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Lugano

Il Bienne suona la sveglia, Gara 1 va ai Seeländer per 7-3

In vantaggio due volte, i bianconeri si fanno rimontare in 5 minuti e rischiano l’imbarcata. Decisive le troppe penalità e diverse distrazioni difensive

Il Bienne suona la sveglia, Gara 1 va ai Seeländer per 7-3

BIENNE – LUGANO

7-3

(1-1, 4-1, 2-1)

Reti: 5’34 Fazzini (Hofmann, Vauclair) 0-1, 7’21 Diem (Neuenschwander, Lüthi) 1-1, 22’04 Johnston 1-2, 25’09 Fuchs (Micflikier) 2-2, 34’24 Diem 3-2, 35’02 Rajala (Jecker) 4-2, 39’53 Neuenschwander (Lüthi) 5-2, 41’32 Micflikier (Diem) 6-2, 43’31 Micflikier (Earl, Fuchs) 7-2, 47’36 Wellinger (Bertaggia) 7-3

Note: Tissot Arna, 6’521 spettatori. Arbitri Massy, Wehrli; Borga, Kaderli
Penalità: Bienne 4×2′, Lugano 7×2′

BIENNE – Quando, sul risultato di 6-2 ad inizio di terzo periodo, Greg Ireland ha tolto dal ghiaccio Merzlikins per fare spazio a Manzato, forse non cercava la tipica “scossa”, forse aveva già capito (e non sarebbe uno scandalo, capiamoci) che Gara 1 era ormai compromessa e, risparmiando il lettone da un’eventuale imbarcata, ha voluto mettere tutti i suoi giocatori sull’attenti.

Un 6-2, trasformatosi poi sul 7-3 finale, che aveva il sapore di un piatto pesante ed indigesto, nato per le colpe di un Lugano passivo e ingenuo, il peggiore di questi playoff, contro un Bienne che ha fatto semplicemente una cosa, ossia andare per la propria strada.

Quando era Ireland a dire che le due squadre avrebbero dovuto adattarsi una all’altra, forse – ci permettiamo senza voler scadere in supponenze scivolose – non aveva fatto i conti con un Bienne che di adattarsi all’avversario di voglia non ne aveva proprio.

Costretto a dover rinunciare anche a Sanguinetti, dopo l’ormai noto infortunio di Lajunen, il coach bianconero ha rispolverato Klasen ed anche Etem, cambiando giocoforza i quintetti e in particolare i terzetti d’attacco.

Si sapeva che per il Lugano il compito sarebbe stato di quelli tosti, il Bienne, con tutto il rispetto, ha disputato tutto un altro campionato (in inverno) rispetto al singhiozzante Friborgo, ha eliminato con invidiabile sicurezza ed autorità il Davos, e anche nella prima semifinale giocata da 28 anni a questa parte, gli uomini di Törmänen hanno dimostrato di essere lì per diverse ragioni. Quelle stesse ragioni che hanno condannato il Lugano a cavallo della seconda pausa, con quei terribili 5 minuti prima della sirena nella quale i padroni di casa hanno sfruttato le penalità consecutive sui bianconeri per fare la differenza.

Fino a lì la partita era giocabile su entrambi i fronti, il Bienne da vero padrone di casa, veloce, sicuro e propositivo, il Lugano sull’altro fronte…da Lugano. Combattivo fisicamente, determinato nello slot e preparato a partire in contropiede.

Stavolta però si è capito che il Bienne aveva armi più affilate per mettere in difficoltà Vauclair e compagni, come la velocità d’esecuzione nello slot, o quella capacità di penetrare nella zona neutra come una forchetta nella fondue. Se i Seeländer hanno fatto loro queste armi sfruttando le debolezze del Lugano, gli ospiti hanno permesso che dal secondo tempo in avanti, dal pareggio di Fuchs dopo la prodezza di Johnston, di queste facilitazioni il Bienne potesse godere con regolarità.

Inutile poi ribadire l’importanza di quelle penalità guadagnate nella seconda metà del periodo centrale, alcune fiscali (ma la linea era quella) ma altre ingenue, che hanno messo le ali ai locali, tra l’altro non dei maestri proprio in power play.

Ma forse, più di quel ribaltamento dall’1-2 al 4-2, a far male è stato il 5-2 di Neuenschwander al 39’53, la rete più evitabile del pianeta delle reti evitabili. Inutile poi star qui a parlare dell’accademico terzo periodo, nel quale i ticinesi hanno perlomeno cercato di metterla sul carattere e di accendersi in vista di giovedì, ma le mosse da indovinare per Ireland saranno molto difficili.

Una partita è solo una partita, ma difficilmente il Bienne si farà sormontare come ha fatto il Friborgo semplicemente con il gioco fisico, oltretutto senza un Lajunen che era stato senza dubbio il miglior uomo da playoff nei quarti di finale assieme a Lapierre, ma soprattutto il peso massimo che sapeva spostare equilibri e uomini.

Ci si dovrà attendere di più sul piano della disciplina (la prima gara giocata a corrente alternata dal Lugano), sul “filtro” in zona neutra e sulle soluzioni per saltare quello del Bienne. Ma ci si dovrà attendere lampi indispensabili da chi, come Klasen, è chiamato ora a spostare gli equilibri in un altra maniera, la sua.

È solo una partita, e il risultato è fine a se stesso, ma quei dieci minuti nel periodo centrale hanno detto molto di questa serie, il Bienne non è cambiato di una virgola, a cambiare dovrà essere il Lugano, senza se e senza ma. Perché questi sono i playoff, semplicemente.


IL PROTAGONISTA

Antti TörmänenSi dice che i finnici siano freddi e “cinici”, e se dal lato del Lugano l’assenza di un finnico si è fatta sentire, sulla panchina del Bienne, quella di Törmänen è stata ancora decisiva.

Freddo e sicuro come la sua squadra, l’ex Berna ha insegnato ai suoi giocatori a non farsi sopraffare dalle emozioni, ad andare avanti sempre e comunque, con una determinazione e una disciplina impressionanti. Freddi come macchine.


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