LUGANO – DAVOS
5-2
(1-1, 0-0, 4-1)
Reti: 7’18 Hofmann 1-0, 10’22 Nygren (Du Bois, Rödin) 1-1, 41’16 Hofmann (Haapala) 2-1, 43’11 Hischier (Bader) 2-2, 47’38 Walker (Lapierre) 3-2, 48’38 Riva (Klasen) 4-2, 53’00 Bürgler 5-2
Note: Corner Arena, 6’072 spettatori. Arbitri Lemelin, Tscherrig; Borga, Fuchs
Penalità: Lugano 5×2′, Davos 5×2′
LUGANO – La sfida tra Lugano e Davos è sempre stata, dagli albori dei playoff e qualche annetto prima, una classica del nostro campionato. Una classica tra nobili, spesso durissima sul lato fisico, tra colpi proibiti e rivalità ataviche, una sfida che ha deciso diversi campionati.
Quella andata in scena alla Cornèr Arena venerdì sera era semplicemente agli antipodi rispetto ai duelli di cui sopra, chi l’ha vista ha sicuramente ben capito il momento che stanno attraversando le squadre rispettivamente di Greg Ireland e Arno Del Curto e che la vittoria era l’unica cosa che contava aldilà della forma.
Partito anche bene il Lugano – col “debuttante” Klasen oltre al recuperato Morini – nei primi 4-5 minuti si è vista una squadra vogliosa di crescere e dimostrare le sue capacità, intenzionata insomma a dimostrare che tutto quello che si è detto e scritto in tutti questi giorni difficili non appartiene a quel gruppo.
Che di questo gruppo nemmeno si può dire che scenda in pista con malavoglia o fastidiosi atteggiamenti visti spesso in passato, no. Spesso ci prova, sbatte e sbaglia per poi ricominciare, ma con lo stesso risultato, sintomo che nella testa dei giocatori le idee latitano ancora e che la paura di commettere un errore porta alla logica conseguenza (la legge di Murphy, ricordate?) che quell’errore capiterà al 100%.
Lo si è visto immediatamente dopo la rete di Hofmann nel primo tempo, quella che ha dato il primo vantaggio ai bianconeri, una volta incassato il pareggio di Nygren – prima rete stagionale per lo svedese! – il disco ha cominciato a scottare come lava incandescente, i bastoni sembravano essersi accorciati di trenta centimetri e la pista sembrava lunga quanto i campi da calcio di Holly e Benji.
Da lì si è ripartiti, con il Lugano timoroso e pasticcione, dall’altra parte un Davos che di errori ne ha commessi tanti se non quanti i padroni di casa, ma nella frazione centrale ci è mancato un nonnulla che i grigionesi potessero addirittura andarsene alla pausa in vantaggio se non fosse stato per alcuni interventi di Merzlikins.
Vero che dall’altra parte c’è stata la clamorosa traversa di Vauclair e delle belle incursioni dei vari Hofmann e Klasen ma in quel momento era evidente che il Lugano si stesse affidando ai singoli e al voler tutto fare, di nuovo la soluzione peggiore in un secondo periodo che è stato a dir poco inguardabile per gli errori commessi cambio dopo cambio su entrambi i fronti.
Altro sintomo che in questo momento il Lugano e comandato dalla sua testa “bipolare”? Dopo aver chiuso il secondo periodo ancora sull’1-1 Hofmann (e chi sennò?) in combutta con Haapala ha sfruttato una prateria per andare di nuovo in vantaggio ma una penalità è bastata perché gli ospiti rientrassero anche con facilità.
Ci sono volute due reti nella sequenza di un minuto per dare una bella scrollata al Dottor Jekyll e farlo tornare nelle sembianze di Mister Hyde e magicamente sul 4-2 i passaggi sono tornati sulle palette, gli scontri fisici più intelligenti e la fiducia nei propri mezzi era tutt’altra cosa.
Sembra incredibile, ma anche una squadra come il Lugano, zeppa di uomini dalla personalità forte di leader e gruppo che pareva inscalfibile, è sensibilissimo ai propri sbalzi d’umore. Il problema è che i bianconeri da questi sbalzi d’umore non possono essere dipendenti, non se lo possono permettere e non è la squadra che dovrebbe subirli. I
l terzo periodo contro il Davos ha fatto ben sperare, il gioco non è magicamente diventato perfetto ma è un mattone da cui ripartire. In questo weekend fondamentale il Lugano è a metà strada, uscire senza posta piena potrebbe di nuovo scalfire la fiducia dei bianconeri, ma anche con gli eventuali 6 punti sarebbe da incoscienti pensare di averla fatta franca, anche se per ora i punti sono l’unica cosa che conta.
IL PROTAGONISTA
Gregory Hofmann: È uno dei pochi, se non l’unico, che quando decide di fare le cose a modo suo riesce a far bene. Nella confusione di settimana scorsa anche il topscorer si è fatto “infangare” fino alle ginocchia ma venerdì sera è stato ancora decisivo.
Sbaglia e sbatte anche lui come i suoi compagni in questo periodo ma davanti alla porta se vuole è implacabile. Con i soli spunti personali, è risaputo, non si va da nessuna parte, ma quelli di Hofmann perlomeno sono puro ossigeno in un periodo di continue apnee notturne.
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