AMBRÌ – Aveva una gran voglia di tornare a giocare, Brendan Perlini. La sua ex squadra, i Detroit Red Wings, era tra quelle escluse dai playoff allargati che si sono svolti la scorsa estate, di conseguenza l’ultimo arrivato in casa biancoblù non scendeva sul ghiaccio da metà marzo.
“Non è andata male, ma nemmeno benissimo”, ha commentato il canadese, dimostratosi sin dalle prime battute come un ragazzo entusiasta e disponibile. “Sono arrivato in Ticino solamente sabato sera dopo un viaggio di 24 ore, dunque al momento sono concentrato sull’assicurarmi di fare le cose per bene, curando fattori come il sonno e l’alimentazione. Come prima partita poteva andare, ma sicuramente presto migliorerò. Sono arrivato da poco dunque anche dallo staff non ho ricevuto particolari indicazioni, se non portare il mio gioco senza riflettere troppo”.
Non giocavi da parecchio tempo, ed anche a Detroit il tuo minutaggio non era sempre consistente… Fisicamente com’è andata?
“Da questo punto di vista direi bene. Mi sono allenato duramente, e non ho praticamente fatto altro dallo scorso mese di marzo, quando la NHL si era fermata. Non mi sono preso nessun periodo di pausa, ora per me si tratta principalmente di acquisire famigliarità con la mia nuova squadra”.
Com’è stato ritrovarsi improvvisamente in una pista europea?
“Non ho trovato particolari difficoltà, ma sicuramente è stata una partita diversa rispetto a quanto ero abituato. Negli ultimi anni ho giocato in piste NHL, mentre qui c’è più spazio e dunque tempo per creare delle giocate. Il gioco è veloce, ma si ha anche del tempo a disposizione e questo è un aspetto che dovrò imparare a sfruttare”.
Cosa può aspettarsi l’Ambrì Piotta da te?
“Sono un’ala possente e veloce, che ama andare al tiro e gestire il puck. Da quel che ho potuto vedere l’Ambrì gioca uno stile che ben si adatta a me… Ora dovrò capire chi sono i miei compagni, visto che mi sono ritrovato sul ghiaccio con dei ragazzi di cui al momento non so nemmeno i nomi. Ma tutto a suo tempo”.
Eri stato scelto al primo turno ed hai solo 24 anni, per te l’obiettivo deve essere quello di tornare il prima possibile in NHL…
“Credo che per me questa sia un’ottima opportunità per rilanciarmi. Avevo alcune offerte dal Nordamerica, che però non erano attrattive ai miei occhi. Qui posso giocare tanto e in un ruolo centrale, ed il tutto vivendo un’esperienza da aggiungere alle cinque stagioni che ho già vissuto in NHL. Posso aiutare l’Ambrì, che a sua volta può darmi una mano nel mio obiettivo di tornare nel miglior campionato del mondo. Voglio lavorare al massimo, vivere una buona stagione e tornare a giocare in NHL dalla prossima stagione”.
Qualche anno fa hai giocato il Winter Classic… Alla Valascia non si è proprio all’esterno, ma alcune sensazioni possono essere simili…
“In un certo senso sì! Mi piacciono molto le vecchie piste, hanno uno stile unico. Quando ero un ragazzo ho giocato in un’arena vecchissima, più piccola della Valascia e risalente addirittura agli anni Venti… In ambienti come questi si percepisce una lunga storia, mentre a volte nelle strutture più moderne è difficile mantenere l’atmosfera. Durante la partita era molto freddo, ma in questo modo il ghiaccio è ottimo dunque va benissimo così!”.
Quali sono le tue prime impressioni sulla National League?
“Il livello è molto buono… Non sarei qui se non fosse così! Volevo trovare un contesto in cui potermi mettere alla prova, ed in Svizzera ci sono diversi ex giocatori NHL che hanno un’ottima opinione della lega. In questa prima partita ho potuto vedere come anche il nostro coach voglia un gioco ad alto ritmo… C’è tanto entusiasmo, anche se non ho capito tutto ciò che veniva detto perché i miei compagni parlano tante lingue diverse”.
A Chicago hai incrociato anche Kubalik, hai avuto modo di sentirlo prima di accettare l’offerta dell’Ambrì?
“Recentemente no, ma quando era arrivato a Chicago abbiamo parlato un po’ della sua avventura in Svizzera… Mi ha parlato di D’Agostini, che è anche lui di Sault Ste. Marie, ed in merito al club mi ha raccontato solamente cose positive. Non vedo l’ora di scoprire tutto questo”.
Cosa ti ha raccontato dei fans, che purtroppo ora sono costretti a casa?
“Ho sentito che quando i tifosi possono venire alla pista, il clima è molto simile a quello delle partite del Liverpool all’Anfield… Sono molto appassionato di calcio, ed avrei sperato che l’atmosfera assomigliasse più a quella della partite del Manchester United all’Old Trafford, ma anche così può andare bene (ride, ndr). Qui vesto la maglia 96, ma solitamente scelgo l’11 in onore di Ryan Giggs. Come tutti mi piacerebbe poter giocare davanti ai fans, ma oramai non resta che sperare in bene e magari presto potremo vedere qualcuno anche nelle piste”.
L’hockey è una grande componente nella tua famiglia, ma sei cresciuto in Inghilterra… Un’accoppiata particolare…
“Era effettivamente una situazione unica. Ovviamente l’hockey in Inghilterra non gode di molta popolarità, dunque abbiamo viaggiato tanto e praticamente ogni weekend visitavamo un nuovo posto. Penso che gli unici paesi che non abbiamo visitato erano Italia e Svizzera, ma ora quest’ultima posso toglierla dalla lista. Per seguire l’hockey di un certo livello ci recavamo dunque in Svezia, Finlandia, Cechia… Siamo stati un po’ dappertutto!”.
Hai però un cognome italiano, cosa ci puoi dire della tua famiglia?
“Credo sia stato il mio trisnonno a varcare l’oceano per raggiungere il Canada. Purtroppo io e mio fratello non conosciamo una parola di italiano, con il passare delle generazioni le nostre origini si sono un po’ perse, anche se la nostra comunità a Sault Ste. Marie è praticamente composta al 95% da italiani… Basti pensare ai vari D’Agostini, Plastino che so ha giocato qui, e tanti altri. Sicuramente ora che sono in Ticino è l’opportunità buona per imparare un po’ la lingua”.