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Ambrì Piotta

Se vuole fare un passo avanti, l’Ambrì deve imparare e ripartire

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AMBRÌ – Trovare le parole e argomentazioni giuste per valutare nel complesso ed in maniera corretta una stagione come quella appena conclusa dell’Ambrì Piotta non è sempre semplice, soprattutto considerando l’ingannevole euforia che scaturisce una volta conquistata la salvezza. Il tutto è stato accentuato dall’aver concluso il campionato vincendo una serie – pur contro la peggior squadra della NLA – mentre l’ottenimento del nono o decimo posto dopo il girone di playout avrebbe paradossalmente generato un minor senso di gratificazione.

Facile dunque, tra un sorriso ed una pacca sulla spalla, perdere di vista i tanti problemi che hanno afflitto la squadra nel corso del campionato, con la tentazione di “lasciar correre” alcuni aspetti – nella speranza che in futuro vada meglio – che è sicuramente molto allettante. Mai errore sarebbe però più grande. L’Ambrì nel valutare l’annata 2014/15 deve essere severo, estremamente severo, pena lo spreco di un altro anno in un processo di ricostruzione che si è inceppato a causa di alcuni “colpi sparati a salve”, e che a conti fatti hanno compromesso la stagione.

Cercando di dare il giusto peso alle situazioni venutesi a creare, è necessario togliersi immediatamente il “sassolino nella scarpa” rappresentato dall’attenuante degli infortuni che, impossibile negarlo, hanno avuto un impatto importante sulla stagione.

Le cose erano iniziate male sin dall’inizio, con Elias Bianchi che era stato fermo per oltre un mese dopo la frattura del malleolo, costringendo così a rompere una terza linea che l’anno precedente aveva fatto benissimo. Quell’alchimia e quell’equilibrio sostanzialmente non è più stato ritrovato, sia per il lungo infortunio patito da Grassi – quanto è mancato! – sia per una stagione insufficiente di Schlagenhauf.

Sul fronte difensivo O’Byrne si è invece infortunato sostanzialmente ancora prima di cominciare. L’episodio ha riportato alla mente l’immediata bandiera bianca alzata da Noreau un anno prima, ma in quel caso si era trovato in Nordlund un degno sostituto, cosa non successa con l’arrivo di Bouillon.

La prima linea ha invece subito un durissimo colpo dopo quella disgraziata serata di Bellinzona, dove i tifosi biancoblù hanno maledetto la neonata Coppa Svizzera ed hanno visto diventare realtà uno dei loro incubi peggiori: un infortunio di lunga data di Pestoni. La fantasia e la tecnica del numero 18 è mancata come il pane, anche se la situazione ha permesso a Stucki di rivelarsi ben più dotato e prezioso di quanto tutti potevano pensare.

Si è poi aperto il capitolo relativo agli infortuni dei due portieri, prima con la commozione cerebrale rimediata da Flückiger con la maglia del Ginevra, e poi a due riprese con i guai che hanno messo KO Zurkirchen. Gli episodi hanno portato con loro il passaggio di ben cinque portieri – Lorenzo Croce, Dennis Saikkonen, Gianluca Hauser, Michael Tobler ed Edgars Masalskis – ma anche diverse polemiche relative alla gestione sportiva della situazione.

L’Ambrì Piotta si è così dovuto confrontare con degli infortuni che hanno coinvolto le colonne portanti di qualsiasi squadra: i portieri, il miglior attaccante svizzero ed uno dei difensori chiave, oltre naturalmente ai diversi altri “infortuni sparsi” che in definitiva non hanno mai permesso a Pelletier di avere a disposizione la rosa completa. Per una realtà modesta come quella leventinese, è chiaro che la continua mancanza dei propri effettivi è un problema che diventa enorme in un attimo.

Problemi però non insormontabili – come dimostrato la stagione precedente – a patto di avere una struttura di squadra forte ed un’organizzazione tattica in grado di non collassare alle prime difficoltà. Elementi questi che in definitiva l’Ambrì ha purtroppo dato prova di non avere, ridimensionando l’accoppiata “infortuni/sfortuna” e mettendo sempre di più in evidenza i suoi limiti alle fondamenta.

Partendo dal mercato, bisogna constatare che alcuni ingaggi si sono rivelati sicuramente azzeccati (magari anche oltre le aspettative), come quelli di Fuchs, Lauper, Stucki e Zgraggen. Tutti hanno saputo sfruttare le loro occasioni al meglio: Fuchs nel finale ha saputo addirittura fare meglio di Aucoin in prima linea (!), Lauper ha conquistato velocemente un meritato posto nel secondo blocco, Stucki si è dimostrato indiavolato ad ogni uscita, mentre Zgraggen ha mostrato delle grandi potenzialità. Non dimentichiamo inoltre Adam Hall, che si è rivelato essere un leader fondamentale ed un giocatore dall’incredibile spirito di sacrificio, che gli ha permesso di essere per mesi la vera luce della squadra.

