(Jokerit Helsinki Facebook)
Sono anni particolari quelli che sta vivendo l’hockey del vecchio continente, e vorrei cercare di interpretarli con qualche riflessione e pure alcune provocazioni.
Dopo la sua nascita in grande stile tipicamente russo, sono sempre di più le nazioni rappresentate nella Kontinental Hockey League, una volta semplice campionato della pur grande madre Russia. Dopo le ultime adesioni, ossia quelle del Medvescak di Zagabria e dello Jokerit Helsinki, ora sono ben nove i paesi rappresentati, e l’adesione della storica squadra finnica di sicuro farà parlare per molto tempo, oltre che smuovere acque anche verso le Alpi.
In ballo c’èra anche il progetto di Milano, ma tra mancanza di fondi per le infrastrutture e altre idee solo sussurrate, la cosa è ancora congelata. Addirittura si è parlato dell’interesse della Corea del Nord, con una squadra di Pyongyang pronta ad essere creata appositamente per partecipare al torneo. Mossa pubblicitaria? Prova di accordi politici? Di sicuro i vertici della KHL non stanno a guardare la tradizione sportiva, ma semplicemente quanti interessi ci possano essere in ballo.
E di sicuro non è finita qui, perché c’è già la coda per entrare nella ricca KHL, con compagini polacche e ungheresi che si sono prenotate allo sportello. Ciò significa che – aldilà di stadi vetusti e problemi logistici – l’intento degli addetti ai lavori si sta realizzando, ossia assorbire più squadre in più nazioni possibili, diventanto veramente un torneo continentale. Questa ossessiva voglia di allargarsi potrebbe anche essere una tattica precisa, al fine di avere un quadro più vasto dove poi scremare le squadre meno abbienti e plasmare una lega competitiva per davvero.
E gli altri campionati? Di sicuro la “partenza” di alcune squadre importanti – leggasi Jokerit – dei vari tornei sta cominciando a fare affiorare qualche pensiero grigiastro nelle rispettive sale dei bottoni, perché i soldi della ricca Gagarin Cup fanno gola a molti, stretti in campionati ormai anonimi o vogliosi di rilanciarsi nell’hockey che conta. In Svezia finora non se ne parlava nemmeno, tanto sono gelosi del loro torneo, ma l’ex Elitserien, divenuta ora SHL, ha appena fatto un cambiamento epocale, aumentando il numero di giocatori stranieri tesserabili. Semplice mossa per innalzare il livello di gioco e abbassare i salari? Oppure si cerca di fasciare la testa prima che la stessa vada a rompersi, magari perdendo qualche squadra con le antenne alzate (Djugarden?) che farebbe prima a rilanciarsi in KHL che risalendo sportivamente di una categoria?
(russianmachineneverbreaks.com)
In Germania la DEL sembra aver trovato una certa stabilità, ma il livello è sostanzialmente basso, e tra Colonia, Berlino e Mannheim ci si potrebbe anche chiedere se mantenere certi budget in un torneo simile valga ancora la pena. In Austria non è un mistero che il Red Bull Salisburgo voglia fare la grande di turno, con i soldi del grande sponsor da fare invidia a realtà più blasonate come le nostre e la guida di un certo Pierre Pagé. È comunque altrettanto risaputo che non potrà mai crescere né attirare grandi giocatori rimanendo in un campionato modesto qual è quello austriaco, e allora perché non dare un’occhiata più lunga verso est?
Non è da sottovalutare nemmeno il trasferimento in EBEL del Bolzano, tra le poche società italiane desiderose di crescere e giocare a livelli piuttosto alti. Perché non è detto che i Foxes possano essere imitati da altre squadre dell’estremo nord italico, che potrebbero occupare il posto di qualche “fuggitivo” come oggi ha fatto lo stesso Bolzano sostituendo Zagabria, già a suo tempo infiltrata nel torneo austriaco.
E in Svizzera? Diciamocelo, la sparata degli Huttwil Falcons per il momento è destinata a rimanere tale, ma siamo sicuri che tra un po’ qualcuno non cominci a pensare a qualche campionato allargato? Già una decina di anni fa gli stessi Devils di Milano tentarono infruttuosamente l’adesione alla nostra LNA, spinti soprattutto dall’amicizia con l’Hockey Club Lugano e l’Ambrì Piotta. E proprio Geo Mantegazza non fece mai mistero che il suo grande sogno era partecipare a un super campionato dell’Europa centrale (una sorta dell’allora Alpenliga ma notevolmente potenziata) con squadre tedesche, italiane e austriache.
I tempi sono cambiati e gli squadroni di allora, come Vienna, il Feldkirch allenato da Ralph Krueger, o il grande Milano con i vari Zarrillo, Orlando, Jagr e Kurri (sì, proprio loro) sono sprofondate in un limbo decisamente stagnante. Oggi esiste un progetto, nascosto in qualche cassetto in attesa di finanziatori, che parlerebbe di un torneo dell’Europa occidentale, con grandi città pronte a risvegliare l’hockey su ghiaccio, come la stessa Milano, Parigi e Londra. Come detto per ora è rinchiuso in un cassetto, lungi dall’essere messo in pratica e la KHL può stare tranquilla.
Ormai gli orticelli stanno diventando stretti, l’hockey europeo per molte squadre diventa un business con fatturati vicini ai grandi club calcistici, e alcuni tornei stanno diventanto troppo “anonimi” per alcune società e sono sicuro che il pensiero di qualche dirigente, anche svizzero, sia già volato verso gli Urali.
Che tutto questo sia solo una riflessione ci sta, come pure che abbia voluto punzecchiare e provocare chi è legato alla propria società cittadina o vallerana, ma l’impressione è che si stia sottovalutando questa evoluzione, anche fastidiosa, e che alla fine ci si dovrà chinare di fronte a uno scenario simile.