Dopo 12 anni e cinque Stanley Cup vinte con gli Edmonton Oilers, nel 1991 il canadese Mark Messier decide di trasferirsi a New York, ma il suo passaggio ai Rangers non fu un’operazione di mercato come tutte le altre. Tra i giocatori più forti della sua epoca ed uno dei migliori centri di sempre, Messier a Manhattan non si sarebbe trovato confrontato solamente con delle aspettative altissime, ma avrebbe dovuto rompere una vera e propria maledizione.
Nonostante il prestigio del Madison Square Garden e una potenza finanziaria praticamente illimitata, l’identità dei Rangers non è mai stata quella di un club vincente, e ad inizio anni Novanta si era superato il “traguardo” dei 50 anni dall’ultima Stanley Cup, conquistata addirittura nel 1940. Praticamente la preistoria dell’hockey.
La leggenda narra che quell’anno la dirigenza dei Rangers bruciò il mutuo – oramai pagato – del Madison Square Garden all’interno della Stanley Cup appena vinta, e gli dei dell’hockey maledirono il club per questo. Altri credono invece che la maledizione venne da Red Dutton, coach e manager dei New York Americans, club che nel 1942 fu costretto a cessare le operazioni mentre i Rangers diventavano sempre più popolari. Superstizioni e leggende metropolitane, ma era chiaro che qualcosa avrebbe dovuto cambiare, e Mark Messier fu chiamato proprio per questo.
“Ero nato e cresciuto ad Edmonton, avevo vinto cinque Stanley Cup e all’età di 30 anni la sfida che mi si presentava a New York mi ha subito intrigato. Sarebbe stato un cambiamento sensato, dal punto di vista sportivo ma anche personale”, ha raccontato Messier anni dopo. ”Portare i Rangers alla vittoria era la più grande sfida che la NHL potesse offrire”.
L’euforia al suo ingaggio – tra i tifosi ma anche nello spogliatoio – fu incredibile, ed anche se il successo di squadra non fu immediato, il cambiamento di mentalità era chiaro e netto. Alla sua prima stagione Messier firmò 107 punti in 79 partite e venne premiato con l’Hart Trophy e Ted Lindsey Award. La Stanley Cup era ancora lontana nonostante il President’s Trophy e una serie di playoff molto controversa contro i Penguins, ma ora la squadra aveva qualcuno da seguire. Ora la squadra aveva un leader.
“Quando sono arrivato nessuno voleva parlare della Stanley Cup… Non si volevano avere aspettative troppo alte, per evitare di rimanere delusi – aveva commentato Messier – ma se non stai male quando perdi non avrai mai la forza di raggiungere il tuo obiettivo”. Per creare il giusto ambiente fu necessaria una stagione 1992/93 disastrosa, quando i Rangers mancarono l’accesso ai playoff e videro allontanato coach Roger Neilson, sostituito con un vero “generale di ferro”, Mike Keenan.
Messier e Keenan si trovarono immediatamente sulla stessa lunghezza d’onda. Al primo giorno di training camp il nuovo allenatore tappezzò lo spogliatoio di fotografie della Stanley Cup, dando alla squadra la chiara missione di rompere la maledizione guardandola dritta negli occhi. “L’unica ragione per cui andai a New York era per alzare la coppa, e volevo vincerla immediatamente”, affermò il coach.
L’inizio di stagione fu brusco, i durissimi metodi dell’allenatore e le altissime pretese crearono un clima di tensione a cui l’intera squadra dovette abituarsi nel corso dei mesi, ma i Rangers finirono per dominare la regular season presentandosi ai playoff come la principale contendente al titolo.
L’intenzione del club di andare “all in” fu evidente alla deadline, quando da primi in classifica vennero effettuati diversi scambi di peso, lasciando partire giocatori come Tony Amonte e Mike Gartner (e il futuro bianconero Peter Andersson) per ingaggiare elementi fisici e d’esperienza come Stephane Matteau, Brian Noonan, Glenn Anderson e Craig MacTavish, quest’ultimo coach del Losanna la passata stagione.
