ZUGO – Dan Tangnes voleva decisamente un risultato diverso, ma l’entrata in materia non ha sorriso al tecnico dello Zugo. Con la consueta disponibilità il norvegese ci ha raccontato i suoi sentimenti in una lunga chiacchierata.
“Abbiamo iniziato male la contesa. Sapevamo che non era evidente ritrovare il ritmo dopo due settimane di pausa, lo si era già visto nelle altre sfide di playoff precedenti alla nostra. Ho captato anche un po’ di nervosismo in alcuni giocatori. Per qualcuno era la prima partita in un playoff. C’era un po’ di tensione nel primo tempo, un primo periodo pessimo. Nel secondo tempo, pur non essendo stati nemmeno lì particolarmente bravi, è andata un po’ meglio. Sono invece contento della terza frazione, lì abbiamo trovato maggiore unità e compattezza e siamo riusciti a mantenere il puck a lungo in fase offensiva. Sono dispiaciuto per la sconfitta, ma questi sono i playoff, sono fatti di momentum, sta a noi ora reagire. Sappiamo di poter e dover migliorare in diversi aspetti”.
Pensi che la qualità dei passaggi, meno buona del solito, dipenda pure dal nervosismo?
“Lo spero. Io so che i miei giocatori sanno fare i passaggi, ma è una domanda da un milione di dollari. Se dovessi scommettere i miei soldi, ti direi che una grande parte degli errori è appunto dovuta al nervosismo, ma siamo nel campo delle ipotesi in fin dei conti. Non ho la risposta esatta. Aggiungo che non è solo la qualità dei passaggi a fare la differenza, bensì anche quanto sei veloce nell’essere in posizione. I quattro giocatori che non sono in possesso del disco sono fondamentali, bisogna fare i giusti movimenti e prendere le decisioni in maniera veloce”.
L’errore decisivo, costato il GWG, è stato commesso da Stadler, uno degli elementi scafati. Ti fa arrabbiare di più che l’errore sia appunto di un “veterano” e non di uno dei tanti giovani schierati?
“No. Fare errori è umano. Ovviamente non è quello che vogliamo che accada, ma può succedere. Torniamo indietro di tre anni. Eravamo sotto 3-0 nella finale, anche in quell’occasione avevamo fatto molti errori fino a lì, ma riuscimmo a girarla e a vincere. Cominciare a puntare il dito contro uno o l’altro è magari la soluzione più semplice, ma non ti aiuta di certo. Entrambi i gol del Davos sono scaturiti da grandi errori nostri, ma questo è l’hockey. Noi forziamo per cercare di costringere l’avversario all’errore, la stessa cosa fa il Davos. Non importa quindi se l’errore sia fatto da Stadler o da un ragazzo giovane, può capitare a tutti”.
Sono magari mancate un po’ le emozioni? Vozenilek ha provato ad accendere la miccia con dei check e delle sane provocazioni, ma non è sempre stato seguito dai compagni. Come se non ci fossero abbastanza giocatori pronti a dare la giusta benzina…
“Daniel è uno di questi elementi, più in generale tocca agli stranieri dare questi impulsi, ma non dobbiamo dimenticarci che avevamo parecchie assenze e non stiamo parlando di elementi nella media, ma di sei o sette giocatori di formato internazionale. Ogni squadra ne risentirebbe. Non mi piace parlare degli assenti, non lo faccio praticamente mai, io preferisco concentrarmi su chi è presente, ma faccio una piccola eccezione per spiegarti cosa intendo. Non puoi mica pensare che il subentrante possa rimpiazzare one-to-one Kovar nel suo ruolo di capitano e leader, oppure sostituire allo stesso modo un Herzog. Vado oltre, a mio avviso non sono mancate le energie o le emozioni, non siamo semplicemente riusciti a sfoderare le nostre qualità tecniche e il nostro gioco. È mancata l’esecuzione, insomma”.
Nonostante la sconfitta penso che puoi essere fiero. Ti sei presentato con tre difensori nati nel 2006 e in attacco c’erano altri due giovanissimi, Lindemann e Wey. Tanti dicono di voler formare e inserire i giovani, ma non è sempre evidente, voi invece lo fate eccome…
“In regular season abbiamo avuto oltre 1’000 minuti in più del secondo team per quanto concerne l’impiego dei giocatori U20, questo è vero. Il nostro campionato però non è evidentemente solo una questione di formazione, conta il risultato. Se i giovani arrivano sino alla prima squadra non li considero più tali, sono degli elementi che giocano in una lega di uomini e non li tratto in maniera diversa. Sono ovviamente felice che Colin Lindemann abbia segnato la sua prima rete in NL, questo fa piacere, ma io non bado all’età. Sono giocatori come gli altri, ricevono delle responsabilità, devono prendersele e farsene carico. Poi capisco che magari, al debutto in un playoff, è tutto un po’ diverso, c’è più fisicità e ci può essere un pizzico di nervosismo. Ad esempio, probabilmente ho captato per la prima volta questo sentimento in Ludvig Johnson. Lui e gli altri ragazzi impareranno da quanto accaduto in questa serata. Più in generale, sono quasi sicuro che nessun giocatore sia contento della sua prestazione personale, tranne forse Genoni. Tutti hanno un potenziale maggiore. Ora tocca a me e al mio staff provare a caricare i ragazzi, aiutarli e spingerli al fine di migliorare in vista di gara-2”.
E di te che ci dici? Sono i tuoi ultimi playoff con lo Zugo, presumo non sia evidente far finta di niente o ignorare questo fatto. In città ci sarà diversa gente che ti ferma per strada e ti parlerà del tuo addio imminente…
“Quando preparo la partita, quando sono in panchina, non ci penso. Tra i match, oppure prima dell’inizio dei playoff, è invece certamente un argomento. Le persone sono molto gentili, mi fanno tutti i complimenti per gli anni e i successi che abbiamo avuto insieme. Hanno apprezzato questo lungo periodo insieme. Io spero logicamente di poter dare loro ancora ulteriori grandi ricordi nelle prossime settimane, sperando che siano ancora sei (Tangnes ci fa l’occhiolino, ndr)”.
