
DAVOS – LUGANO
5-4
(2-1, 3-1, 0-2)

Reti: 06’58 Fazzini (Canonica, Müller) 0-1, 16’54 Lemieux (Andersson, Stransky) 1-1, 19’48 Stransky (Corvi, Lemieux) 2-1, 23’12 Sgarbossa (Sekac) 2-2, 25’48 Frehner (Egli) 3-2, 28’17 Zadina (Frick) 4-2, 34’57 Zadina 5-2, 41’53 Bertaggia (Sgarbossa) 5-3, 49’13 Canonica 5-4
Note: Zondacrypto Arena, 6’547 spettatori
Arbitri: Wiegand, Dipietro; Meusy, Humair
Penalità: Davos 6×2, Lugano 5×2 + 1×5 + 1×20
Assenti: Rasmus Kupari, Brendan Perlini (infortunati), Dario Simion (ammalato)
DAVOS – La sfida della Swiss Life Arena di Zurigo aveva già lanciato qualche indizio, nei Grigioni quei segnali si sono trasformati nella conferma che in questo periodo il Lugano sta vivendo un momento meno brillante rispetto a quello precedente la pausa della Nazionale.
Il che non è assolutamente uno scandalo, la squadra di Tomas Mitell continua a lottare per posizioni che alla vigilia – e non solo – di questo campionato erano difficilmente preventivabili, e in fondo un momento di calo in una regular season così intensa è da mettere in conto per chiunque. Forse, paradossalmente, anche i rientri nel line up che hanno costretto il coach svedese a mettere mano alla sua formazione hanno portato a qualche squilibrio (nonostante i due gol la linea di Sgarbossa non convince ancora per equilibrio e qualità sull’arco dell’incontro) ma quello che non manca comunque a questa squadra è la voglia di lottare, e questo rimane un fattore fondamentale.
Certo però che la lotta va portata avanti con costrutto e attenzione, senza snaturare quelli che sono i principi della gestione svedese dei bianconeri, e sul ghiaccio della capolista Davos questi punti fermi sono venuti regolarmente a mancare.
Certo, mettiamoci pure anche la buona dose di sfortuna sui gol di Lemieux e Zadina, una serata non perfetta per Schlegel – perdonabilissimo – e nel complesso senza una gestione della fase difensiva e della zona neutra come i bianconeri ci avevano abituato, ecco che poi le differenze con la Stransky’s Band vengono a galla con violenza.
Sarà forse stato il profumo della Coppa Spengler all’orizzonte, ma infatti la squadra di Holden ha messo sul ghiaccio una prestazione di “potenza” e efficacia di quelle veramente importanti, lontana da quei primi balbettamenti visti a novembre forse anche figli di un comprensibile rilassamento da primissimo posto, e giocarsela a viso aperto con una squadra del genere significa prendersi dei rischi notevoli.

(PostFinance/KEYSTONE/Juergen Staiger)
Al momento il Lugano può reggere una sfida del genere, ha dimostrato di essere in grado di cercare un’insperata rimonta e quasi di metterla a segno nel finale, non ha mai smesso di giocare e ha sempre dato tutto in un contesto fisico non facile e decisamente incattivito anche dalla brutta gestione da parte degli arbitri. In questo contesto però si è visto un gruppo che non si fa più intimidire, da un Müller finalmente dominante difensivamente e capace di difendere i compagni – anche se la sua penalità ha privato di un power play il Lugano, ma tant’è – e un Sanford che provocato da Lemieux non ci ha messo molto a smorzare i fuochi del canadese, atterrandolo senza troppi complimenti sull’invito del davosiano.
Tutte queste sono componenti che hanno permesso ai bianconeri di stare in partita nel primo tempo e di rientrare nel terzo, ma quello che si è visto nel secondo periodo e in particolare dopo la penalità di partita inutile provocata da Carrick, dice che il Lugano è soprattutto sul proprio gioco che deve tornare a lavorare. Troppe volte la zona neutra è rimasta vuota aprendo autostrade ai velocissimi attaccanti gialloblù e sempre per troppo tempo il Davos ha potuto manovrare il disco nel terzo attendendo un forecheck alto mai arrivato da parte dei ticinesi, forse indecisi se votarsi a una partita fin troppo prudente o se aprirsi del tutto.
Altri due segnali inequivocabili sono le dieci reti subite in due partite (una a porta vuota), forse solo un paio di casa i visti anche gli episodi sfortunati, ma per una difesa arrivata a 2,19 gol incassati a incontro la doppia cifra di queste ultime due trasferte non fa assolutamente bene.
Va bene così (facile dirlo, affermerà qualcuno) anche se non va bene perdere, ma semplicemente la squadra deve ritrovare le sue basi e quell’umiltà che gli avevano permesso di essere lì a lottare dove è adesso, e confidando sulle capacità dello staff tecnico, i tifosi possono sicuramente avere una buona dose di fiducia nello sperare di ritrovare al più presto il miglior Lugano visto all’opera questo autunno, senza panicare in un momento di appannamento più che comprensibile.
IL PROTAGONISTA

Filip Zadina: Un’ira di Dio. Forse ancora arrabbiato per la penalità di partita ricevuta a Berna, il ceco ha dato fondo a tutte le sue capacità contro i bianconeri, proponendo un numero di alta scuola dopo l’altro, brucianti duelli in velocità e visione di gioco fuori dal comune. Ci sono tanti stranieri forti nel nostro campionato, ma se Zadina dovesse impegnarsi così ogni sera sarebbe il vero fuori quota della National League per distacco.
HIGHLIGHTS



