Martin St. Louis è un uomo a cui è stato detto “no” tantissime volte nel corso della sua vita. “No”, sei troppo piccolo. “No”, nessuna squadra ti ha draftato. “No”, in NHL non giocherai mai. “No”, con il tuo fisico non vai bene nemmeno per una quarta linea. “No”, è meglio se rinunci. Lui però non ha mai rinunciato, ha insistito guadagnandosi ogni singolo traguardo di quella che è diventata una carriera da hall of famer, ma nessun ostacolo è stato così grande come quello che ha dovuto superare nella primavera 2014.
Con i suoi New York Rangers sotto per 3-1 nel secondo turno di playoff contro i Penguins, St. Louis stava volando a Pittsburgh per affrontare una partita da ultima spiaggia, quando il suo telefono suonò ancor prima che l’aereo potesse atterrare. Era il padre, che lo informava che la madre era morta all’età di soli 63 anni per un improvviso attacco di cuore.
Una notizia devastante. Marty aveva perso la persona più importante nella sua vita, quella che pur capendo poco o nulla dello sport di cui il figlio si era innamorato, lo spronava a non dare ascolto a tutti quei “no”, che tanto spesso si sentiva dire. “Fagliela vedere, Marty”, gli diceva ogni sera rimboccandogli le coperte, “dimostra a tutti quanto sei bravo!”.
E lui continuò a seguire il suo consiglio. Il giorno dopo quell’orribile telefonata scese in pista con i suoi compagni, contribuendo alla vittoria per 5-1 che permise ai Rangers di allungare la serie tornando a giocare al Madison Square Garden. Gara 6 era in calendario l’11 maggio, Mother’s Day.
“È stata una giornata speciale. Mio papà e mia sorella erano in tribuna, così come mia moglie e i miei figli. Sono sceso sul ghiaccio ed ho vissuto uno dei momenti più indimenticabili della mia carriera”, aveva poi commentato St. Louis.
Dopo soli tre minuti di gioco un tiro di Derek Stepan respinto da Marc-André Fleury rimbalzò proprio sulla gamba destra del piccolo canadese, ed il puck rimbalzò in porta. Gol. Martin St. Louis aveva appena segnato la rete d’apertura in una serata in cui tutta Broadway aveva dedicato la festa della mamma al coraggioso numero 26. I muri della “World’s Most Famous Arena” vibrarono come non succedeva da anni.
“Solitamente avrei archiviato l’episodio come un classico rimbalzo fortunato, ma in quel gol è intervenuto qualcosa di più della fortuna. Mentre festeggiavo con i compagni l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era di voler recuperare il disco, e proprio mentre mi stavo dirigendo verso la panchina mi sono ritrovato il puck tra i pattini. In quel momento ho capito che mia madre era lì con me”, ha ricordato un anno dopo St. Louis su The Athletic.
Quel disco è poi finito a Laval, nel Quebec, e riposa al fianco della madre di Marty. Nel frattempo i New York Rangers vinsero quella partita e poi anche la serie, eliminando i Penguins con una storica rimonta dopo essere stati sotto per 3-1. La squadra allora allenata da Vigneault affrontò poi i Montreal Canadiens nella finale di Conference – un altro incredibile segno del destino – e si qualificò alla finalissima per la Stanley Cup per la prima volta dopo 20 anni.
Alla fine St. Louis non riuscì a sollevare una seconda Stanley Cup. A vincere furono i Los Angeles Kings per 4-1, con i californiani che si imposero in due partite al doppio overtime, e in un’occasione al primo supplementare. Questo non ha però cancellato una delle primavere più emozionanti della storia recente in NHL, un grande capitolo nella carriera di un giocatore che ha saputo imporsi come un’incredibile eccezione e contraddizione.
“I hope I showed them for you, Mom”, aveva dichiarato. Tranquillo Marty, non avresti potuto fare di meglio.