DAVOS – PARDUBICE
5-3
(1-0, 1-2, 2-1)
Reti: 12’55 Rasmussen (Haapala) 1-0, 31’17 Corvi (Olofsson, Wieser) 2-0, 36’28 Hyka (Radil, Ceresnak) 2-1, 36’41 Kousal (Radil) 2-2, 38’58 Dahlbeck (Wieser, Olofsson) 3-2, 40’31 Rasmussen (Haapala) 4-2, 42’25 Olofsson (Wieser) 5-2, 52’09 Mandat (Pochobradsky, Kostalek) 5-3
Penalità: Davos 1×2, Pardubice 2×2
DAVOS – C’era ancora Arno del Curto sulla panchina di quell’ultimo Davos trionfatore nella Coppa Spengler nel 2011, da tanto i gialloblù attendevano di poter tornare a sollevare il trofeo del “loro” torneo dopo aver perso nel frattempo l’altra sola finale giocata proprio l’anno dopo, contro il Team Canada dei vari Spezza, Seguin, Bergeron e star da lock out seguenti.
Oggi a giocare la finale tra le fila del Davos non c’era nessuno presente nel 2011, se non coach Josh Holden, il quale però giostrava da attaccante con il Team Canada. E non saranno quindi in molti a potersi vantare di aver vinto la Spengler sia da giocatore che da allenatore, ma per i locali, quando riesci a farlo proprio con il Davos diventi una sorta di eroe.
E di gesta eroiche stavolta non se ne sono viste dal lato della Dynamo Pardubice, arrivata in finale dopo la rimonta incredibile degli ultimi minuti della semifinale contro il Canada, ma Kousal e compagni sono sembrati più stanchi dopo aver giocato la dispendiosa semifinale della sera.
I ragazzi di Vaclav Varada hanno reagito in fretta al doppio vantaggio iniziale del Davos con due reti in pochi secondi, ma era un pezzo che i padroni di casa stavano facendo il gioco, colpendo due pali e andando vicinissimi alla terza rete. Quelle due reti a distanza ravvicinata paradossalmente non hanno cambiato la direzione del gioco, tanto che Dahlbeck ha riportato avanti i padroni di casa subito dopo, a poco più di un minuto dalla terza sirena, una bella mazzata al morale.
E infatti nel terzo periodo, se si eccettua quel momento nel finale susseguente al 5-3 di Mandat, non è sembrata quasi esserci storia, con appunto l’allungo tremendo e immediato del Davos operato con le reti del solito Rasmussen – cinque gol nel torneo, due in più di quante ne ha segnate in campionato finora – e di Olofsson che hanno messo tre distanze tra le due squadre.
A nulla è valso l’assalto finale del Pardubice, andati vicini anche alla quarta rete, ma privi della brillantezza necessaria per sperare in un altro clamoroso colpaccio o perlomeno di condurre una gara diversa dall’inizio. La Dyanmo Pardubice si è però rivelata contendente serissima, motivata e dotata sia sul piano tecnico che quello fisico, ben messa in pista da un tecnico come Varada, una squadra che può sicuramente ambire a farsi un nome importante anche fuori dall’Extraliga.
Il Davos ha vissuto questa Spengler sull’entusiasmo della piazza e sulla grande voglia di tornare a vincere il trofeo, con un gioco non sempre perfetto o superiore agli avversari ma capace di colpire nei momenti giusti, trascinati da dei rinforzi che si sono rivelati tali – soprattutto Haapala e Andersson – e da un coach come Holden che ha saputo trasmettere la giusta carica alla squadra.
E così la Spengler torna ad essere gialloblù.
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