Domenica mattina è arrivata una sorta di bomba. Lo svedese Stefan Hedlund non è più l’allenatore del Rapperswil. Una bomba? Intendiamoci: l’andamento dei sangallesi era nettamente al ribasso, un encefalogramma piatto. Eppure, il licenziamento del coach fa clamore. Già, perché i Lakers non licenziavano un allenatore da quasi 10 anni.
L’ultimo a saltare fu Anders Eldebrink nell’aprile del 2015, poco prima della relegazione. Da lì, la società aveva praticamente fatto piazza pulita, cambiando l’intera dirigenza e modificando il colore delle maglie, il tutto per sancire una nuova ripartenza da zero. Anche con la nuova gestione e filosofia, i momenti difficili non erano certo mancati. Nelle prime due stagioni nella lega cadetta, il Rapperswil, ad esempio, non centrò la promozione, ma il tecnico Jeff Tomlinson rimase al suo posto. Lo stesso accadde al primo anno in NL, che fu abbastanza un calvario. Stavolta, invece, la pazienza è terminata.
Hedlund è in sostanza vittima del (troppo) successo avuto nelle prime due stagioni, durante le quali aveva portato il Rappi in orbite a lui sconosciute: due piazzamenti nella Top 4, per certi versi incredibili. Già l’anno scorso c’era stata una flessione, con un anonimo 12esimo posto. Anonimo rispetto a quanto visto in precedenza, ma in fin dei conti un piazzamento più consono al valore della rosa e del club.
Nella stagione in corso, dopo un ottimo inizio, la squadra è finita nel baratro e il penultimo posto in classifica è stato la sua condanna. Hedlund, dopo Cereda e Tangnes, era il terzo allenatore più longevo di tutta la lega. A rendere ulteriormente sorprendente il suo allontanamento è stata l’uscita del direttore sportivo Janick Steinmann venerdì attorno alle 17:00. Steinmann aveva confermato che Hedlund non era un tema, ribadendo di avere completa fiducia nel coach. La reazione, in sostanza, doveva arrivare dai giocatori.
Ora qualcuno potrà dire che erano le classiche parole di circostanza. Certo, ma non è così. Steinmann non ha risposto a una domanda di un giornalista: il DS ha rilasciato queste dichiarazioni sui canali social del club. Non c’era dunque alcun motivo per fare una sparata del genere, una classica uscita di facciata. Nessuno all’esterno della società aveva chiesto lumi o interpellato Steinmann in merito.
E dunque? Steinmann avrebbe cambiato radicalmente idea praticamente solo 24 ore dopo, mettendo fine a un rapporto che durava da quattro stagioni, dopo essersi esposto pubblicamente e senza sollecitazione esterna a favore dell’allenatore? No, non è mica autolesionista. La risposta può essere evidentemente solo un’altra: la decisione di licenziarlo è stata presa da persone più in alto di lui e contro il suo parere.
Ora sarà interessante vedere come continuerà il rapporto tra Steinmann e i suoi superiori, dopo questo “affronto” e questa “figura barbina” patita dal direttore sportivo. Steinmann ed Hedlund non si limitavano a lavorare insieme: erano anche grandi amici. Il primo era stato assistente del secondo ai tempi dell’EVZ Academy e quest’ultimo era in seguito arrivato a Rapperswil proprio grazie alla presenza di Steinmann, diventato DS dei Lakers nel maggio del 2019.
Il nativo di Zugo, in questi cinque anni, ha svolto un ottimo lavoro, dimostrando grandi capacità e conquistandosi molta credibilità in tutto l’ambiente. Con lui, il Rapperswil è arrivato persino a disputare una semifinale e a vincere una Coppa Svizzera.
A questo punto, dopo il recente accaduto in terra sangallese, il 37enne potrebbe diventare una soluzione interessante per il Lugano. Non sarebbe infatti una grande sorpresa se dovesse subentrare a Hnat Domenichelli.
Steinmann concluse la sua carriera da giocatore nel 2016 proprio in bianconero, a causa delle tante commozioni cerebrali patite. I rapporti con il club bianconero e i suoi dirigenti di lunga data sono sempre rimasti buoni, anche perché la società sottocenerina sostenne l’atleta nel suo momento più buio. Steinmann diessé del Lugano? Sarebbe decisamente intrigante e una scelta assolutamente ponderata.