Jörg 2-2, 26’39 Winnik (Bozon) 2-3, 51’48 Hofmann (Haapala) 3-3

Rigori: Fazzini (4), Klasen, Tömmernes (4)

Note: Corner Arena, 6’727 spettatori. Arbitri Dipietro, Wiegand; Wüst, Fuchs
Penalità: Lugano 2×2′, Ginevra 4×2′

LUGANO – Alla fine il vero show è quello che ai tiri di rigore hanno portato avanti Fazzini e Tömmernes nel loro duello (quattro rigori segnati a testa) e Klasen con una finta funambolica che ha mandato in visibilio il pubblico.

Cinque minuti di spettacolo che per un attimo hanno fatto dimenticare ciò che non va dimenticato, ossia una prestazione a tratti al limite dello sconcertante. Dal derby “dell’anno” perso in maniera tipica da Lugano a una sfida di vitale importanza contro il Ginevra nono in classifica, un’altra partita che doveva definire se i bianconeri volessero sul serio questi benedetti playoff.

Alla fine è vero, contano i due punti, ma per quanto mostrato dal Lugano per almeno 50 minuti c’è veramente poco da stare tranquilli, oltretutto contro un Ginevra altrettanto inguaiato e che ha mostrato pure grossi limiti.

I cinque minuti iniziali avevano anche ingannato i 6’700 della Cornèr Arena, buone trame offensive, discreta determinazione e una rete, quella di Sannitz, che sembrava potesse dare il via a una serata di rivalsa per i bianconeri. Invece nulla, alla prima difficoltà il Lugano si è sciolto come la nevicata di un paio di settimane fa, andando sotto in men che non si dica nello spazio di un minuto e poco più.

Aver trovato il pareggio in entrata di secondo tempo poteva essere un nuovo trampolino di lancio per la squadra di Ireland (senza Chorney dopo un colpo preso al derby) invece da quel momento i bianconeri hanno mostrato un brutto volto, mille paure e nessuna determinazione.

Come poteva una squadra come il Lugano, che del carattere aveva sempre fatto la sua arma migliore, affrontare in quella maniera una partita che aveva in palio punti che potevano valere una stagione? Inspiegabile. Ci si aspettava un Lugano che aggredisse il Ginevra senza alcuna remora, ci si è ritrovati all’interno di una partita a tratti quasi inguardabile.

Fischi dalle tribune, stavolta pesanti e convinti, durante un power play giocato senza alcuna idea né costrutto, quello è sembrato addirittura uno dei momenti più bassi della stagione, vedere un Lugano messo così scaturiva sentimenti che tra i tifosi si mescolavano con frustrazione, rabbia e anche compassione.

Andati alla seconda pausa sotto per 2-3 il minimo che ci si potesse aspettare (di nuovo) era di vedere un Lugano arrembante e convinto in quello che sarebbe potuto essere uno dei tempi di gioco più importanti della stagione. Invece, di nuovo, quasi nulla. Un tiro in porta nei primi sette minuti di gioco, un fallo in attacco dell’inguardabile Lapierre (quello di Lajunen era già costato un gol) e tanta confusione.

Messi assieme i sintomi è risultato chiaro che questa squadra è uscita quasi svuotata dal derby, invece di prendersi la carica dalla voglia di rivincita, un piccolo déjà-vu dentro una stagione che doveva partire con la voglia di prendersi il titolo sfuggito e che invece è caduta dentro la depressione.

Quel Lugano che si prendeva i terzi tempi con una grinta e una fame enormi non c’è più, è rimasta una squadra svuotata di testa e poco lucida, incapace due volte su tre di prendere la decisione giusta, una squadra che ha dovuto per l’ennesima volta attaccarsi a Gregory Hofmann, l’uomo che spesso (paradossalmente troppo spesso) è costretto ad accendere la luce nel buio più totale.

Ci sono poi voluti i rigori, decisi da Luca Fazzini e Linus Klasen, guarda caso due giocatori su cui ci sono sempre discussioni sui riguardi nei loro confronti da parte del coach, e due punti entrano in cassa nemmeno valessero milioni. Li valgono anche per quella rete annullata (e probabilmente regolare) al Ginevra a pochi secondi dalla fine, quasi come se qualcuno lassù tra gli Dei dell’hockey avesse avuto una certa compassione, e questo Lugano non voleva vederlo affondare contro un Ginevra che ha fatto poco o quasi nulla.

Non parleremo più di trampolini di lancio o svolte, troppe volte il Lugano ci ha tradito in questa stagione, aspetteremo solo quello che succederà nelle restanti sette partite. Che sono tante, ma sono poche. Qualcuno potrebbe (di nuovo) obbiettare che l’importante erano i punti? Certo, meglio fossero stati tre, contro un Ginevra davvero modesto, però almeno i bianconeri sono sempre lì agganciati in qualche maniera.

Ma preoccuparsi seriamente per l’ennesima pesante involuzione del Lugano in questa stagione è più che lecito, oltretutto a poche partite dalla “ghigliottina” che taglierà in due la graduatoria e in una sfida che doveva imperativamente essere affrontata come fosse una Gara-7 di playoff.

Si speri solo che questi due punti non diventino il solito logoro cerotto da mettere su un cranio rotto, di risultati ingannevoli ne abbiamo visti troppi in questa stagione e allora non resta che affidarsi alle parole del presidente Vicky Mantegazza dopo il derby: “I giocatori dimostrino di voler giocare davvero i playoff”. Forse, e lo diciamo sottovoce, quei rigori esaltanti hanno fatto da defibrillatore? Speriamo, ma non facciamoci sentire.


IL PROTAGONISTA

Gregory Hofmann: Chissà dove sarebbe il Lugano senza tutti gli appigli che il topscorer bianconero ha offerto alla sua squadra. Nemmeno vogliamo pensarci.

L’attaccante futuro dello Zugo è sempre e comunque l’unico in grado di dare impulsi significativi anche quando la squadra sembra arrancare nelle sabbie mobili e non si contano più le reti di “aggancio” o pareggio che il 25enne ha messo a segno in questa stagione per salvare il Lugano e anche Greg Ireland. Il suo pareggio nel terzo periodo è un vero salvagente nel mare in tempesta.


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HIGHLIGHTS

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