LUGANO – LOSANNA
3-4
(1-0, 2-2, 0-2)
Note: Resega, 6’069 spettatori. Arbitri Kurmann, Mandioni; Abegglen, Progin
Penalità: Lugano 9×2′, Losanna 11×2′
LUGANO – Una mera illusione. Quelle 4 vittorie ottenute un paio di settimane fa avevano illuso tutti, sul fatto che il Lugano avesse cambiato marcia veramente, invece la sconfitta di Bienne a questo punto non deve essere vista semplicemente come una semplice ricaduta ma era bensì un segnale chiarissimo.
I vari sospiri di sollievo tirati dai più dopo che il Lugano si è portato sul 2-0 e poi sul 3-1 contro il Losanna di Ratushny si sono trasformati in un colpo in ossigeno da trattenere nei polmoni, quando tutti quei power play scivolavano via senza che i bianconeri potessero colpo ferire.
Una situazione che a tutti ha ricordato quella vissuta nella sconfitta casalinga contro lo Zugo, con quelle situazioni di 5 contro 3 sprecate da Klasen e compagni, e mano a mano che i minuti passavano, l’incubo si è fatto reale.
Dal 2-0 e 3-1 al 3-4, con il pareggio e il vantaggio decisivo dei vodesi caduti tra il 55′ e il 57′, due colpi micidiali ma logici, come la natura di questo sport spesso insegna. Due mazzate a quelle certezze che il Lugano si era costruito nella prima mezzora, giocata bene e con un power play che mostrava un brio mai visto in questa stagione.
E poi il crollo, iniziato con quel disco perso in power play sull’angolo alto da Bürgler (1 gol e 2 assist, ma anche una miriade di errori enormi) con Augsburger abilissimo e freddo nel saltare Merzlikins per la rete che ha diviso la partita. Da quel preciso istante i bianconeri sono passati da una delle facce migliori degli ultimi tempi a una delle peggiori, mostrando un tale insicurezza unita alla paura di prendersi delle responsabilità che lascia basiti di fronte a chi andava in pista a giocare certe situazioni.
Paura di sbagliare (che automaticamente porta all’errore continuo), fretta, imprecisione e immobilismo da parte di chi ha giocato e di chi era in panchina (un time out sarebbe stato d’uopo in certi momenti di apnea) per un miscuglio di confusione difficile da comprendere dopo quei primi 30′ se la squadra in questione non fosse il Lugano. Una squadra che ci aveva già abituata a questi sali-scendi, ma che dopo aver recuperato la gran parte degli infortunati e aver trovato rassicuranti vittorie ci conferma che non è guarita, che è sempre pronta all’imprevedibile ricaduta.
Sprecare addirittura quasi 5′ totali di doppia superiorità numerica è già di per se un crimine, farlo senza praticamente rendersi pericolosi davanti a Huet (che un paio di big save li ha ancora tirati fuori) è sintomo di qualcosa di preoccupante. Preoccupante come la caduta della seconda parte di partita, con i bianconeri incapaci di reagire sul piano caratteriale, quasi fossero pronti s conoscessero già il finale di questa partita, ed è un fatto visto da fuori che deve far riflettere.
È una squadra che alla prima difficoltà si sfalda e non è più in grado di reagire, una squadra i cui leader sembrano sempre più trasformarsi da leoni in agnelli, una squadra alla quale non manca la qualità, ma di sicuro alla quale manca una fiamma che sappia bruciare con costanza.
È un Natale che rischia di rendersi amaro, che lo è già dopo i fischi per certi versi comprensibili oer dei tifosi che logicamente non sanno più cosa pensare di questa squadra. Per renderlo un po’ meno amaro ora occorre andare nella tana dei Lions, per cercare un po’ di morale e spirito onde non passare le feste alla Coppa Spengler con i mattoni sullo stomaco. Certo è che ora come ora, pensare ad un’ultima reazione proprio all’Hallenstadion fa un po’ strano. E anche un po’ paura.
Un ultimo breve spazio lo dedichiamo alla nuova “tolleranza zero” applicata da questa giornata sulle piste svizzere. Il principio può essere nobile, ma con la classe arbitrale svizzera la prima prova sembra un pieno fallimento, almeno da chi l’hockey lo ama e lo vuole proteggere. Questa nuova disposizione, che già introdurla in pieno campionato è alquanto pericoloso, ha di fatto permesso agli arbitri di commettere atti visti dai più come protagonismo e cambiare una linea (se mai ce ne fosse stata) fischiando praticamente ogni contatto sospetto.
Quello che invece ci si aspetta è che la tolleranza zero venga applicata dapprima e con vigore agli interventi più pericolosi, per preservare la salute dei giocatori (perché è anche a questo che servono le regole) per poi scalare con giudizio e coerenza verso le situazioni meno gravi.
Ciò che si è visto a Lugano e su molte altre piste è stata quasi una caccia alle mosche da parte degli zebrati, che hanno completamente rovinato uno sport che va arbitrato con polso fermo e coerenza con il pensiero rivolto dapprima al suo regolare svolgimento e alla salute dei giocatori, non con le armi del protagonismo e dello zelo a tutti i costi.
Sul 3-2 il Lugano ha avuto lunghissimi minuti di doppia superiorità numerica andata completamente sprecata, e la legge dello sport si è palesata nella sua forma più crudele: gol sbagliati uguale a gol subiti. Tanto semplice quanto letale.
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