Altre scommesse, però, sono state decisamente perse, e sono queste ad aver minato alla base la stagione. Partito Noreau, in difesa nessuno ha saputo portare fantasia ed iniziativa, con le prestazioni di Birbaum e Bouillon che sono state semplicemente disastrose. Con la meteora Kinrade che è stato forse il difensore più bilanciato ad aver vestito la maglia biancoblù in stagione, anche O’Byrne in definitiva non era l’uomo giusto per questo Ambrì, pur essendosi dimostrato un onesto giocatore.

Pelletier in questo senso ha indubbiamente commesso degli importanti errori, che vanno unite al fatto di aver affidato a Gautschi delle responsabilità che non sono nelle sue corde. Unendo il tutto alle prestazioni insufficienti dei vari Sidler, Trunz e Grieder, ne è scaturita la seconda peggior difesa del campionato.

Assolutamente insufficiente anche la stagione di Aucoin che, nonostante un bottino di punti discreto e lo scomodo fatto di dover subire il continuo confronto con Park, non ha mai dimostrato di avere il livello per essere un giocatore dominante in NLA, se non contro gli avversari più scarsi. Nervoso, frustrato ed impreciso, il suo ingaggio si è rivelato un errore ed infatti una sua conferma pare da escludere, anche se club e agente discuteranno sul da farsi a breve. Un discorso simile vale per Dostoinov, a cui Pelletier ha dato tante opportunità per dimostrare il suo valore, ma il russo è sempre apparso ad un nulla dal raggiungere un buon livello, senza però fare il salto di qualità.

Pelletier avrà dunque da che imparare dai suoi errori, pur con la consapevolezza di aver portato in biancoblù alcuni elementi sicuramente interessanti, elencati sopra. I “buchi nell’acqua” fatti con Birbaum, Bouillon e Aucoin sono però di dimensioni troppo importanti per essere ripetuti una seconda volta.

Più ingeneroso sarebbe invece girare il coltello nella piaga per quanto riguarda la gestione dei portieri, condizionata da degli infortuni che purtroppo possono sempre succedere. I diversi rimpiazzi arrivati hanno fatto del loro meglio, anche se Saikkonen non aveva il livello necessario per competere a lungo in NLA, mentre il prestito di Hauser è stato gestito senza la necessaria diplomazia, giocandosi un po’ fiducia e simpatia nei confronti dello Zugo.

L’avvenuto ingaggio di Nolan Schafer rappresenta però un’ammissione di colpa nell’aver portato in biancoblù Flückiger che – nonostante gli infortuni – non ha mai dato sicurezza alla squadra. Probabilmente nel finale di regular season si è puntato eccessivamente su di lui nonostante si avesse a disposizione un portiere di classe mondiale come Masalskis.

Collegato alla tematica dei portieri si apre poi un capitolo potenzialmente infinito relativo all’inserimento in prima squadra dei giovani, avvenuto col contagocce solamente in Coppa Svizzera e in due incontri di campionato, grazie alla presenza di Misha Moor e Dylan Giannini. L’argomento si è scaldato particolarmente in relazione alla decisione di non impiegare Michael Chmel – inizialmente affermando che si sarebbe compromesso il suo processo di naturalizzazione – che in molti avrebbero voluto vedere all’opera al posto di uno dei tanti portieri di passaggio giunti alla Valascia. Sostanzialmente non lo si è ritenuto in grado di competere in NLA, valutazione che avrebbe probabilmente meritato una “prova sul campo” per essere confermata.

L’argomento meriterebbe sicuramente più spazio, ma in generale è chiaro che nell’organizzazione biancoblù vi sono diversi ragazzi dal chiaro talento, come testimoniano le puntuali convocazioni nelle nazionali di categoria. Non dare loro una possibilità in futuro sarebbe semplicemente un delitto. Tra di loro rientra anche Lhotak, che dopo il rinnovo deve essere impiegato con regolarità.

Vi è poi un ultimo capitolo che riteniamo centrale nella stagione biancoblù, ovvero quello relativo alla fragilità mentale della squadra, che nei momenti di maggior tensione è venuta meno. Questo lo si è constatato sia all’interno delle partite stesse – spesso vertiginose le differenze di atteggiamento tra i diversi periodi, troppi i punti persi a fil di sirena – sia nell’arco di fette di stagione più estese. Senza dover scavare troppo nella memoria, basti vedere le non-prestazioni in alcuni frangenti decisivi, quando ad esempio ci si era portati a soli tre punti dal Bienne, o quando ancora si aveva la possibilità di ipotecare la salvezza superando in casa il Kloten.

Insomma, l’obiettivo di compiere il tanto desiderato “next step” è stato mancato per una molteplicità di fattori, non da ultimo il fatto di aver sopravvalutato le proprie potenzialità dopo il bel campionato precedente. Tra errori sul mercato e debolezze sul ghiaccio e in panchina, l’Ambrì dovrà ora dimostrare di aver imparato dai suoi errori ingaggiando degli stranieri di livello e sfruttando meglio le risorse a propria disposizione, sperando che la sfortuna non faccia capolino troppo spesso.

La stagione appena conclusasi ha probabilmente rappresentato una marcia sul posto, ma questo non significa che non possa aver permesso a giocatori e staff tecnico di aver vissuto un’importante esperienza. A patto, naturalmente, di imparare e non perseverare.

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