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Lugano

Prima frenata per il Lugano, sconfitto in casa 4 a 1 dal Ginevra

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LUGANO – Prima o poi doveva pur succedere, e che sia meglio ora è anche probabile vista la classifica ancora indefinibile e il numero di partite rimanenti. Perché se alcune sconfitte sono più dolorose di altre, quella patita contro il Ginevra Servette fa sicuramente meno male di altre e anzi, propone diversi spunti da cui imparare e migliorarsi e aiuta a mantenere tutti con i piedi ben saldi per terra dopo l’eccellente prestazione contro i campioni del Berna.

Schierato con la medesima formazione vista all’opera nel match vinto contro gli orsi – con le assenze di Kparghai, Conne e Fazzini – il Lugano ha trovato sulla sua strada un Ginevra già bisognoso di punti dopo le due sconfitte iniziali e ancora privo di due stranieri.

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È stato evidente sin da subito che McSorley aveva già studiato la maniera per impedire a Domenichelli e compagni di proporre quel gioco veloce e spumeggiante che tanto piace a Fischer, e la messa in pratica è andata a buon fine per i granata. Un muro in zona neutra, presenza fisica ingombrante davanti a Stephan e solito schema d’attacco alla “disco lungo e pedalare”, con una durezza fisica nello slot avversario sempre al limite – e spesso anche oltre – della tolleranza arbitrale.

E dire che la rete iniziale dell’immancabile Domenichelli in power play, sembrava potesse togliere i bianconeri da una certa empasse, ma il merito dei ginevrini è stato quello di non scomporsi, di andare avanti con il loro gioco – brutto e fastidioso finché si vuole, ma altrettanto efficace – e di continuare a rompere i tentativi di schemi dei padroni di casa. Se a essere decisivo per la vittoria contro il Berna era stato il power play luganese, stavolta quella micidiale arma si è rivoltata contro Mastro Metropolit e compagni, che dopo la rete del topscorer non sono riusciti a ripetersi in altre cinque occasioni.

Anzi, questa volta è stato il Ginevra ad approfittare delle situazioni con l’uomo in più per girare il match con le reti di Picard, subito dopo la rete luganese, e quella del giovane Kamerzin all’inizio del periodo centrale. Una parziale mazzata per il Lugano, visto che comunque era evidente la fatica e l’imprecisione dei bianconeri nel tentare di aumentare il ritmo del match, cosa che li avrebbe favoriti contro i colossi ospiti, ma tutti, uno dopo l’altro si scontravano con il muro eretto da Bezina e soci, e nelle poche occasioni che qualcuno riusciva a introdursi nello slot, ci ha pensato Stephan a far svanire le speranze dagli attaccanti di casa.

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Il terzo periodo è stato piuttosto simile al secondo, con il Lugano anche più deciso e battagliero, ma altrettanto impreciso nei passaggi e in difficoltà nel muoversi tra le strette maglie del Servette. Puramente per le statistiche le ultime due reti del Ginevra, cadute nel momento dell’ultimo sforzo bianconero, ma l’impressione era che la partita sarebbe potuta durare altri due periodi, senza che il Lugano riuscisse a far valere il comunque maggior tasso tecnico.

Diverse le indecisioni nell’attuare gli schemi di gioco, causate anche dalla costante presenza di ginevrini sul portatore del disco. Particolarmente magra la partita del primo blocco luganese, che ha risentito di un Rüfenacht volenteroso ma particolarmente impreciso e fuori posizione, e si sa quanto il numero 9 sia fondamentale perché Metropolit e Domenichelli garantiscano produttività. Proprio l’asso numero 50 ha cercato più volte di caricarsi la squadra sulle spalle, ma i suoi assist, sempre preparati dopo diverse serpentine per divincolarsi dalle marcature, sono spesso andati a finire nel vuoto.

Buona per contro la linea composta da Walker, Fritsche e Jordy Murray, dotata di velocità e forza fisica, in attesa che l’ex di turno, Fritsche, aggiusti la mira, perché l’impressione è che gli manchi solo quello per essere veramente determinante. In retrovia si è distinto come suo solito per impegno, sacrificio e intelligenza il capitano Hirschi, ormai completamente recuperato dall’intervento all’anca e tornato sui suoi migliori livelli, che ne fanno uno dei difensori – se non “il” difensore – tra i più completi del panorama elvetico.

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Partita condita da alti e bassi per Chris Campoli, che se stavolta ha cercato di dare un grosso contributo in chiave offensiva e in power play, ha peccato più di una volta nelle chiusure difensive, comunque trascinato anche lui nelle difficoltà patite dai suoi compagni. In porta Manzato non ha prticolari colpe sui gol subiti, ma sarà meglio che migliori gli scambi di comunicazioni con i suoi compagni, perché più di una volta ha corso enormi rischi fuori dalla porta.

Tutto sommato è stata una di quelle partite che possono far crescere sia la squadra che lo stesso Fischer. Affrontare diversi tipi di gioco cercandone le contromisure fa parte della normale evoluzione di una squadra in costruzione, e gli alti e bassi di sicuro non mancheranno, com’è normale che sia. Niente di preoccupante, anzi, lo staff tecnico ha più materiale su cui lavorare, per essere pronti ad affrontare ogni singolo avversario.

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