Iniziarono i playoff e i Rangers superarono i primi due round come un uragano, battendo Islanders e Capitals rispettivamente per 4-0 e 4-1, ma il vero ostacolo nella corsa alla Stanley Cup attendeva Messier nella finale di Conference. Di fronte si sarebbero trovati i New Jersey Devils del rookie Martin Brodeur.
In quella che viene considerata come una delle serie più belle e intense di sempre, i Rangers iniziano bene ma rischiano di sfaldarsi dopo Gara 4, quando Keenan sostituì Richter tra i pali e decise di relegare in panchina Leech, creando una rottura pericolosa tra staff e spogliatoio. I Devils riescono così ad impattare la serie sul 2-2 e mettono poi New York all’angolo imponendosi al Madison Square Garden.
La maledizione, ancora lei, sembrava poter condannare nuovamente il club ad un epilogo miserabile. Messier si fece però portavoce dell’intera squadra, parlò con Keenan e gli spiegò di capire che le sue azioni avevano lo scopo di motivare il gruppo a dare il massimo, ma che arrivati a quel punto non era più necessario usare queste strategie. “Mike, sappiamo di poter vincere la Stanley Cup se battiamo i Devils”, disse Messier con le lacrime agli occhi, e da quella discussione ogni attrito sparì.
“Capii l’appello che stava facendo a nome dei suoi compagni – spiegò anni dopo Keenan – e lui comprese il messaggio che volevo far passare. Per vincere avevamo bisogno di più da parte di tutti, solo così avremmo potuto ottenere ciò che meritavamo”.
Sotto per 3-2 e con la prospettiva di giocare una partita di importanza storica in trasferta, Messier decise di fare un passo in più. Tramite stampa assicurò che i Rangers avrebbero vinto Gara 6, in quella che è una delle cover più iconiche del New York Post: “WE’LL WIN TONIGHT”.
“Avevamo bisogno di qualcosa che ci permettesse di ritrovare fiducia e momentum. Non ci ho pensato molto, volevo semplicemente che i miei compagni sapessero che credevo fermamente nella squadra”, aveva spiegato Messier nella mattinata di quello storico 25 maggio 1994.
I più superstiziosi non videro però di buon occhio quell’uscita, ed infatti l’inizio di partita per i Rangers fu da incubo. I Devils si portarono rapidamente in vantaggio per 2-0, e solamente un gol di Alex Kovalev nel periodo centrale e una prestazione superba di Mike Richter permise agli ospiti di mantenere viva la speranza.
Nel terzo tempo però tutto cambiò, Messier pareggia dopo un paio di minuti e si può percepire nell’aria che qualcosa di speciale sta per succedere. La direzione della partita si inverte completamente e il capitano porta in vantaggio i Rangers, prima di mettere il sigillo sulla gara a porta sguarnita rimandando ogni decisione a Gara 7. Messier aveva garantito la vittoria, ed ha mantenuto la parola firmando un hat trick nel terzo periodo!
“Ha detto che avremmo vinto… Ha segnato il gol decisivo e poi chiuso la partita con una tripletta. Tra i pali ho iniziato a ridere, è stato semplicemente assurdo!”, ha commentato il portiere Mike Richter. “L’ho guardato raggiungere la panchina con le braccia alzate, e non ho potuto fare altro che scuotere la testa. Non potevo credere a quanto era successo”, ha aggiunto Brian Leech.
La serie continuò con una Gara 7 dalle proporzioni epiche, e poi con una finalissima contro i Vancouver Canucks intensa e imprevedibile. Queste sono storie per un’altra occasione, ma tutto cambiò quel 25 maggio 1994. “We’ll win tonight”, e mantenendo la promessa i Rangers di Messier ruppero finalmente la loro maledizione.