DAVOS – È stata una serata di festa a Davos. I padroni di casa hanno vinto la più tradizionale delle sfide alla Coppa Spengler, con un successo in rimonta sul Team Canada vissuto con grande entusiasmo e che ha permesso ai grigionesi di accedere direttamente alla semifinale.
Tra i protagonisti c’è stato anche il portiere Gilles Senn, che al termine della stagione lascerà il Davos per iniziare un nuovo capitolo della carriera con l’Ambrì Piotta.
“Non vedevo davvero l’ora di giocare questa partita”, ci ha spiegato sorridente il futuro biancoblù. “In squadra era stato chiaro sin da subito che avrei disputato il secondo match del torneo, e quando ho saputo che l’avversario sarebbe stato il Team Canada la mia motivazione è aumentata ulteriormente. Ce la siamo cavata bene, all’inizio abbiamo incontrato qualche difficoltà, ma poi siamo cresciuti e questo rende la vittoria ancora più bella”.
La sfida con il Team Canada è sempre speciale, questa volta ancora di più con Josh Holden in panchina…
“Sì, è proprio così. C’è molta tradizione dietro a questa sfida, ad ogni Coppa Spengler è una delle partite che i tifosi non vogliono assolutamente perdersi. C’è tanto prestigio nel giocarla e nello riuscire a vincerla, ed in questa occasione è stata ancora più significativa visto ciò che rappresentava per il nostro allenatore”.
L’anno prossimo ti trasferirai ad Ambrì, dunque questa potrebbe essere la tua ultima Spengler per diverso tempo… Stai già pensando al cambiamento?
“È vero, c’è la possibilità che questa sia la mia ultima partecipazione al torneo, anche se non si sa mai cosa può riservarci il futuro. Chissà, magari sarà proprio l’Ambrì Piotta a farci ritorno… Lo spero, perché mi piace molto prendere parte a questa manifestazione. Ma non penso molto a questo, voglio semplicemente godermi l’edizione attuale”.
L’anno prossimo ti trasferirai ad Ambrì, cosa puoi dirci di questa scelta?
“È una decisione di cui non voglio parlare molto al momento. Sono però molto felice di poter raggiungere dalla prossima stagione l’Ambrì Piotta, con Duca e Cereda abbiamo avuto degli ottimi incontri e per entrambe le parti abbiamo trovato una soluzione ideale. Detto questo, mi concentrerò sul mio futuro solamente quando la stagione qui a Davos sarà terminata. In Svizzera oramai il mercato funziona così, è necessario firmare i contratti molto presto nel corso del campionato, quando si sta ancora vestendo la maglia della propria squadra attuale. Non voglio dunque pensare il mio futuro lavoro quando ne ho ancora uno da portare a termine qui”.
Crescendo il portiere che cercavi di imitare era Ari Sulander, mentre Pauli Jaks ha vissuto i suoi anni migliori quando eri piccolino…
“È vero, ma negli anni ho avuto modo di incrociarlo nelle vesti di allenatore. Quando l’ho conosciuto la prima volta avevo una decina di anni, da bambino ho preso parte ad un campo di allenamento ad Ambrì, e poi abbiamo lavorato nuovamente assieme in Nazionale quando ho partecipato al Mondiale U20. È però passato molto tempo e nel frattempo non ci siamo tenuti molto in contatto, ma ha partecipato anche lui ai meeting che abbiamo avuto e ci siamo fatti una bella chiacchierata”.
A 27 anni un portiere entra nella sua maturità, è così oppure senti di avere ancora aspetti in cui puoi progredire?
“Ovviamente c’è sempre qualcosa a livello tecnico in cui si può migliorare, ma in generale non penso di dover cambiare molto il modo in cui gioco. Ciò su cui si può lavorare riguarda principalmente l’aspetto mentale, oppure come ci si prepara alle partite e come si legge il gioco. Sicuramente saranno argomenti che Pauli ed io discuteremo nel corso dell’estate”.
A Davos invece stai vivendo una stagione in cui forse non giochi tanto quanto vorresti, ma sei molto unito con il tuo compagno Sandro Aeschlimann…
“Sì, con lui ho un ottimo rapporto. Conosce la mia situazione, mentre io sono consapevole che è lui ad avere più spazio tra i pali. Questo fa parte del nostro lavoro, si può mandare in pista un solo portiere alla volta. Tra di noi c’è dunque una sana competizione per ottenere il posto, ma siamo amici anche perché – è scontato dirlo – siamo nella stessa squadra. Ciò che conta sono i risultati del gruppo”.