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Interviste

Ireland: “C’era la giusta attitudine, ma abbiamo cercato di essere troppo belli”

Il coach del Lugano ha una precisa idea su quale sia stato l’ago della bilancia: “L’Ambrì ha fatto un lavoro migliore nel mandare i dischi in porta da ogni posizione. Dobbiamo giocare in maniera più intelligente”

LUGANO – Non è certo tempo di abbozzare chissà quali conclusioni dopo una sola partita, ma sicuramente il Lugano si è reso protagonista di un derby da cui può trarre alcuni importanti insegnamenti.

Tra le cose da migliorare secondo Greg Ireland non c’è però l’attitudine con cui la sua squadra è scesa in pista: “Credo che i nostri giocatori abbiano avuto un’ottima attitudine, ma nella prima parte di partita non ci siamo supportati a vicenda in maniera sufficiente. Non abbiamo iniziato come volevamo, ma alla fine credo che le due squadre avessero le stesse probabilità di vincere”.

Qual è dunque stata la differenza tra le due squadre? Per Ireland “l’Ambrì ha fatto un lavoro migliore nel mandare i dischi in porta da ogni posizione, e grazie a questo per loro sono nati il secondo e terzo gol… Questo è però un merito, perchè quando il ghiaccio è in pessime condizioni come venerdì sera mandare il puck verso la porta è sempre una buona idea”.

Già a partire dalla trasferta di Zugo di sabato sera il Lugano sarà dunque chiamato a dare più sostanza al suo gioco. “Abbiamo cercato di essere troppo belli”, conferma Ireland. “Il punto non è quello di lavorare di più, ma bensì di lavorare in maniera più intelligente, e in quest’ottica ci sono tanti elementi nel derby da cui imparare”.

Lo stesso discorso vale per il powerplay, capace sì di produrre una rete, ma che non è apparso ben orchestrato come si era ammirato durante il preseason. “Con l’uomo in più abbiamo fatto alcune delle cose che volevamo, ma quando il ghiaccio è così rovinato bisogna semplificare il proprio gioco. Abbiamo avuto delle buone occasioni, colpito due volte i ferri della porta di Conz e mancato un paio di chance a gabbia sguarnita… Questo ha fatto la differenza, la nostra esecuzione non era dove doveva essere”.

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